Autonomia: anche a Lecco si raccolgono le firme per cancellare la legge. 'No allo spezzatino Italia'
“Lo facciamo perchè riteniamo importante tenere il Paese unito”. Con le parole di Diego Riva, Segretario generale della CGIL Lecco, si è aperta ufficialmente sul nostro territorio, questa mattina da piazza XX Settembre, la campagna di raccolta firme per l’indizione di un referendum popolare che cancelli la legge sull’Autonomia Differenziata (Legge 86/2024), approvata dalla maggioranza parlamentare nel giugno scorso.
Concetti ribaditi anche dalla piazza lecchese. “Vogliamo provare a evitare che con questa legge ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B” ha sostenuto ancora Riva, con la stessa espressione utilizzata poi anche da altri intervenuti, in primis il rappresentante del Movimento 5 Stelle Christian Perego, unito nella battaglia al PD – rappresentanto dal Segretario Provinciale Manuel Tropenscovino che ha elevato Trenord a esempio di come anche in Lombardia la gestione già regionale di alcuni ambiti come il trasporto ferroviario non abbia elevato la qualità del servizio – a Alleanza Verdi e Sinistra, con Emanuele Manzoni che ha ricordato come la destra che invoca autonomia è la stessa destra che “su dossier delicati, come la Lecco-Bergamo invoca poi l’intervento di Roma”, auspicando così che la raccolta firme diventi occasione per aprire una stagione democratica di partecipazione.
Ed il no allo “spezzatino Italia” è stato ribadito, per rimanere nell’alveo dei movimenti politici, anche da Raffaela Lamberti per Rifondazione Comunista che promuove il referendum al pari del PSI. In altre parole “Dal momento che ogni Regione potrà rivendicare maggiore autonomia decisionale in una o più materie, l’Italia diventerebbe una sorta di “Paese arlecchino” dove, a seconda del territorio, ci sono regole diverse e diversi sono i diritti dei cittadini. Per evitare questo rischio non è certo sufficiente stabilire LEP uguali per tutti, perchè già oggi esistono grandi differenze di spesa pubblica tra Nord e Sud ed è quindi evidente che, senza la possibilità di incrementare gli investimenti economici nelle regioni più svantaggiate, non ci sarà nessuna possibilità di colmare le diseguaglianze sociali e territoriali, che tenderanno invece ad aumentare. Non si tratta però solo di un problema del Mezzogiorno: l’Autonomia Differenziata spacca l’Italia in tante piccole patrie, condannando il Paese nel suo complesso all’irrilevanza politica ed economica e pregiudicando così le prospettive anche del sistema produttivo del centro-nord”.
Un assunto che Tropenscovino ha riassunto in uno slogan: “mentre avremmo bisogno di un’Europa più forte, noi andiamo verso un’Italia più debole”.
“Lo stesso discorso - è scritto ancora nella nota del Coordinamento - vale per il Sistema Sanitario Nazionale, dal momento che le Regioni saranno ancora più libere di accelerare il processo di privatizzazione in atto e così il diritto alla salute per i cittadini - quelli lombardi sono particolarmente coinvolti - sarà sempre più riservato a chi potrà permetterselo”.
E proprio in tema sanità, non manca l’appoggio alla campagna del Forum Salute Mentale con Guerrino Donegà, con Legambiente invece che pone l’accento sulle conseguenze pericolose della frammentazione delle politiche. “Per affrontare la transizione ecologica abbiamo bisogno di un contesto unitario e solidale” ha affermato con convinzione Diletta Negri.
“Siamo di fronte a un progetto che contrasta nettamente i principi valoriali della Costituzione, in particolare quelli contenuti nell’articolo 2 (adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale), nell’articolo 3 (uguaglianza dei cittadini) e nell’articolo 5 (la Repubblica una e indivisibile). Non può esistere un Paese in cui i servizi, soprattutto quelli fondamentali rivolti alle fasce più deboli, siano legati al luogo di residenza. L’Italia deve essere unita, libera e giusta, perciò diciamo NO alla sua frammentazione politica, sociale ed economica”.
Affinchè la richiesta di referendum abrogativo vada a buon fine è necessario raccogliere 500mila firme a livello nazionale entro il 30 settembre 2024.
