Lecco: Bellocchio, Gattoni e Buy, serata da 'tutto esaurito'

“Volare, oh oh”. Con voce flebile e un sorriso beffardo ma non troppo convinto, ha accennato il motivo reso celebre da Modugno. Così Marco Bellocchio, 84 anni, regista di capolavori del cinema contemporaneo, ha descritto il primo istintivo immaginario a cui pensa quando si parla dell’esperienza del volo. Al penultimo giorno del Lecco Film Fest si è presentato con fare sommesso, con addosso un impermeabile ordinario, come a voler manifestare al pubblico principalmente di cinefili di non essere lì per fare la differenza o consegnare a tutti i costi alla platea un messaggio, un aneddoto.
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Proiettata in videocollegamento Margherita Buy

Eppure il pubblico era lì per lui e la sala del Cinema Nuovo Aquilone non è bastata per accogliere tutti. Chi è rimasto assiepato in coda lungo via Parini è stato dirottato al vicino auditorium Don Ticozzi, dove era pronta la trasmissione in diretta dell’incontro. In tutto circa 400 persone, hanno dichiarato con soddisfazione gli organizzatori. Per non deludere il pubblico allora il regista ha aggiunto: “Il concetto del volo è affascinante. Nel periodo del Covid tutti abbiamo avuto più tempo per leggere e mi è capitato di leggere le Operette morali di Leopardi, in cui c’è un capitolo geniale sull’elogio degli uccelli, ammirati per la loro libertà. Riflettendoci è una cosa a cui ho sempre pensato”.
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Marco Bellocchio

Quindi un ricordo personale di Bellocchio: “Nel ’45 mi trovavo a casa a Castell’Arquato dove mia mamma, che era sempre affaticata per una vita un po’ triste, curava con passione dei canarini. Io un giorno aprii quella gabbia che li teneva rinchiusi per farli volare via. Non so quanta coscienza della libertà avessi all’epoca, ma questo ricordo ha ispirato alcune scene in molti miei film”. E a dimostrazione di non voler ancora abbandonare la macchina da presa, ha confessato di avere l’intenzione di sviluppare un progetto futuro “basato sulla sceneggiatura di un genio del cinema” che ha a che fare con il concetto del volo.
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In una quinta edizione del festival cinematografico, organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e supportato da Confindustria Lecco Sondrio, con un forte taglio al femminile (lo slogan “Signora libertà” è preso in prestito da Fabrizio De André e dalla sua canzone “Se ti tagliassero a pezzetti”), la gente ha partecipato all’evento anche per ascoltare Margherita Buy, attrice protagonista del suo stesso film d’esordio alla regia, “Volare”. Con un cambio di programma annunciato due giorni prima, Buy non è arrivata a Lecco ma si è collegata in videochiamata a distanza perché, si è giustificata, in questi giorni è impegnata su un set. E poi, chissà, forse anche per ribadire come nel film che meno prende l’aereo e meglio è per la serenità sua e di quelli che le stanno accanto. In ogni caso non ha potuto ricevere in prima persona il Premio Lucia (un omaggio alla protagonista dei Promessi Sposi) del Lecco Film Fest. Le sarà consegnato il riconoscimento dal CEO di Kavac, la casa di produzione del film, Simone Gattoni.
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Il CEO di Kavac Simone Gattoni

Bellocchio è il fondatore di Kavac. Il nome del regista originario di Bobbio non compare nell’elenco dei produttori e degli sceneggiatori, ma ha comunque dato una sbirciata e offerto qualche suggerimento creativo in fase di sceneggiatura e post-produzione al film dell’attrice che ha diretto in diverse pellicole. Lo aveva già affermato con riconoscenza la stessa Buy in un’intervista e lo ha confermato ieri sera Bellocchio. “Essere produttore per me significa semplicemente leggere la sceneggiatura o vedere le scene di un film insieme ad altri e suggerire. Quando hai 60 anni di esperienza può essere utile” ha riconosciuto Bellocchio, che è rimasto in città fino a sera per l’introduzione prevista per le ore 21.00 (scalata a mezz’ora più tardi e non più in piazza Garibaldi ma nello stesso Cinema Nuovo Aquilone) del film restaurato “Sbatti un mostro in prima pagina”.

Prima però la visione di “Volare” in cui l’autrice ha desiderato qualche sfaccettatura della sua vita e dei suoi turbamenti attraverso il racconto in commedia. “Mia nonna mi diceva – ha ricordato Buy – che non sarei mai stata felice e contenta se avessi fatto l’attrice, me lo diceva perché mi voleva bene. In effetti questo mestiere non sempre dà quello che desideriamo e allora capitano dei momenti di depressione, di sconforto e di tristezza. Poi ci sono altri momenti di euforia, di riconoscimenti e premi”.
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In “Volare” si assiste agli effetti delle fisime mentali di un’attrice, AnnaBì (Anna come Anna e Bì come Bettini), un po’ prima donna un po’ essere umano fragile e inquieto. Si trova nella fase decadente della propria carriera, ridotta a girare controvoglia la quinta stagione di una fiction che, con un po’ di perfidia, sembra persino peggiore degli sceneggiati RAI. Ma lo fa per non fermarsi del tutto e per pagare la retta da 60 mila euro a Stanford della figlia con la quale ha un rapporto turbolento. Vorrebbe accompagnarla in California e accettare la parte in un film coreano, ma ha l’ansia di prendere l’aereo. Immagina che il velivolo possa schiantarsi mentre a precipitare è la sua vita.
Nel racconto metacinematografico c’è molto della regista-attrice. La stessa Buy ha raccontato di aver partecipato ad un corso per gestire la fobia di prendere un aereo e “diventare una persona normale”, proprio come grida nel film la protagonista. “Ho voluto mettere in scena me stessa. Per tanto tempo ho prestato il mio corpo alle storie di altri e la gente mi ha conosciuto per i racconti di altri. Questa volta mi andava di raccontarmi un po’ usando anche quell’ironia che mi appartiene” ha concluso l’autrice.
M.P.
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