Il dr.Camagni rileva Guerreschi al timone del Centro Ilizarov. Tra infezioni esplose ed i ''poteri magici'' dei fissatori esterni

Avvicendamento in Ortopedia. L'Ambulatorio Ilizarov - struttura semplice che, nel settore, porta l'Ospedale Manzoni di Lecco ad essere conosciuto ben oltre i confini nazionali - è ora affidato al dottor Marco Camagni dopo il pensionamento del collega Francesco Guerreschi, in reparto dal 17 agosto 1987, arrivato al fatidico traguardo delle 70 primavere.
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Piero Poli, Francesco Guerreschi e Marco Camagni

"Il 7 ha compiuto gli anni, il 10 gli abbiamo fatto la festa con tanto di regalo. Il 12 ce lo siamo trovati di nuovo qui, a lavorare", scherza il Primario nonché Capo del Dipartimento di Area Chirurgica Piero Poli, sottolineando così come il dottor Guerreschi abbia dato disponibilità a continuare a prestare servizio - con un contratto da libero professionista, "non certamente tra i più remunerativi" - per portare avanti il lavoro già cominciato, assicurando continuità non solo ai pazienti, ma anche ai colleghi per cui è riferimento. "Resta per far ulteriormente crescere chi gli è già stato accanto per anni", insomma, per dirla con le parole di Poli, che non ha mancato di esprimere apprezzamento anche per il nuovo responsabile dell'Ambulatorio, il dottor Marco Camagni, altro volto storico dell'Ortopedia lariana, essendo dipendente dell'ASST - ai tempi Azienda Ospedaliera - dal 31 dicembre 2001.

"A lui l'onore, ma sopratutto l'onere, di gestire la struttura semplice". Una realtà che lega la propria fama a un lecchese illustre, l'alpinista e “avventuriero” Carlo Mauri, che si dimostrò esploratore anche nel campo sanitario. Nel 1980 raggiunse, infatti, il medico sovietico Gavriil Abramovič Ilizarov in Siberia per farsi “curare” una tibia malconcia, incuriosendo poi al ritorno l'amico ortopedico Angelo Villa e, di fatto, portando all'ombra del Resegone quella metodica - l'apparato di distrazione osteogenetica - allora innovativa per il mondo occidentale, per la quale ancora oggi il Manzoni è Centro di riferimento a livello nazionale, attirando specializzandi e pazienti anche dall'estero. Una realtà attorno alla quale al momento gravitano almeno 500 pazienti, tra primi accessi e soggetti seguiti nel post operatorio, alcuni dei quali visti con cadenza pressoché settimanale, trattandosi indubbiamente della parte più gravosa del lavoro di correzione di quei “difetti” sui quali i fissatori esterni possono fare la differenza. E le “gabbie” sono il mondo di Guerreschi e Camagni, nonché del loro piccolo team composto da personale dedicato, chiamato a farsi carico di medicazioni assolutamente non banali ma anche ad essere “sostegno” - psicologico - per uomini e donne, spesso anche giovanissimi, che approdano all'Ambulatorio Ilizarov o dopo un trauma recente o “dopo aver già provato di tutto”, come sottolineano i due camici bianchi. “Arrivano qui magari dopo esperienze negative altrove, con il loro carico di aspettative, a cui si sommano le attese anche dei famigliari, non sempre di facile gestione” argomenta il dottor Camagni. “Stiamo assistendo ad un aumento spaventoso delle infezioni, difficili da curare, con batteri dai nomi impronunciabili e intrattabili, tanto come conseguenza di operazioni tanto di prima insorgenza”, aggiunge ancora il neo-responsabile circa all'attività del dopo Covid, riconoscendo altresì come nel panorama italiano si stia verificando un certo ritorno in voga dei fissatori esterni. Una tecnica che “dovrebbe essere assicurata in ogni reparto” aggiunge il collega Guerreschi. “Noi, da sempre, per la traumatologia usiamo tutte gli strumenti e abbiamo in Struttura tutte le competenze per farlo. Da altre parti non è così” evidenzia anche Poli.

1.500 gli interventi complessivamente eseguiti ogni anno, circa il 10% dei quali finisce con l'applicazione di una “gabbia”. “Ma per i nostri pazienti – rimarca Guerreschi – la chirurgia fa il 40% del risultato”. Poi c'è tutto il post operatorio, con – come anticipato - “avvitamenti” e medicazioni, per mesi e mesi. Sei, per esempio, quelli serviti per raddrizzare la gamba a una ragazza cipriota, con un problema congenito, arrivata apposta a Lecco – con un medico greco già in servizio al Manzoni a far da gancio – per essere presa in carico dal “nostro” Centro Ilizarov. Ed ora dovrà operarsi all'altra. “Forse converrà andare la a farlo” commenta, sorridendo il dottor Guerreschi ripensando alle traversie legate al rientro a Cipro, in aereo, della giovane con il femore ingabbiato dopo la prima esperienza in Italia.
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Le "gabbie" applicate al paziente brianzolo vittima di un brutto incidente in moto.
Sotto la gamba sistemata, con anche il piede riportato in asse
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Un incidente in moto, invece, era quasi costato mezza gamba ad un brianzolo, arrivato addirittura a lasciare sull'asfalto parte dell'osso e dunque in Ospedale con il polpaccio “spappolato”. “Era davvero a rischio amputazione” raccontano i medici, riusciti però in 5-6 mesi a portare la pelle a guarigione, per applicare un primo fissatore di “controllo del danno” e procedere poi ottenendo in altri 5-6 mesi il consolidamento dell'osso, ma con piede extra-ruotato, piegato dunque – innaturalmente – verso l'esterno. Ed ecco dunque il proseguo del trattamento con l'applicazione di un ulteriore fissatore, circolare, per allungare l'osso – dopo aver praticato una interruzione, dalla quale lo stesso si rigenera – ottenendo lo spazio necessario per, progressivamente, riportare anche il piede in asse con la rotula. Incredibile? Si, ma è tutto vero.
A.M.
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