È possibile sottoscrivere la petizione sia in modalità cartacea, nei banchetti pubblici e nei luoghi di lavoro, sia a breve anche in modalità online tramite Spid, accedendo al sito www.referendumautonomiadifferenziata.com
“Questa legge – spiegano coralmente le 12 realtà locali riunite in coordinamento - permette alle Regioni di richiedere allo Stato il trasferimento di un ampio ventaglio di competenze su materie fondamentali tra cui la sanità, l’istruzione, le infrastrutture, i trasporti, le politiche ambientali ed energetiche, il commercio con l’estero. Il provvedimento stabilisce inoltre che il passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni possa essere attuato solo dopo la definizione a livello nazionale dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) da garantire a tutti i cittadini, senza però che da ciò derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Concetti ribaditi anche dalla piazza lecchese. “Vogliamo provare a evitare che con questa legge ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B” ha sostenuto ancora Riva, con la stessa espressione utilizzata poi anche da altri intervenuti, in primis il rappresentante del Movimento 5 Stelle Christian Perego, unito nella battaglia al PD – rappresentanto dal Segretario Provinciale Manuel Tropenscovino che ha elevato Trenord a esempio di come anche in Lombardia la gestione già regionale di alcuni ambiti come il trasporto ferroviario non abbia elevato la qualità del servizio – a Alleanza Verdi e Sinistra, con Emanuele Manzoni che ha ricordato come la destra che invoca autonomia è la stessa destra che “su dossier delicati, come la Lecco-Bergamo invoca poi l’intervento di Roma”, auspicando così che la raccolta firme diventi occasione per aprire una stagione democratica di partecipazione.
Ed il no allo “spezzatino Italia” è stato ribadito, per rimanere nell’alveo dei movimenti politici, anche da Raffaela Lamberti per Rifondazione Comunista che promuove il referendum al pari del PSI. In altre parole “Dal momento che ogni Regione potrà rivendicare maggiore autonomia decisionale in una o più materie, l’Italia diventerebbe una sorta di “Paese arlecchino” dove, a seconda del territorio, ci sono regole diverse e diversi sono i diritti dei cittadini. Per evitare questo rischio non è certo sufficiente stabilire LEP uguali per tutti, perchè già oggi esistono grandi differenze di spesa pubblica tra Nord e Sud ed è quindi evidente che, senza la possibilità di incrementare gli investimenti economici nelle regioni più svantaggiate, non ci sarà nessuna possibilità di colmare le diseguaglianze sociali e territoriali, che tenderanno invece ad aumentare. Non si tratta però solo di un problema del Mezzogiorno: l’Autonomia Differenziata spacca l’Italia in tante piccole patrie, condannando il Paese nel suo complesso all’irrilevanza politica ed economica e pregiudicando così le prospettive anche del sistema produttivo del centro-nord”.
Un assunto che Tropenscovino ha riassunto in uno slogan: “mentre avremmo bisogno di un’Europa più forte, noi andiamo verso un’Italia più debole”.
“Lo stesso discorso - è scritto ancora nella nota del Coordinamento - vale per il Sistema Sanitario Nazionale, dal momento che le Regioni saranno ancora più libere di accelerare il processo di privatizzazione in atto e così il diritto alla salute per i cittadini - quelli lombardi sono particolarmente coinvolti - sarà sempre più riservato a chi potrà permetterselo”.
E proprio in tema sanità, non manca l’appoggio alla campagna del Forum Salute Mentale con Guerrino Donegà, con Legambiente invece che pone l’accento sulle conseguenze pericolose della frammentazione delle politiche. “Per affrontare la transizione ecologica abbiamo bisogno di un contesto unitario e solidale” ha affermato con convinzione Diletta Negri.
Appoggiano ancora la raccolta firme – che si protrarrà fino a fine settembre – Arci, Emergency e UDI. “Noi donne chiediamo – ha detto Raffaella Cerrato in rappresentanza di quest’ultima realtà – l’abrogazione della legge sull’autonomia che non è altro che il seccessionismo di memoria bossiana (...). Divide ulteriormente il Paese (...). Noi invece difendiamo la Costituzione e la Repubblica nata dalla Resistenza”. Come del resto ANPI, con il presidente Enrico Avagnina, pronto a rivendicare il “sacrifico unitario” di chi – a Fossoli come altrove – ha dato la vita in nome di un Paese coeso e democratico.
“Siamo di fronte a un progetto che contrasta nettamente i principi valoriali della Costituzione, in particolare quelli contenuti nell’articolo 2 (adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale), nell’articolo 3 (uguaglianza dei cittadini) e nell’articolo 5 (la Repubblica una e indivisibile). Non può esistere un Paese in cui i servizi, soprattutto quelli fondamentali rivolti alle fasce più deboli, siano legati al luogo di residenza. L’Italia deve essere unita, libera e giusta, perciò diciamo NO alla sua frammentazione politica, sociale ed economica”.
Affinchè la richiesta di referendum abrogativo vada a buon fine è necessario raccogliere 500mila firme a livello nazionale entro il 30 settembre 2024.
È possibile sottoscrivere la petizione sia in modalità cartacea, nei banchetti pubblici e nei luoghi di lavoro, sia a breve anche in modalità online tramite Spid, accedendo al sito www.referendumautonomiadifferenziata.com