I 100 anni della 'Grande Lecco': memorie e ricordi con Bonfanti e gli anziani
La “Grande Lecco per cento anni”, avanti ed indietro, è stato il tema dominante dell’incontro di ieri nell’ambito dello spazio di socialità rivolto agli anziani – tutti i mercoledì pomeriggio – pressso la Casa della Carità di via Parini, all’ombra del “matitone” di San Nicolò.
Un argomento, quello trattato dinnanzi ad una platea particolarmente nutrita e attenta, di attualità nel centenario - celebrato nella data del 1° marzo 2024 – del giorno in diventò operativo il provvedimento governativo che unificava Lecco con i Comuni “contermini” di Castello, San Giovanni, Rancio, Laorca, Acquate, Germanedo e la frazione Belledo del Comune di Maggianico.
La città di Lecco passava da 14.000 a 28.000 abitanti, che diventeranno 31.000 con l’unificazione di Maggianico con Chiuso divenuta operativa tra il 1927 ed il 1928.
Dal 1° marzo 1924 i cittadini che nascono nei Comuni soppressi hanno dunque sulla carta di identità il riferimento “Lecco”. La carta di identità viene rilasciata solo nell’unico Municipio, il palazzo Ghislanzoni di via Roma, già sede civica della “piccola Lecco”. L’attuale sede civica di palazzo Bovara diventa tale con la visita di Vittorio Emanuele III, re d’Italia, che ha luogo nell’aprile 1928. Da allora il municipio è appunto palazzo Bovara, come viene chiamato per essere progettato dal famoso architetto Giuseppe come nuovo ospedale della città.
Introdotto dal promotore degli spazi di socialità per gli anziani Roberto Chiesa, è stato Aloisio Bonfanti a ripercorrere tappe principali, eventi minori e curiosi che hanno punteggiato i cento anni della “grande Lecco”, con la consueta chiarezza e capacità oratoria, forte anche di una memoria indubbiamente di ferro.
La nuova realtà municipale non si realizzò nell’entusiasmo dei Comuni soppressi, tutt’altro: le resistenze e le proteste furono anche vivaci, ma non troppo, essendo già in clima post marcia su Roma. Il provvedimento di unificazione porta la firma dell’allora re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia e del presidente del Consiglio Benito Mussolini.
Cento anni or sono i Comuni aggregati ed unificati erano sparsi e dispersi nell’area ancora a tratti con isole verdi tra lago e montagne. Faceva eccezione una certa continuità lungo la vallata del Gerenzone dove spiccava il Comune di Castello, il più popoloso con 5.000 abitanti e l’allora già emergente attività industriale del ferro lungo la vallata del Gerenzone, con i tre Comuni di San Giovanni, Rancio e Laorca. Quest’ultimo fu il più ostinato nel voler resistere all’unificazione, chiamando anche a difesa la conservazione dello storico cimitero alle grotte, che doveva essere cancellato nel’aggregazione delle aree cimiteriali con la prevista nuova struttura alla periferia di Maggianico, in località Sant’Ambrogio, che non venne realizzata.
La scarsa omogeneità dei Comuni unificati si evidenziava anche rispetto alla vallata del Gerenzone già del ferro e delle ruote idrauliche rispetto a Comuni largamente ancora agricoli e rurali come erano Acquate e Germanedo. La frazione Belledo del Comune di Maggianico, a suo tempo Comune autonomo, registrava, invece, la già notevole presenza industriale del complesso Fiocchi.
Cento anni di accadimenti da allora, dove il mondo, la società sono enormemente trasformati e cambiati. Lecco è passata attraverso tale crogiolo, con eventi tragici e gloriosi, tra i primi non sono mancate le tragedie del tram deragliato a San Giovanni-Cavalesine nel dicembre 1943, le vittime della frana del monte San Martino nel 1969, i bombardamenti aerei che colpirono in particolare la Fiocchi Munizioni nella primavera 1945 ed il periodo tragico dell’occupazione nazista, sino alla liberazione del 25 aprile 1945. La popolazione di Lecco, con un comportamento laborioso e civico ha lottato e superato gli eventi che si sono presentati nel corso di un secolare cammino dove tutto è cambiato negli usi e nei costumi. Nel 1960 un quotidiano scrisse, dopo aver mandato un inviato speciale per visitare la città di Lecco, che la stessa poteva essere chiamata la Manchester del Lario per la sua diffusa e presente realtà industriale, dai grandi complessi alle piccole fabbrichette. Il servizio giornalistico sottolineava “I lecchesi vano a dormire con le galline e si svegliano all’alba con il canto dei galli”. La città era in fermento già all’alba per il traffico di motorette e biciclette, con operai in tuta, e donne in “vaiana” che raggiungono i vari opifici, dalle grandi fabbriche alla piccola officina. Dove è finita questa rete di presenza operativa? E’ uscita cancellata dalle trasformazioni della seconda metà del Novecento, che hanno avuto, se vogliamo esprimere un simbolo, nella totale cancellazione dell’area del Caleotto, vessillo dell’intraprendenza e dell’iniziativa congiunta degli trafili eri lecchesi.
Si profila un futuro turistico perché Lecco ha la fortuna di avere “i piedi nel lago e la fronte sulle montagne che la circondano dal Resegone alle Grigne”.
