Civate: Chiara Castagna dà voce ai protagonisti di via Rasella

Via Rasella, l’attentato del 23 marzo 1944 a Roma da parte dei Gap (Gruppi di azione partigiana) contro un’autocolonna tedesca visto nelle quindici ore che hanno preceduto lo scoppio della bomba. Visto dai partigiani, visto dai soldati altoatesini arruolati nell’esercito tedesco, ma anche da chi non avrebbe dovuto esserci. Attraverso i dubbi, le titubanze, gli interrogativi politici ed etici.
Chiara_Castagna__1_.JPG (63 KB)
Chiara Castagna con il suo libro

Una sfida non da poco per la civatese Chiara Castagna che ha scelto un tema delicato, anche per i suoi risvolti politici ancora caldi dopo ottant’anni, per il suo esordio letterario.
“Rasella. Storia di una bomba” è il titolo del romanzo pubblicato dalle romane Edizioni Progetto Cultura e presentato ieri sera a Villa Canali a Civate in un incontro iniziato al buio per il black-out provocato dal violento temporale.
Alla presentazione, oltre all’autrice, sono intervenuti anche il giornalista Francesco Chiavarini che ha scritto la prefazione, e Angelo De Battista dell’Associazione partigiani lecchese ad affrontare proprio i problemi etici della violenza attorno ai quali si snoda il racconto di Castagna.DSC_0017.JPG (162 KB)
Una laurea in Storia e critica dell’arte, pittrice e per trent’anni clarinettista nella banda di Civate, di professione formatrice di inglese per il personale delle aziende, da poco trasferitasi ad abitare a Legnano, Castagna ha deciso di scrivere questo suo romanzo quasi per caso, dopo essere rimasta affascinata dalla lezione dello storico Alessandro Barbero sull’attentato (una lezione disponibile su internet).
Francesco_Chiavarini_2.JPG (162 KB)
Francesco Chiavarini

Dopo l’inquadramento storico da parte di Chiavarini (l’attentato con 32 soldati morti subito e un altro nelle ore successive per le gravi ferite, ma anche due vittime civili che passano casualmente, nonché la successiva rappresaglia nazista con l’eccidio delle Fosse Ardeatine: 335 prigionieri uccisi), Chiara Castagna ha spiegato la genesi del romanzo: «Di quella vicenda sapevo poco. Come molti. La gente sa poco o addirittura non sa nulla di quell’episodio. La bravura di Barbero mi ha illuminata e allora sono andata a informarmi. Ho letto le testimonianze, le memorie. E ho voluto entrare nella testa delle persone, di quelle che si trovavano in quel momento in via Rasella. Tutti i dettagli storici sono autentici, io ho solo inventato i dialoghi».
DSC_0024.JPG (110 KB)
L’autentico protagonista del romanzo – ha spiegato Castagna – è il dubbio. Il dubbio della partigiana che si interroga se sia giusto, quello che stanno per fare, della compagna che gli risponde se invece giusto quello non fanno, il dubbio del soldato altoatesino sugli sviluppi della guerra. Il dubbio che ancora oggi alimenta le riflessioni su quell’episodio. «Ed è un dubbio attuale in tutte le situazioni di guerra anche oggi – ha aggiunto l’autrice – perché se noi siamo cresciuti in un clima di pace, altrove non è stato e non è così. Non lo è in Ucraina, non lo è in Israele e Palestina dove quei dubbi li si affronta ogni giorno oggi».
DSC_0018.JPG (230 KB)
E così nella storia di questo romanzo assume una particolare importanza la figura di Piero Zuccheretti, il ragazzino quasi tredicenne che non avrebbe dovuto essere in via Rasella e che invece è stato ucciso dalla bomba: «E’ il personaggio che più ho sentito. Mi sento vicina a lui perché l’ho creato io, perché gli ho fatto dire le cose che pensavo io».
E proprio la scelta di vedere quelle quindici ore attraverso i gesti e i pensieri dei protagonisti, non uno ma tutti. È arrivata perché «le fonti così diverse mi hanno detto che non c’è una storia, ma ci sono tante storie, le storie e i punti di vista di ciascuno. Non c’è un narratore onniscente. E in questo modo anche il lettore diventa a suo modo un personaggio della storia. E pensavo di poterlo fare diventare un personaggio solo in questo modo».
Angelo_De_Battista.JPG (98 KB)
Angelo De Battista

L’occasione, come detto, è servito anche per ragionare sul tema etico della guerra partigiana nella quale sì – ha detto De Battista - si era costretti a uccidere ma nella quale non era presente un’estetica della violenza. Anzi, paradossalmente si uccideva perché non si uccidesse più. E se non ci sono ormai più dubbi storiografici sull’attentato di via Rasella, rimane aperto il dibattito etico e politico e quello sui rapporti tra politica e storia.
Toccato anche l’aspetto della presunta rappresaglia scattata solo perché gli autori dell’attentato non si fossero costituiti dopo l’invito a farlo diramato dalle autorità germaniche. Un invito che è stato acclarato non esserci mai stato. Non si sa quale sia stata l’origine di questa voce (forse un fraintendimento di un comunicato vaticano) ma è comunque entrata a far parte di una certa memoria. Ma la storia è una cosa e la memoria un’altra. Perché è pur vero che in qualche altra occasione una “trattativa” c’è stata come a pochi chilometri da qui, a Oliveto, quando per l’uccisione di un ufficiale tedesco si sarebbero dovuto incendiare i tre paesi, evento scongiurato per il consegnarsi spontaneo di alcuni sbandati dopo una trattativa condotta dai parroci.
D.C.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.