In viaggio a tempo indeterminato/335: niente mele ma tante emozioni ai piedi del Monte Fuji
Mai avrei pensato che mi sarei emozionata davanti a un monte.
Che poi chiamarlo monte forse è riduttivo.
Si tratta di uno stratovulcano attivo, alto 3.776 metri, con la perfetta forma a montagna.
È un cono simmetrico con tanto di cima innevata, esattamente come ogni bambino disegnerebbe un monte.
Vederlo la prima volta, sbucare all'improvviso dalle nuvole, mi ha suscitato una centrifuga di emozioni.
STUPORE, perché le previsioni erano pessimiste e sul sito web che indica la probabilità di avvistamento c'erano solo 3 stelline su 10.
FELICITÀ, perché questo cono è un simbolo del Giappone. È rappresentato sulle banconote, sulle insegne, sui prodotti di bellezza, sulle confezioni dei biscotti. Ci sono i peluches con la sua forma, i portachiavi e gli orecchini.
È stampato sulle magliette, sui calzini e sulle mutande.
SOLLIEVO, perché arrivare fin qui e guardare solo nuvole sarebbe stata una delusione.
ORGOGLIO, quasi come fossi arrivata sulla cima e non semplicemente ai suoi piedi. Forse perché questa tappa è arrivata per noi alla fine della nostra personale "scalata" giapponese. L'abbiamo lasciata quasi per ultima, come fosse la ciliegina su una torta che in alcuni momenti stava per crollare.
Tutte queste emozioni per aver visto una montagna?!?
Sì, lo so, ha stupito anche me, ma si trattava di lui, del leggendario Monte Fuji.
A mia discolpa, il monte Fuji è considerato una delle "tre montagne sacre" del Giappone e ha un valore talmente forte che gli shintoisti considerano doveroso almeno un pellegrinaggio sulle sue pendici nella vita. Questo perché il Fuji sarebbe, secondo questa religione, un kami, cioè uno spirito da venerare e adorare.
La credenza che questo monte sia una divinità è legata al timore e rispetto che fin dall'antichità ha suscitato. Essendo a tutti gli effetti un vulcano attivo, anche se l'ultima eruzione risale al 1708, anche oggi viene guardato e ammirato come fosse un'entità sovrannaturale.
Konohanasakuya-hime, è il nome della manifestazione ultraterrena della vetta del Fuji. Secondo la tradizione è la figlia del dio della montagna e la sposa del dio del cielo. Per via della sua fedeltà è considerata un modello per le donne giapponesi, protettrice delle donne in gravidanza e dei navigatori.
Ma è anche riconosciuta come la divinità della pesca, dell'agricoltura e della tessitura.
Diversi sono i santuari costruiti nelle cittadine ai piedi del Monte Fuji è i più importanti sono posizionati proprio all'inizio dei sentieri che conducono verso la vetta. Gli scalatori, in passato, venivano qui a chiedere la protezione e la benevolenza della divinità prima di avventurarsi nella scalata.
Va bene dai, sveliamo le carte. Quando ho detto Fuji c'è chi ha pensato alle mele e chi mente.
Io ero convinta di arrivare sotto il monte e trovare coltivazioni di mele a non finire, tipo la Val di Non ma versione giapponese. Invece nulla, nemmeno una piantina. Ho trovato solo le mele nei supermercati ma a prezzi talmente esorbitanti, da arrivare a pensare che mi sarebbe costato meno un volo per il Trentino che un kg di mele. Questo perché, in realtà, le mele Fuji non si chiamano così per la montagna ma per la città di Fujisaki dove per la prima volta è stata creata questa mela, frutto dell'incrocio tra altre due diverse varietà. La città non c'entra niente con il monte ma si trova a migliaia di km di distanza nel nord del Giappone.
Non ho trovato le coltivazioni di mele ai piedi del Fuji ma una foresta gigantesca quella sì.
Si tratta di Aokigahara, letteralmente il "mare di alberi". La foresta è formata da una fitta vegetazione cresciuta in gran parte su rocce laviche risalenti all'ultima eruzione del Fuji. Le caverne di ghiaccio presenti nella zona e gli alti arbusti frenano l'azione del vento, rendendo la foresta particolarmente silenziosa. Questo luogo è inoltre tristemente conosciuto per l'alto numero di suicidi che avvengono qui ogni anno.
È un argomento molto complesso questo da trattare e che va legato alla diversa concezione giapponese dell'atto di porre fine volontariamente alla propria vita. Descriverlo in poche parole sarebbe sicuramente poco utile e fuorviante.
Per questo vorrei focalizzarmi sul motivo per cui questo luogo ha oggi questa fama.
In passato, nei periodi di carestia, quando il cibo non era sufficiente per sfamare un'intera famiglia, i membri più anziani venivano condotti in foreste fitte e labirintiche perché terminassero lì i propri giorni.
Da questa antica usanza giapponese deriva quindi la credenza secondo cui tutte le foreste sarebbero infestate dagli yurei, gli "spiriti arrabbiati" di coloro che sono morti tragicamente in quei luoghi.
Ma il motivo per cui proprio Aokighara sia diventata conosciuta come "la foresta dei suicidi" è legato a due testi.
Il primo, un romanzo del 1960, narra le vicende di due amanti che finiscono entrambi suicidi nella foresta.
Il secondo, invece, esce nel 1993 ed è un manuale dove vengono indicati i migliori modi per togliersi la vita, nonché i luoghi che secondo l’autore sarebbero più adatti, tra questi spicca la foresta Aokigahara.
