L’Europa: tra storia e leggenda
Le votazioni europee, che per qualche mese hanno prevalso all’interno dei media in modo ridondante, ribattendosi la palla a vicenda, hanno toccato e sollecitato meno del cinquanta per cento degli elettori. I media sono stati dei megafoni vuoti, incapaci di sollecitare qualche interesse, si sono accartocciati ripetendo o amplificando, a secondo dell’appartenenza di riferimento, le lallazioni dei singoli rappresentanti.
Montesquieu nel romanzo epistolare “Lettere persiane” del 1721 sostiene che l’Europa è un unico stato composto da diverse province. Per Voltaire invece l’Europa è un assemblaggio culturale e artistico: l’Unione Europea è una storia di idee.
Secondo il mito raccontato da Omero, Esiodo, Ovidio, Virgilio, Europa è una bellissima giovane, figlia di Agenore, re di Tiro, antica e importante città fenicia. È sedotta da Zeus, che si innamora della fanciulla trasformandosi in un bellissimo toro bianco; Europa vedendolo sdraiato sulla spiaggia tranquillo e mansueto, lo cavalca. Zeus scappa e con lei, attraversa il Mediterraneo fino a raggiungere l’isola di Creta. Secondo alcuni, Europa fu sedotta, secondo altri fu abusata. Europa sposa Asterio diventando regina di Creta, quando muore, i Greci, in onore alla regina, denominano Europa il continente situato al nord dell’isola di Creta.
Europa è la terra che fa da ponte tra oriente e occidente; il mediterraneo è il mare che congiunge culture e storie diverse; è il mare dell’incontro e non dello scontro. Oggi è diventato un luogo di sepoltura e di odio.
La bellezza della giovane fanciulla Europa riesce a sedurre il potere. Il toro bianco nel mito simbolizza forza, potenza, virilità, fecondazione, civiltà, innocenza, purezza. La bellezza e l’onnipotenza nell’incontrarsi generano un continente che porta in sé il seme del sacro, della legge, della civiltà e della violenza. In momenti diversi Europa manifesta parti di questa ontogenesi mitologica.
La bellezza e l’innocenza della fanciulla generano l’arte, la letteratura, la poesia, la musica, il canto; a differenza del toro che ha prodotto terrore, distruzione, massacri, tenebre e la banalità del male.
Se si rivolge lo sguardo al passato recente abbiamo un’Europa di pace, promotrice di apertura verso gli altri, ma in precedenza è stata sconquassata, distrutta da totalitarismi spaventosi e tenebrosi.
Il mito insegna che c’è sempre il rischio di scivolare nel dirupo dell’oscurità.
Nell’Europa di oggi sussiste un senso di spaesamento, insicurezza, diffidenza. Circa metà della popolazione del continente è esule nella propria terra e non si riconosce con chi gli sta accanto. Quando si percorre il sentiero di Santiago di Compostela, l’estraneo si saluta con: «Buen camino», oggi lo si percepisce come un potenziale pericolo e ci si ritrae nella singola individualità claustrale difensiva.
Il clima attuale induce a sottrarsi, a starsene chiusi, a delimitare i confini e gli spazzi. Tanto che si continua a ipotizzare un pericolo permanente del nemico e per rassicurarsi si incrementa l’industria bellica, quando si sa, che bastano poche bombe H per fare saltare e implodere il pianeta terra.
Tutto questo produce nella gente sfiducia, fatalismo, disinteresse, incuria, egoismi nei confronti di chi è più debole: siamo tutti deboli, precari per definizione.
Da anni il liquido amniotico di questo continente è abitato da cadaveri. Questa non è l’Europa della ragazza che gioca con le ancelle sulla spiaggia con il mansueto toro bianco: il toro sta mutando il colore della pelle.
In un tempo di passioni tristi, di fluidità sociale, di frammentazione c’è la necessità di un’Europa che sappia affrontare l’angoscia della bellezza, di stare con Afrodite che attrae le singole parti l’una verso l’altra per procreare un Continente di pace, d’arte e di suoni.
Montesquieu nel romanzo epistolare “Lettere persiane” del 1721 sostiene che l’Europa è un unico stato composto da diverse province. Per Voltaire invece l’Europa è un assemblaggio culturale e artistico: l’Unione Europea è una storia di idee.
Secondo il mito raccontato da Omero, Esiodo, Ovidio, Virgilio, Europa è una bellissima giovane, figlia di Agenore, re di Tiro, antica e importante città fenicia. È sedotta da Zeus, che si innamora della fanciulla trasformandosi in un bellissimo toro bianco; Europa vedendolo sdraiato sulla spiaggia tranquillo e mansueto, lo cavalca. Zeus scappa e con lei, attraversa il Mediterraneo fino a raggiungere l’isola di Creta. Secondo alcuni, Europa fu sedotta, secondo altri fu abusata. Europa sposa Asterio diventando regina di Creta, quando muore, i Greci, in onore alla regina, denominano Europa il continente situato al nord dell’isola di Creta.
Europa è la terra che fa da ponte tra oriente e occidente; il mediterraneo è il mare che congiunge culture e storie diverse; è il mare dell’incontro e non dello scontro. Oggi è diventato un luogo di sepoltura e di odio.
La bellezza della giovane fanciulla Europa riesce a sedurre il potere. Il toro bianco nel mito simbolizza forza, potenza, virilità, fecondazione, civiltà, innocenza, purezza. La bellezza e l’onnipotenza nell’incontrarsi generano un continente che porta in sé il seme del sacro, della legge, della civiltà e della violenza. In momenti diversi Europa manifesta parti di questa ontogenesi mitologica.
La bellezza e l’innocenza della fanciulla generano l’arte, la letteratura, la poesia, la musica, il canto; a differenza del toro che ha prodotto terrore, distruzione, massacri, tenebre e la banalità del male.
Se si rivolge lo sguardo al passato recente abbiamo un’Europa di pace, promotrice di apertura verso gli altri, ma in precedenza è stata sconquassata, distrutta da totalitarismi spaventosi e tenebrosi.
Il mito insegna che c’è sempre il rischio di scivolare nel dirupo dell’oscurità.
Nell’Europa di oggi sussiste un senso di spaesamento, insicurezza, diffidenza. Circa metà della popolazione del continente è esule nella propria terra e non si riconosce con chi gli sta accanto. Quando si percorre il sentiero di Santiago di Compostela, l’estraneo si saluta con: «Buen camino», oggi lo si percepisce come un potenziale pericolo e ci si ritrae nella singola individualità claustrale difensiva.
Il clima attuale induce a sottrarsi, a starsene chiusi, a delimitare i confini e gli spazzi. Tanto che si continua a ipotizzare un pericolo permanente del nemico e per rassicurarsi si incrementa l’industria bellica, quando si sa, che bastano poche bombe H per fare saltare e implodere il pianeta terra.
Tutto questo produce nella gente sfiducia, fatalismo, disinteresse, incuria, egoismi nei confronti di chi è più debole: siamo tutti deboli, precari per definizione.
Da anni il liquido amniotico di questo continente è abitato da cadaveri. Questa non è l’Europa della ragazza che gioca con le ancelle sulla spiaggia con il mansueto toro bianco: il toro sta mutando il colore della pelle.
In un tempo di passioni tristi, di fluidità sociale, di frammentazione c’è la necessità di un’Europa che sappia affrontare l’angoscia della bellezza, di stare con Afrodite che attrae le singole parti l’una verso l’altra per procreare un Continente di pace, d’arte e di suoni.
Dr. Enrico Magni, Psicologo, giornalista