Nelle domande poste dai presenti non sono mancati gli interrogativi curiosi e particolari che hanno animato una storia ricca di senso civico, di operosità, di attenzione al prossimo, di fedeltà ai valori profondi: argomenti sui quali sarà bene ritornare in un prossimo incontro.
Un argomento, quello trattato dinnanzi ad una platea particolarmente nutrita e attenta, di attualità nel centenario - celebrato nella data del 1° marzo 2024 – del giorno in diventò operativo il provvedimento governativo che unificava Lecco con i Comuni “contermini” di Castello, San Giovanni, Rancio, Laorca, Acquate, Germanedo e la frazione Belledo del Comune di Maggianico.
La città di Lecco passava da 14.000 a 28.000 abitanti, che diventeranno 31.000 con l’unificazione di Maggianico con Chiuso divenuta operativa tra il 1927 ed il 1928.
Dal 1° marzo 1924 i cittadini che nascono nei Comuni soppressi hanno dunque sulla carta di identità il riferimento “Lecco”. La carta di identità viene rilasciata solo nell’unico Municipio, il palazzo Ghislanzoni di via Roma, già sede civica della “piccola Lecco”. L’attuale sede civica di palazzo Bovara diventa tale con la visita di Vittorio Emanuele III, re d’Italia, che ha luogo nell’aprile 1928. Da allora il municipio è appunto palazzo Bovara, come viene chiamato per essere progettato dal famoso architetto Giuseppe come nuovo ospedale della città.
Introdotto dal promotore degli spazi di socialità per gli anziani Roberto Chiesa, è stato Aloisio Bonfanti a ripercorrere tappe principali, eventi minori e curiosi che hanno punteggiato i cento anni della “grande Lecco”, con la consueta chiarezza e capacità oratoria, forte anche di una memoria indubbiamente di ferro.
La nuova realtà municipale non si realizzò nell’entusiasmo dei Comuni soppressi, tutt’altro: le resistenze e le proteste furono anche vivaci, ma non troppo, essendo già in clima post marcia su Roma. Il provvedimento di unificazione porta la firma dell’allora re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia e del presidente del Consiglio Benito Mussolini.
Cento anni or sono i Comuni aggregati ed unificati erano sparsi e dispersi nell’area ancora a tratti con isole verdi tra lago e montagne. Faceva eccezione una certa continuità lungo la vallata del Gerenzone dove spiccava il Comune di Castello, il più popoloso con 5.000 abitanti e l’allora già emergente attività industriale del ferro lungo la vallata del Gerenzone, con i tre Comuni di San Giovanni, Rancio e Laorca. Quest’ultimo fu il più ostinato nel voler resistere all’unificazione, chiamando anche a difesa la conservazione dello storico cimitero alle grotte, che doveva essere cancellato nel’aggregazione delle aree cimiteriali con la prevista nuova struttura alla periferia di Maggianico, in località Sant’Ambrogio, che non venne realizzata.
La scarsa omogeneità dei Comuni unificati si evidenziava anche rispetto alla vallata del Gerenzone già del ferro e delle ruote idrauliche rispetto a Comuni largamente ancora agricoli e rurali come erano Acquate e Germanedo. La frazione Belledo del Comune di Maggianico, a suo tempo Comune autonomo, registrava, invece, la già notevole presenza industriale del complesso Fiocchi.
Cento anni di accadimenti da allora, dove il mondo, la società sono enormemente trasformati e cambiati. Lecco è passata attraverso tale crogiolo, con eventi tragici e gloriosi, tra i primi non sono mancate le tragedie del tram deragliato a San Giovanni-Cavalesine nel dicembre 1943, le vittime della frana del monte San Martino nel 1969, i bombardamenti aerei che colpirono in particolare la Fiocchi Munizioni nella primavera 1945 ed il periodo tragico dell’occupazione nazista, sino alla liberazione del 25 aprile 1945. La popolazione di Lecco, con un comportamento laborioso e civico ha lottato e superato gli eventi che si sono presentati nel corso di un secolare cammino dove tutto è cambiato negli usi e nei costumi. Nel 1960 un quotidiano scrisse, dopo aver mandato un inviato speciale per visitare la città di Lecco, che la stessa poteva essere chiamata la Manchester del Lario per la sua diffusa e presente realtà industriale, dai grandi complessi alle piccole fabbrichette. Il servizio giornalistico sottolineava “I lecchesi vano a dormire con le galline e si svegliano all’alba con il canto dei galli”. La città era in fermento già all’alba per il traffico di motorette e biciclette, con operai in tuta, e donne in “vaiana” che raggiungono i vari opifici, dalle grandi fabbriche alla piccola officina. Dove è finita questa rete di presenza operativa? E’ uscita cancellata dalle trasformazioni della seconda metà del Novecento, che hanno avuto, se vogliamo esprimere un simbolo, nella totale cancellazione dell’area del Caleotto, vessillo dell’intraprendenza e dell’iniziativa congiunta degli trafili eri lecchesi.
Si profila un futuro turistico perché Lecco ha la fortuna di avere “i piedi nel lago e la fronte sulle montagne che la circondano dal Resegone alle Grigne”.
Nelle domande poste dai presenti non sono mancati gli interrogativi curiosi e particolari che hanno animato una storia ricca di senso civico, di operosità, di attenzione al prossimo, di fedeltà ai valori profondi: argomenti sui quali sarà bene ritornare in un prossimo incontro.