Lecco, i sindaci del dopoguerra/6: negli anni '60 Alessandro Rusconi governa la Città, sul suo tavolo pratiche importanti

Il sindaco Rusconi nel 1966 tra Mario Ceppi e il vice Antonietta Nava
Nel dicembre 1962 c'è il nuovo sindaco Alessandro Rusconi, c'è il nuovo vice sindaco Antonietta Nava, ma c'è anche un nuovo assessore, Luigi Andreotti, giovane avvocato poco più che trentenne, che ha iniziato l'attività politica quando era studente universitario in legge, nella sezione del quartiere Maggianico, il rione cittadino nel quale risiede.
            Non mancano le pratiche importanti sul tavolo del nuovo primo cittadino. Spiccano l'atteso inizio lavori del nuovo palazzo delle Poste, all'angolo di viale Dante con via Cairoli, e la nuova stazione del servizio di navigazione lacuale, sul lungolago, vicino a piazza Cermenati, che sostituisca il cadente "baraccone" di lamiera.
La sera del 18 dicembre ha luogo una lunga assemblea dei palchettisti del Teatro e la situazione del Sociale registra una decisa svolta. L'assemblea è presieduta da Costantino Fiocchi. I presenti, a grande maggioranza, deliberano di confermare in carica il presidente Guido Bertarelli e di dare preciso mandato su quello che sarà il futuro del Teatro: il glorioso edificio diventerà proprietà del Comune. E' presente all'assemblea il sindaco Alessandro Rusconi, che ricorda tutta la "vicenda Teatro" e invita i palchettisti a fare atto di donazione al Comune del proprio palco. In chiusura il borgomastro riafferma l'impegno, per quanto gli compete, di accelerare al massimo i tempi per la riapertura del Sociale.
Unanime il cordoglio della città nei primi giorni di gennaio 1963, per la scomparsa di mons. Giovanni Borsieri, da oltre trent'anni prevosto di Lecco. L'inclemenza del tempo (nevicava) non ha impedito una grande manifestazione di affetto verso il "prevostino" che aveva saputo farsi volere tanto bene. Reggevano il fiocco del carro funebre il sindaco Rusconi, il presidente della Provincia Aldo Rossi, il medico curante Domenico Colombo, don Luigi Bellada, mons. Delfino Nava, don Luigi Oggioni. La città era tappezzata da manifesti a lutto affissi dall'Amministrazione Comunale e dalla parrocchia della Basilica di San Nicolò.
Un importante evento culturale si prepara per la primavera 1963, a Lecco. L'Azienda di Turismo ed il Centro di Cultura organizzano una grande mostra antologica del pittore concittadino Ennio Morlotti, vincitore del premio Comune di Venezia alla Biennale internazionale d'Arte. L'esposizione ha luogo nella nuova sede dell'Azienda Turismo, in via Sauro dal 17 marzo al 15 aprile. Il catalogo viene edito dalla Casa Editrice Odyssia di Roma, a cura del critico Carlo Volpe, con prefazione di Giacomo De Santis. Il comitato esecutivo è formato da Angelo Beretta, Eligio Cesana, Alberto Consonni, Paolo Dell'Oro, Giacomo De Santis, Aldo Paramatti, Marino Sottocornola. Presidente dell'Azienda Turismo è Gianni Discacciati, presidente del Centro di Cultura Bruno Furlani.
Ha inizio la campagna elettorale per le politiche di primavera e giunge la notizia che sta per chiudere la filiale di Lecco della Banca d'Italia. Era stata aperta nel 1913, 50 anni prima. "Singolare destino, quello di Lecco - scriveva un settimanale - quando la sua importanza economica era poco più che modesta, il borgo disponeva di un insieme di servizi pubblici non inferiori a quelli di un capoluogo di provincia. Ora che la città ed il suo territorio si sono enormemente sviluppati nel campo delle industrie, dei commerci e dei traffici, la situazione si è capovolta. Avevamo, per esempio, una Sottoprefettura, che ora non c'è più; avevamo una Camera di Commercio: è stata abolita; esisteva una Dogana, che un bel giorno è scomparsa e solo dopo lungo piangere ci è stato dato quest'anno il contentino di una sezione doganale, costretta, peraltro, ancora in una sede provvisoria. L'ultimo colpo riguarda ora la Banca d'Italia".
