Calolzio, omicidio in stazione: per il perito del Tribunale la capacità dell'imputato era scemata, per un 'disturbo esplosivo intermittente'
Pur non avendo in mano alcuna certificazione pregressa, dopo aver dato incarico al dottor Giuseppe Giunta di valutare l'imputato e aver chiesto l'escussione dello psichiatra lecchese in apertura di procedimento, la difesa - rappresentata dagli avvocati Marilena e Ilaria Guglielmana - aveva ottenuto fin da subito l'assenso della Corte a sottoporre il giovanotto a perizia psichiatrica.
Aveva visto lungo.
Haruna Guebre, il burkinabé accusato dell'omicidio commesso lo scorso 29 agosto presso la stazione ferroviaria di Calolziocorte, secondo il dottor Nicola Molteni, perito nominato dal Tribunale, soffrirebbe di un "disturbo esplosivo intermittente di personalità" che avrebbe grandemente scemato la sua capacità di intendere e volere nel momento in cui, sulla banchina, avrebbe - stando all'impianto accusatorio - sferrato due coltellate al connazionale Malcom Mazou Darga, 23 anni appena, raggiungendolo alla gamba e al petto, uccidendolo.
Gli esiti della perizia - già anticipati alle parti - saranno esposti domani, mercoledì 26 giugno, in Aula, al cospetto dei giudici – togati e popolari – della Corte d'Assise di Como, presieduta dal dottor Carlo Cecchetti.
Le conclusioni dello psichiatra, per quanto appreso fino a ora, comunque, in parte, ricalcano quelle del collega Giunta, convinto anch'egli che la capacità di Haruna fosse "scemata", come già riferito, ricostruendo anche il vissuto del 25enne, arrivato in Italia una decina d'anni fa, da ragazzino, dunque, per raggiungere il padre, venendo quindi separato dalla madre, mai più rivista. Inserito in prima media pur essendo più grande dei compagni, avrebbe espresso subito difficoltà d'adattamento, confermate anche da un'insegnante, introdotta come testimone dal pool difensivo, arrivata a parlare del giovanotto come di un "piccolo selvaggio" che, in più occasioni, avrebbe messo in atto agiti aggressivi nei confronti del personale docente. A peggiorare il quadro, poi, secondo Giunta, l'abuso, fin dall'adolescenza, di cannabis - rendendosi “schiavo di questa sostanza” - utilizzata “per cercare di calmarsi”.
Ma, del resto, anche le spontanee dichiarazioni rese all'udienza dello scorso 8 maggio dall'imputato stesso sembrano andare nella direzione dello scatto d'ira. Molto, molto, sinteticamente, il 25enne, prendendo d'iniziativa la parola, aveva spiegato di aver raggiunto i binari dopo il lavoro, venendo avvicinato da Darga che gli avrebbe chiesto una sigaretta. Non ricevuta la "paglia" desiderata, l'airunese - divenuto calolziese qualche settimana prima di quel 29 agosto - avrebbe "provocato" l'imputato, arrivando a citare anche la possibilità di "comprare" sua madre. "Io mia mamma non la vedo da 12 anni, da lì non ho più visto niente" ha detto Guebre, usando un'espressione che potrebbe essere riferibile a quel "disturbo esplosivo intermittente di personalità" ora riscontrato dal dottor Molteni, disturbo caratterizzato da esplosioni di rabbia improvvise ed esagerate rispetto alle situazioni che si presentano all'interno del contesto. Sempre secondo il perito, l'imputato ora è in grado di partecipare coscientemente al processo e non è da considerarsi socialmente pericoloso, per effetto del percorso di cura a cui ha aderito in carcere.
Valutazioni che evidentemente peseranno, a istruttoria porta a termine, sul giudizio finale della Corte.
Aveva visto lungo.
Haruna Guebre, il burkinabé accusato dell'omicidio commesso lo scorso 29 agosto presso la stazione ferroviaria di Calolziocorte, secondo il dottor Nicola Molteni, perito nominato dal Tribunale, soffrirebbe di un "disturbo esplosivo intermittente di personalità" che avrebbe grandemente scemato la sua capacità di intendere e volere nel momento in cui, sulla banchina, avrebbe - stando all'impianto accusatorio - sferrato due coltellate al connazionale Malcom Mazou Darga, 23 anni appena, raggiungendolo alla gamba e al petto, uccidendolo.
Gli esiti della perizia - già anticipati alle parti - saranno esposti domani, mercoledì 26 giugno, in Aula, al cospetto dei giudici – togati e popolari – della Corte d'Assise di Como, presieduta dal dottor Carlo Cecchetti.
Le conclusioni dello psichiatra, per quanto appreso fino a ora, comunque, in parte, ricalcano quelle del collega Giunta, convinto anch'egli che la capacità di Haruna fosse "scemata", come già riferito, ricostruendo anche il vissuto del 25enne, arrivato in Italia una decina d'anni fa, da ragazzino, dunque, per raggiungere il padre, venendo quindi separato dalla madre, mai più rivista. Inserito in prima media pur essendo più grande dei compagni, avrebbe espresso subito difficoltà d'adattamento, confermate anche da un'insegnante, introdotta come testimone dal pool difensivo, arrivata a parlare del giovanotto come di un "piccolo selvaggio" che, in più occasioni, avrebbe messo in atto agiti aggressivi nei confronti del personale docente. A peggiorare il quadro, poi, secondo Giunta, l'abuso, fin dall'adolescenza, di cannabis - rendendosi “schiavo di questa sostanza” - utilizzata “per cercare di calmarsi”.
Ma, del resto, anche le spontanee dichiarazioni rese all'udienza dello scorso 8 maggio dall'imputato stesso sembrano andare nella direzione dello scatto d'ira. Molto, molto, sinteticamente, il 25enne, prendendo d'iniziativa la parola, aveva spiegato di aver raggiunto i binari dopo il lavoro, venendo avvicinato da Darga che gli avrebbe chiesto una sigaretta. Non ricevuta la "paglia" desiderata, l'airunese - divenuto calolziese qualche settimana prima di quel 29 agosto - avrebbe "provocato" l'imputato, arrivando a citare anche la possibilità di "comprare" sua madre. "Io mia mamma non la vedo da 12 anni, da lì non ho più visto niente" ha detto Guebre, usando un'espressione che potrebbe essere riferibile a quel "disturbo esplosivo intermittente di personalità" ora riscontrato dal dottor Molteni, disturbo caratterizzato da esplosioni di rabbia improvvise ed esagerate rispetto alle situazioni che si presentano all'interno del contesto. Sempre secondo il perito, l'imputato ora è in grado di partecipare coscientemente al processo e non è da considerarsi socialmente pericoloso, per effetto del percorso di cura a cui ha aderito in carcere.
Valutazioni che evidentemente peseranno, a istruttoria porta a termine, sul giudizio finale della Corte.
A.M.