Bellano: l'addio alla pugile Elena Ghezzi, 'ti ricorderemo nel suono delle campane'
In tanti si sono stretti, nel pomeriggio di oggi, intorno ai genitori, ai fratelli e ai parenti di Elena Ghezzi, strappata alla vita ad appena 41 anni da un male incurabile, contro il quale ha lottato fino all'ultimo. La bellanese del resto era assai tenace e lo aveva dimostrato da atleta, prima avvicinandosi alla kickboxing per poi diventare campionessa di boxe cinese fino a diventare pugile professionista, nei pesi leggeri, prendendo parte a quattro incontri, giocandosi da ultimo il titolo nazionale prima di essere fermata dalla malattia che se l'è poi portata via.
Parlando della fede, il sacerdote ha detto che è come un setaccio. "La maggior parte delle cose vengono spacciate per fede, ma attraverso le trame rimangono poche cose veramente da attribuire alla fede, ma anche un solo granello di questo, è sufficiente per diventare seme" ha concluso.
Ad ascoltarlo, nella parrocchiale di Bellano, molti amici di Elena, appartenenti ai diversi sodalizi sportivi lecchesi e della Valtellina che, in questi anni, hanno conosciuto l'atleta durante gli incontri, conservandone un ricordo legato anche alla sua allegria e al suo saper farsi volere bene.
A prendere la parola, per onorare una amicizia cementata nel tempo, dopo aver frequentato insieme asilo, elementari e medie è stata Lucia. Nel suo intervento ha citato anche quella borsa di scampoli ricevuta in dono, con la stoffa trasformata poi con Elena in un guardaroba per le bambole. Del resto Elena era bravissima a disegnare modellini e a trasformarli poi in capi, tanto da fare di tale passione un mestiere, aprendo una sartoria nella sua Bellano. Una donna, insomma, dalle mani d'oro, costretta poi ad abbassare i guantoni, l'altro modo di esprimere se stessa.
Ma, ha aggiunto ancora Lucia, ora ogni volta che suoneranno le campane, il pensiero andrà a lei, chiamata dalla Tirlindana – la litania di ogni sera – come, scherzosamente, sosteneva sua fratello.
Anche don Emilio Sorte, nell'omelia pronunciata nel corso del rito funebre, ha voluto usare un linguaggio sportivo, paragonando il Signore ad un giocatore di calcio i cui tiri non sono parabili, ricordando altresì come ognuno di noi ha un'immagine di Dio diversa, perché Egli si racconta a tutti e "si manifesta". Tutte le vie che gli uomini percorrono parlano di Lui e narrano il bisogno che ciascuno ha di Lui, "per vivere nel bene e nel male". Un Dio che anche se "colpito un'infinità di volte, non smetterà mai di amarci, con la Sua vicinanza".
Parlando della fede, il sacerdote ha detto che è come un setaccio. "La maggior parte delle cose vengono spacciate per fede, ma attraverso le trame rimangono poche cose veramente da attribuire alla fede, ma anche un solo granello di questo, è sufficiente per diventare seme" ha concluso.
Ad ascoltarlo, nella parrocchiale di Bellano, molti amici di Elena, appartenenti ai diversi sodalizi sportivi lecchesi e della Valtellina che, in questi anni, hanno conosciuto l'atleta durante gli incontri, conservandone un ricordo legato anche alla sua allegria e al suo saper farsi volere bene.
A prendere la parola, per onorare una amicizia cementata nel tempo, dopo aver frequentato insieme asilo, elementari e medie è stata Lucia. Nel suo intervento ha citato anche quella borsa di scampoli ricevuta in dono, con la stoffa trasformata poi con Elena in un guardaroba per le bambole. Del resto Elena era bravissima a disegnare modellini e a trasformarli poi in capi, tanto da fare di tale passione un mestiere, aprendo una sartoria nella sua Bellano. Una donna, insomma, dalle mani d'oro, costretta poi ad abbassare i guantoni, l'altro modo di esprimere se stessa.
Ma, ha aggiunto ancora Lucia, ora ogni volta che suoneranno le campane, il pensiero andrà a lei, chiamata dalla Tirlindana – la litania di ogni sera – come, scherzosamente, sosteneva sua fratello.