Si vota per il Parlamento della Repubblica il 28 aprile 1963. La campagna elettorale diventa praticamente un referendum pro o contro il centro-sinistra: vale a dire l'apertura o l'alleanza della D.C. con il P.S.I. Il movimento ai seggi elettorali avviene in modo ordinato e tranquillo. La notizia dei tentativi dinamitardi avvenuti a Milano ed a Cesano Maderno intensifica ovunque la sorveglianza. Nella notte pattuglie di Carabinieri hanno istituito posti di blocco lungo le arterie di maggior traffico. E' opinione diffusa che gli attentati al plastico si debbono attribuire ad estremisti altoatesini venuti in Lombardia con lo scopo di provocare disordini in occasione delle elezioni. Presso il Commissariato di Pubblica Sicurezza di corso Martiri giunge un gruppo di giovani guardie della Scuola Allievi di Cesena; formano una squadra di pronto impiego in caso di incidenti.
Nel corso della primavera hanno avuto inizio i lavori della nuova Superstrada 36, nel tratto della sponda lariana, verso la provincia di Sondrio. Sono interessati i primi chilometri, dalla località Caviate di Lecco alla zona Torraccia di Abbadia Lariana.
Il senatore Pietro Amigoni, Angelo Bonaiti e Vittorio Calvetti
La Democrazia Cristiana di Lecco è impegnata a portare a Montecitorio, nella Camera dei Deputati, Angelo Bonaiti, già sindaco, e Vittorio Calvetti, assessore a Como, nonché preside dell'Istituto Magistrale "Bertacchi". Il caso vuole che il loro numero di lista nello scudo crociato sia il 3 per Bonaiti ed il 6 per Calvetti. Diventa, quindi, uno slogan "votare 36", con un riferimento sicuramente più ampio a quello dei lavori da poco avviati della nuova Superstrada, tanto attesa. Il risultato elettorale del 28 aprile, in particolare alla Camera, premia il Partito Liberale che, in alcuni seggi del centro cittadino, tallona a pochi voti di distanza la D.C., che si conferma largamente primo partito della città, in particolare al Senato della Repubblica, dove viene rieletto per la terza volta a Palazzo Madama il senatore Piero Amigoni. Purtroppo la sua presenza nella 4^ legislatura della Repubblica sarà breve, perché a settembre viene colpito da improvviso mortale malore. Il funerale verrà celebrato nella chiesa parrocchiale di Castello.
Foto prima dell'intervento restaurativo del Teatro della Società
sul finire degli anni '60. Sotto gli interni prima e dopo i lavori (Foto: Impresa Carsana)

L'Amministrazione Comunale del sindaco Alessandro Rusconi esprime, intanto, soddisfazione sull'andamento delle donazioni dei palchi del Teatro al Comune, come deliberato dall'assemblea dei soci tenutasi nello scorso dicembre. I palchi intestati individualmente sono 40 e 16 di questi sono già stati donati dai proprietari al Comune. Ve ne sono poi 14 che figurano della Società del Teatro, ma ogni socio, con l'atto di donazione cede, oltre al proprio palco, la parte che è investita collettivamente negli altri 14. Il sindaco Rusconi ringrazia per la solerte collaborazione il presidente dell'Azienda Turismo, Gianni Discacciati, il presidente del Teatro, Guido Bertarelli ed il notaio Gaetani.
Procede, intanto, l'iter del progetto per la realizzazione del primo lotto impianti sportivi in zona Bione, a Pescarenico. La prima pietra del nuovo centro sportivo Bione verrà posta nell'autunno 1964, quando si è ormai alla vigilia del rinnovo dell'Amministrazione Comunale, per la quale si vota il 22 novembre 1964. La D.C. conquista ancora 20 seggi, nonostante l'avanzata dei voti liberali che portano il P.L.I. da 2 a 5 seggi. Il voto risulta un successo personale del sindaco uscente Alessandro Rusconi, che ottiene 2.699 preferenze, 1.786 in più del secondo eletto, che è Angelo Bonaiti. All'inizio del 1965 viene formata la prima Giunta di centro-sinistra D.C.-P.S.I. al Comune di Lecco. I socialisti tornano in Giunta dopo sedici anni; erano, infatti, usciti nel 1948, dopo l'Amministrazione del sindaco Giuseppe Mauri. Nel gruppo P.S.I., accanto alla "vecchia guardia" guidata da Italo Corti, spicca il giovane Ettore Albertoni, milanese della linea autonomista riformista legata alla programmazione. Nel P.S.D.I. c'è Italo Taroni, factotum dell'Unione Artigiani, "saragattiano" da sempre, rappresentante lecchese (Con Achille Colombo) nel direttivo della Camera di Commercio di Como.
Lunghi ed intensi saranno gli oltre cinque ani che portano al voto del 1970. Vengono realizzate diverse opere pubbliche. Il boom economico si va spegnendo. La Lecco industriale delle grandi fabbriche comincia a perdere qualche colpo ed il primo caso è quello della Faini di via Parini nel 1967. Sono anni di rapidi cambiamenti, di un emergente contestazione giovanile e studentesca, di sempre più serrate vertenze della classe operaia che vanno oltre i contratti di lavoro, per allargarsi a temi sociali di primaria importanza, come la casa, la salute, l'ambiente, la programmazione.
