In viaggio a tempo indeterminato/341: sull'isola dove si riesumano i morti e i bufali traghettano l'anima

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C'era un documentario in TV. Era della BBC con tanto di voiceover in italiano ma di quelli un po' imprecisi che riesci comunque a sentire l'audio originale in sottofondo.
Parlava di un'isola indonesiana dove vive un popolo: i Toraja, "le genti dell'altopiano".
Isolata tra i monti questa popolazione era riuscita a conservare intatte alcune tradizioni ancestrali, sopravvissute persino al colonialismo e alla conversione al cristianesimo.
Quel documentario parlava di un festival che si tiene ogni 3 anni e si chiama "Ma' nene".
Durante quei giorni, i Toraja riesumano i corpi dei defunti, li vestono, li truccano e li riportano nelle loro case.
Per tre giorni circa i defunti tornano nelle famiglie e vengono accolti con doni e cibo.
Mi ricordo che mentre guardavo quel documentario il mio primo pensiero era stato "oddio che roba macabra".
Stavo quasi per cambiare canale, ma la mia attenzione era stata catturata da quelle scene surreali che apparivano sullo schermo della TV.
Quello che mi aveva stranito è che nessuna delle persone che appariva nel documentario era triste o disperata, tutti erano enormemente felici quasi fosse una festa riesumare corpi sepolti da anni.
Rimasi molto colpito e così iniziai a informarmi su quella popolazione e sulle sue tradizioni. 
Sono passati vent'anni (o forse più) da quel documentario e oggi siamo proprio qui, nelle terre dei Toraja, i popoli dell'altopiano.

