Lecco: ri-processati per bancarotta, Marinaro e Meoli assolti
E' arrivato oggi al pettine il secondo procedimento intentato nei confronti di Matteo Meoli (milanese, classe 1986) e Giovanni Marinaro (il "Gianni" già condannato nell'ambito dell'inchiesta Insubria come pure in Wall Street) quali presunti amministratori della Grisori Company Srl, impresa con sede in città, attiva, fino al 2012, nel settore delle imbiancature.
A vario titolo i due erano chiamati a rispondere di bancarotta fraudolenta, per presunte distrazioni dai conti societari per un totale di circa 220 mila nel periodo intercorso tra il 6 novembre 2019 e il fallimento.
Soltanto nell'ottobre 2020 il primo round con la Giustizia si era chiuso positivamente per entrambi gli imputati. Al centro di quel processo vi era la presunta distruzione delle scritture contabili sempre della Grisori, allo scopo di non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio societario. Marinano - assistito dall'avvocato Ilaria Guglielmana - era stato assolto. Meoli aveva ottenuto la derubricazione del reato a lui ascritto in bancarotta semplice con contestuale dichiarazione di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.
Poi un nuovo rinvio a giudizio e l'apertura del procedimento numero due "azzoppato" - già alla primissima udienza, nel febbraio dello scorso anno - proprio dall'essere uno spin off del fascicolo originale. La testimonianza dell'operante della Guardia di Finanza che avrebbe dovuto ricostruire in Aula l'impianto accusatorio era stata infatti "mutilata" dal fatto che le deleghe per alcuni accertamenti fossero riferite all'inchiesta madre, con gli elementi racconti non utilizzabili dunque nell'istruttoria bis.
Espletata l'intera istruttoria, riascoltando i testimoni già scomodati per la prima vicenda finita sotto la lente della magistratura, quest'oggi si è arrivati nuovamente a sentenza.
E anche a questo giro, Marinaro, ancora difeso dall'avvocato Guglielmana, ne è uscito pulito. Assolto "perchè il fatto non sussiste" il verdetto del collegio giudicante presieduto dalla dottoressa Bianca Maria Bianchi. Stessa sentenza, questa volta, anche per Meoli, rappresentato invece dall'avvocato Stefano Di Donna, come da richiesta tra l'altro anche del sostituto procuratore Chiara Di Francesco, erede del fascicolo.
A vario titolo i due erano chiamati a rispondere di bancarotta fraudolenta, per presunte distrazioni dai conti societari per un totale di circa 220 mila nel periodo intercorso tra il 6 novembre 2019 e il fallimento.
Soltanto nell'ottobre 2020 il primo round con la Giustizia si era chiuso positivamente per entrambi gli imputati. Al centro di quel processo vi era la presunta distruzione delle scritture contabili sempre della Grisori, allo scopo di non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio societario. Marinano - assistito dall'avvocato Ilaria Guglielmana - era stato assolto. Meoli aveva ottenuto la derubricazione del reato a lui ascritto in bancarotta semplice con contestuale dichiarazione di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.
Poi un nuovo rinvio a giudizio e l'apertura del procedimento numero due "azzoppato" - già alla primissima udienza, nel febbraio dello scorso anno - proprio dall'essere uno spin off del fascicolo originale. La testimonianza dell'operante della Guardia di Finanza che avrebbe dovuto ricostruire in Aula l'impianto accusatorio era stata infatti "mutilata" dal fatto che le deleghe per alcuni accertamenti fossero riferite all'inchiesta madre, con gli elementi racconti non utilizzabili dunque nell'istruttoria bis.
Espletata l'intera istruttoria, riascoltando i testimoni già scomodati per la prima vicenda finita sotto la lente della magistratura, quest'oggi si è arrivati nuovamente a sentenza.
E anche a questo giro, Marinaro, ancora difeso dall'avvocato Guglielmana, ne è uscito pulito. Assolto "perchè il fatto non sussiste" il verdetto del collegio giudicante presieduto dalla dottoressa Bianca Maria Bianchi. Stessa sentenza, questa volta, anche per Meoli, rappresentato invece dall'avvocato Stefano Di Donna, come da richiesta tra l'altro anche del sostituto procuratore Chiara Di Francesco, erede del fascicolo.
A.M.