Il tuffo e la forma dell’acqua

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È un’estate calda, c’è voglia di tuffarsi e non gettarsi sotto la doccia o nuotare a vuoto nella vasca da bagno o nella piscina gonfiabile del giardino per il bambino, ma di immergersi nell’acqua del lago, del mare, del fiume.

Da Empedocle l’acqua insieme all’aria, al fuoco, alla terra fa parte di uno dei quattro principi fondamentali della vita. È il simbolo della rigenerazione, della purificazione, della salvezza, del battesimo, della nascita. Nella storia dell’evoluzione della specie, prima di essere ‘figli delle stelle’, si racconta che si è figli dell’acqua. Ma questa è una quaestio che va lasciata agli evoluzionisti e ai fisici.

In estate l’acqua sale sul palco con tutte le sue peculiarità, si pone al centro della scena chiamando in causa la fisiologia corporea composta dal settanta per cento d’acqua che va quotidianamente integrata. L’acqua è un bene prezioso che genera conflitti sociali, economici per la sopravvivenza delle specie, per l’agricoltura, per l’ambiente. Ma anche questa è un’altra storia.
In questi giorni l’acqua richiama i vari cartelli di divieto di balneazione, di tuffarsi per evitare incidenti. Tutto bene.

A parte le sanzioni, si continua a tuffarsi dai ponti, dalle rocce, dai balconi naturali o urbani, questo crea scalpore e connota l’atto del tuffo come un comportamento deviante, trasgressivo, figlio di questa società multimediatica, voyeurestica, trasgressiva.

L’idolatria del tuffo risale ai tempi della Magna Grecia ed è raffigurata nella celebre tomba del tuffatore nei pressi di Paestum. Il tuffo ha una sua simbologia profonda, ancestrale e sacrale. L’atto di tuffarsi è composto da una sequenza rituale: staccarsi dalla terra, volare nell’aria, immergersi nell’acqua e riemergere dal liquido amniotico. È un atto rigenerativo della nascita, è un atto primordiale, è una prova di coraggio, di sfida con sé stessi. È un richiamo forte e sollecitante per una generazione giovane e attiva che si mette alla prova e cerca in quell’atto normale di pochi secondi di ripercorre una genesi di sé ritrovando il brivido della rinascita. Il tuffo è un fortissimo accumulo di emozioni, di brividi, di paure, il vuoto primo e poi il contatto con l’acqua fanno rivivere sensazioni profonde.

Per Bachelard, nella Psicoanalisi delle Acque, le acque sono prive di solidità, scatenano emozioni lievi. L'acqua è uno specchio in cui la natura può contemplare la sua bellezza; l'acqua chiara primaverile ha come caratteristica fondamentale la freschezza, sinonimo di rinnovamento ed evoca l'immagine sensuale della nudità femminile.

Il tuffatore inconsciamente è attratto dalla dimensione dello spazio, del vuoto come il paracadutista, il deltaplanista, che prova la dimensione del brivido nel lanciarsi e nel controllare il vuoto, lo spazio. Il tuffatore si sente anche un Poseidone in grado di controllare le forze ombrose e oscure dell’acqua. Il tuffatore considera il divieto un qualcosa che non lo riguarda.

Nello sceneggiato televisivo degli anni cinquanta ‘Jim della giungla’, l’attore Johnny Weissmuller, nuotatore, nella prima scena di apertura si tuffava da un’altezza impressionante in un fiume della giungla ma mai nessuno ha chiesto di censurarlo.

I divieti al posto di inibire inconsapevolmente il desiderio lo sollecitano. A nessuno è venuto in mente di mettere divieti sulla direttissima della Grignetta, o divieti di lanciarsi con il parapendio, o divieti di andare in mountain bike tra sentieri scoscesi. Forse, si possono attrezzare delle piattaforme libere per tuffarsi.
Enrico Magni
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