Come si può già intuire da quello detto finora, questa popolazione ha un legame diverso con la morte rispetto a quello a cui siamo abituati.
Nonostante siano di religione cristiana, il rito funebre è strettamente collegato a pratiche animiste precedenti la colonizzazione.
Per i Toraja  quando una persona muore non è realmente morta.
È soltanto assopita o malata perché la sua anima è ancora lì, vicino al corpo.
La famiglia se ne prende cura con cibo, sigarette e alcool.
Con la persona "malata" si parla, la si saluta quando si entra in casa, e le si chiede il permesso quando ci si congeda.
Il corpo e l'anima rimangono con la famiglia nel Tongkonan, la casa tradizionale Toraja.
Le case (quelle della foto sotto) sono il simbolo di questo popolo. Costruite in legno e senza l'uso di chiodi, sono sempre orientate verso nord.
Il nord, infatti, rappresenta la vita perché secondo la tradizione è da lì che gli antenati arrivarono a Sulawesi a bordo di barche. Ed è proprio alla forma di uno scafo della barca che si ispirano i tetti di queste case uniche.
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Ma torniamo ai defunti perché spesso passano mesi, a volte anni, prima che avvenga il rito funebre che decreterà la morte della persona.
Il corpo nel frattempo viene conservato con la formalina e con erbe profumate che coprano l'odore.
La famiglia ha infatti bisogno di molto tempo per riuscire a raccogliere i soldi necessari per affrontare i costi di una cerimonia che vedrà partecipare centinaia se non migliaia di persone.
Il funerale è l'evento più importante in assoluto per i Toraja e tutto deve seguire una specifica ritualità.
Prima di tutto, se possibile, si aspetta la stagione asciutta che va da Giugno a Settembre. Si dice però che ai funerali Toraja non piove mai, indipendentemente dal periodo in cui si tengono.
Qualcuno parla di magia nera e streghe "ingaggiate" per non fare piovere. Secondo altri, invece, l'energia sprigionata durante una cerimonia funebre sarebbe così intensa da spingere via tutte le nuvole.
Non sappiamo se ci sia una vera causa o sia semplicemente un caso, non spetta a noi giudicarlo in quanto semplici osservatori rispettosi.
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I funerali durano fino a 5 giorni consecutivi, più lunghi sono e più alto è il ceto della famiglia. Vi partecipa chiunque, non solo i familiari e gli amici, ma interi villaggi. È un evento che coinvolge tutta la comunità.
E un elemento chiave di queste cerimonie sono i bufali che i Toraja considerano l'elemento di connessione tra il mondo terreno e l'aldilà.
La persona "malata" viene infatti riconosciuta come ufficialmente deceduta nel momento esatto in cui il primo bufalo sacrificato esala il suo ultimo respiro.
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Creature mastodontiche ma docili.
Dagli occhi languidi e le corna appuntite.
Mucche troppo cresciute o mammuth che hanno perso il folto pelo.
I bufali qui a Toraja sono molto più di semplici animali.
Li accudiscono e li amano talmente tanto, da dargli un valore centrale nel momento della morte.
Sono un vero e proprio tesoro e hanno un valore altissimo. Possono essere utilizzati come forma di pagamento per acquistare terreni o case.
Più una famiglia ne possiede, più è considerata ricca e di alto ceto.
A seconda delle caratteristiche fisiche, i bufali hanno un valore economico diverso.
Ma la "Mercedes dei bufali", come lo chiamano qui a Toraja, è il bufalo albino. Più macchie bianche ha il manto del bufalo, maggiore è il suo valore. Un bufalo albino, con corna rivolte verso il basso e una buona stazza può arrivare a costare 60.000 euro. Proprio come una costosa automobile.
Ma perché queste cifre?
Per i Toraja i bufali sono il mezzo di trasporto dell'anima nell'aldilà.
Più il bufalo è grosso e prestante, più facile sarà il viaggio dell'anima dopo la morte.
E se il bufalo è albino, quindi chiaro, sarà una luce nell'oscurità del mondo ultraterreno quindi renderà ancora più rapido il viaggio dell'anima.
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C'è un passaggio importante da fare. Per i Toraja è fondamentale che le anime dei defunti raggiungano la Puya (l'equivalente del paradiso) altrimenti torneranno sulla terra a tormentare la famiglia.
Per questo i figli e i familiari dei defunti organizzano cerimonie funebri che rendano il più semplice e veloce possibile il viaggio ultraterreno dell'anima dei loro cari.
Questo significa che, se ne hanno le facoltà, acquistano bufali in grande quantità, soprattutto albini.
Il giorno più importante delle cerimonie funebri è quindi quello in cui avviene il sacrificio del primo bufalo. 
Condotto in processione per essere mostrato a tutti i partecipanti alla cerimonia, il bufalo viene poi sacrificato con un taglio netto alla gola.
È un passaggio fondamentale questo, che viene vissuto da tutti con attenzione.
Per i Toraja, infatti, il sangue versato dai bufali sacrificati deve tornare alla madre terra, mentre la sua anima accompagnerà il defunto.
Per questo motivo, sul sangue viene poi versato del sale che serve a evitare che spiriti malvagi se ne cibino.

Questo è solo il primo dei molti sacrifici che verranno fatti nelle giornate successive.
Tutta la carne verrà poi divisa tra i partecipanti alla cerimonia e permetterà di sfamare interi villaggi.
Lo so, tutto questo può suscitare sdegno e disgusto.
E devo ammettere che vederlo dal vivo fa parecchia impressione.
Osservare cadere lentamente un bestione così docile e inerme è una scena che difficilmente dimenticherò.
Ma ripensandoci a freddo e mente lucida, la nostra reazione è legata al fatto che non abbiamo mai visto quello che succede nei macelli di tutto il mondo.
La scena ci lascia basiti, ma solo perché in genere la carne la vediamo già tagliata e pronta per essere venduta.
Quello che però ci ha davvero sconvolto è sapere che su un'isola dell'Indonesia esiste ancora oggi una popolazione che, nonostante 300 anni di colonizzazione olandese e nonostante la modernità che ci vuole tutti omologati a un unico modello, crede ancora così fermamente in certi riti e tradizioni e fa di tutto per mantenerli vivi.
E questa, secondo me, è la vera ricchezza del genere umano.
Angela e Paolo
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