Pare che copie di questo libro vengano ritrovate spesso tra gli effetti personali delle vittime della foresta.
Che poi chiamarlo monte forse è riduttivo.
Si tratta di uno stratovulcano attivo, alto 3.776 metri, con la perfetta forma a montagna.
È un cono simmetrico con tanto di cima innevata, esattamente come ogni bambino disegnerebbe un monte.
Vederlo la prima volta, sbucare all'improvviso dalle nuvole, mi ha suscitato una centrifuga di emozioni.
STUPORE, perché le previsioni erano pessimiste e sul sito web che indica la probabilità di avvistamento c'erano solo 3 stelline su 10.
FELICITÀ, perché questo cono è un simbolo del Giappone. È rappresentato sulle banconote, sulle insegne, sui prodotti di bellezza, sulle confezioni dei biscotti. Ci sono i peluches con la sua forma, i portachiavi e gli orecchini.
È stampato sulle magliette, sui calzini e sulle mutande.
SOLLIEVO, perché arrivare fin qui e guardare solo nuvole sarebbe stata una delusione.
ORGOGLIO, quasi come fossi arrivata sulla cima e non semplicemente ai suoi piedi. Forse perché questa tappa è arrivata per noi alla fine della nostra personale "scalata" giapponese. L'abbiamo lasciata quasi per ultima, come fosse la ciliegina su una torta che in alcuni momenti stava per crollare.
Tutte queste emozioni per aver visto una montagna?!?
Sì, lo so, ha stupito anche me, ma si trattava di lui, del leggendario Monte Fuji.
A mia discolpa, il monte Fuji è considerato una delle "tre montagne sacre" del Giappone e ha un valore talmente forte che gli shintoisti considerano doveroso almeno un pellegrinaggio sulle sue pendici nella vita. Questo perché il Fuji sarebbe, secondo questa religione, un kami, cioè uno spirito da venerare e adorare.
La credenza che questo monte sia una divinità è legata al timore e rispetto che fin dall'antichità ha suscitato. Essendo a tutti gli effetti un vulcano attivo, anche se l'ultima eruzione risale al 1708, anche oggi viene guardato e ammirato come fosse un'entità sovrannaturale.
Konohanasakuya-hime, è il nome della manifestazione ultraterrena della vetta del Fuji. Secondo la tradizione è la figlia del dio della montagna e la sposa del dio del cielo. Per via della sua fedeltà è considerata un modello per le donne giapponesi, protettrice delle donne in gravidanza e dei navigatori.
Ma è anche riconosciuta come la divinità della pesca, dell'agricoltura e della tessitura.
Diversi sono i santuari costruiti nelle cittadine ai piedi del Monte Fuji è i più importanti sono posizionati proprio all'inizio dei sentieri che conducono verso la vetta. Gli scalatori, in passato, venivano qui a chiedere la protezione e la benevolenza della divinità prima di avventurarsi nella scalata.
Va bene dai, sveliamo le carte. Quando ho detto Fuji c'è chi ha pensato alle mele e chi mente.
Io ero convinta di arrivare sotto il monte e trovare coltivazioni di mele a non finire, tipo la Val di Non ma versione giapponese. Invece nulla, nemmeno una piantina. Ho trovato solo le mele nei supermercati ma a prezzi talmente esorbitanti, da arrivare a pensare che mi sarebbe costato meno un volo per il Trentino che un kg di mele. Questo perché, in realtà, le mele Fuji non si chiamano così per la montagna ma per la città di Fujisaki dove per la prima volta è stata creata questa mela, frutto dell'incrocio tra altre due diverse varietà. La città non c'entra niente con il monte ma si trova a migliaia di km di distanza nel nord del Giappone.
Non ho trovato le coltivazioni di mele ai piedi del Fuji ma una foresta gigantesca quella sì.
Si tratta di Aokigahara, letteralmente il "mare di alberi". La foresta è formata da una fitta vegetazione cresciuta in gran parte su rocce laviche risalenti all'ultima eruzione del Fuji. Le caverne di ghiaccio presenti nella zona e gli alti arbusti frenano l'azione del vento, rendendo la foresta particolarmente silenziosa. Questo luogo è inoltre tristemente conosciuto per l'alto numero di suicidi che avvengono qui ogni anno.
È un argomento molto complesso questo da trattare e che va legato alla diversa concezione giapponese dell'atto di porre fine volontariamente alla propria vita. Descriverlo in poche parole sarebbe sicuramente poco utile e fuorviante.
Per questo vorrei focalizzarmi sul motivo per cui questo luogo ha oggi questa fama.
In passato, nei periodi di carestia, quando il cibo non era sufficiente per sfamare un'intera famiglia, i membri più anziani venivano condotti in foreste fitte e labirintiche perché terminassero lì i propri giorni.
Da questa antica usanza giapponese deriva quindi la credenza secondo cui tutte le foreste sarebbero infestate dagli yurei, gli "spiriti arrabbiati" di coloro che sono morti tragicamente in quei luoghi.
Ma il motivo per cui proprio Aokighara sia diventata conosciuta come "la foresta dei suicidi" è legato a due testi.
Il primo, un romanzo del 1960, narra le vicende di due amanti che finiscono entrambi suicidi nella foresta.
Il secondo, invece, esce nel 1993 ed è un manuale dove vengono indicati i migliori modi per togliersi la vita, nonché i luoghi che secondo l’autore sarebbero più adatti, tra questi spicca la foresta Aokigahara.
Pare che copie di questo libro vengano ritrovate spesso tra gli effetti personali delle vittime della foresta.
Angela (e Paolo)