Nel febbraio 1968 visita Lecco il presidente del Consiglio Aldo Moro. Arriva a Lecco proveniente da Galbiate, dove ha inaugurato il nuovo municipio con il sindaco Cesare Golfari, "stella" emergente del firmamento politico territoriale, esponente della Sinistra di Base guidata da Giovanni Marcora, il combattente per la libertà "Albertino".
Mancano pochi mesi alle nuove elezioni politiche di primavera. Il collegio senatoriale di Lecco, uno dei più sicuri della "bianca" Lombardia, è vacante per la scomparsa nel 1963 di Piero Amigoni. Arriverà la candidatura da Roma dell'avv. Tommaso Morlino, esponente della corrente "morotea", fedelissimo del presidente del Consiglio. Per l'inchiesta "L'Italia che vota", arriva a Lecco Mario Cervi, firma di grido del Corriere della Sera. Scrive "Il candidato democristiano per il Senato, nel collegio di Lecco, è l'avv. Tommaso Morlino del quale il settimanale democristiano locale tace, nelle note biografiche, il luogo di nascita. L'avv. Morlino è dei dintorni di Matera. Non c'è niente di male, naturalmente, ma i lecchesi non hanno subito accettato con entusiasmo questa designazione che, imposta dalla segreteria nazionale del partito, soffiava il posto, ed un posto sicuro, ad un esponente locale. Poi, di controvoglia, la candidatura di Morlino, che ha una posizione di grande prestigio al vertice nazionale della D.C., è stata accettata".
Negli anni 1965/1970 la città di Lecco vive anche una preoccupante vicenda ed una notevole tragedia per il monte San Martino. La vicenda è quella relativa al "sasso", alto come un palazzo di cinque piani, che incombe da una parete del San Martino sulla zona settentrionale della città, tra i quartieri di Santo Stefano e Rancio. Verrà sbriciolato dopo un'operazione tecnica di alta professionalità, l'esplosione del "botto" porta alla realizzazione di una cintura di sicurezza con lo sgombero di numerosi edifici della zona viale Turati nelle ore dell'operazione disgaggio.
Tragica è la frana dal Monte San Martino nella notte dal 22 al 23 febbraio 1969, lungo la vecchia via Stelvio nella località detta "Casa del sole". Sette furono le vittime; la stampa parlò di monte "maledetto". La tragedia del febbraio 1969 resta la maggiore nella storia del San Martino, un monte che ha sempre destato preoccupazioni fra coloro che risiedono lungo le sue pendici. La tragedia ebbe anche ripercussioni politiche, il gruppo consiliare P.C.I. chiese le dimissioni della Giunta, con il sindaco Rusconi. Vi furono sedute consiliari burrascose, intorno al San Martino, in particolare per il mancato rispetto sotto il profilo di divieto residenziale che risaliva ad un provvedimento del podestà negli anni '30, dopo una frana nella zona "Case Verdi", che aveva provocato due vittime. Il territorio circostante ha poi cambiato completamente aspetto per la realizzazione di un ciclopico vallo paramassi, a protezione della zona residenziale in fondo a viale Turati, la zona del vecchio Bersaglio. E' stato anche completamente cancellato un lungo tratto di via Stelvio, l'antica strada di circonvallazione della città, prima che nel 1932/1933 avvenisse lo "sfondamento" a lago, in zona Caviate.
Alessandro Rusconi, come quasi tutti gli assessori della sua Giunta, non si ripresenterà più al voto del giugno 1970, che rappresenterà l'avvio di una fase completamente nuova della vita politica cittadina e territoriale.
Per quanto riguarda il "sasso" fatto esplodere nel 1967, c'è da ricordare il servizio dell'inviato del quotidiano Il Giorno, il grande e compianto giornalista Marco Nozza, che scrisse: "Da stasera lo chiamano "sasso Rusconi" (dal nome del sindaco che si è battuto perché fosse distrutto), oppure "punta Orsini" (dal nome dell'ingegnere che lo ha distrutto). E forse entrerà a far parte del folclore lecchese, come la storia di un incubo finito bene. Nel mezzo della parete del San Martino, i nonni Duemila additeranno ai nipoti una specie di grossa radice senza dente: lì dentro (racconteranno) c'era una volta un dentone alto come una casa di cinque piani; minacciava di piombare su Lecco. Fu distrutto in soli sette secondi. Un amen. Accadde il 25 febbraio 1967, alle 11 meno un minuto. Era un sabato".
E' stato, ed è, proprio così.
Aloisio Bonfanti
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