Lecco: il profumo del kouglof di Alessandra fa scoprire la sua nonna, morta a Bergen Belsen
“Il profumo del kouglof di Carlotta” davanti alla pasticceria “Su misura” di via Cavour a Lecco. Anche se, a dirla tutta, tra le curate torte in vendita nella piccola pasticceria il kouglof proprio non c’è: è quasi un dolce “sacro”, riservato alle occasioni importanti e intime. Solo ieri mattina – sabato 1° giugno – è stata fatta un’eccezione.
Il kouglof è un dolce alsaziano: farina, burro, lievito di birra, latte, rum, uova, uva passa, zucchero e sale; poi, ciascuno ci mette il proprio tocco aggiungendovi qualcosa d’altro. Mandorle, per esempio. Sapori o profumi che a Carlotta ricordavano la propria terra d’origine con le lacerazioni della storia. Contesa com’è stata, l’Alsazia, tra Francia e Germania.
Quella di Charlotte Thomas è un’altra delle tante storie di donne rimaste a lungo dimenticate e che negli ultimi anni stanno tornando alla luce grazie alla tenacia dei ricercatori ma anche a internet che rende più facile accedere a una serie di fonti e quindi unire una serie di tasselli rimasti muti per molto tempo.
Proprio nel marzo di quest’anno, in via Odazio, nel quartiere milanese del Giambellino, dove Carlotta viveva con la famiglia (il marito Angelo e i figli Pietro e Angelina), è stata posata una pietra di inciampo, una delle 70mila posate in tutto Europa davanti all’ultimo indirizzo noto di un deportato mai tornato dai lager, progetto ideato nel 1999 dall’artista tedesco Gunter Demnig. Anche nella nostra città, si ricorderà, ne sono state posate tre: alla memoria di Pietro e Lino Ciceri ad Acquate e, proprio nei giorni scorsi, di Emma Casati a San Giovanni.
E’ stato in occasione delle celebrazioni del 25 aprile che la sezione dell’Anpi del Giambellino ha chiesto un intervento all’artista Ivana Menegardo del centro teatrale “I radbodmanti”, specializzato in letture sceniche e operativo a Milano da ormai settant’anni. Menegardo ha appunto scelto la figura di Charlotte Thomas restituendone la storia raccontata nei suoi passaggi più significativi e culminata con l’impegno nella Resistenza, nei Gruppi di difesa della donna e quindi nell’organizzazione delle agitazioni popolari che tra 1943 e 1945 videro proprio le donne in prima fila. Arrestata, appunto nel marzo 1944, l’itinerario lungo il quale si compì il destino di Carlotta fu lo stesso seguito dagli altri deportati: Bergamo, San Vittore e poi Brescia, quindi Bolzano, Mauthausen e Auschwitz.
Ne sono stati ricordati i momenti salienti ma anche certi dettagli struggenti, come quello di un nome inciso nel legno di un letto del campo di Mauthausen. Il lager era in origine un tradizionale campo di prigionia militare aperto dagli austriaci durante la prima guerra mondiale. Campo dal quale erano passati molti prigionieri italiani. Per esempio, un soldato che appunto aveva lasciato inciso il proprio nome: Angelo Bassis. Proprio lui, il marito di Carlotta: più anziano di lei di 13 anni, aveva partecipato alla prima guerra mondiale con l’esercito italiano ed era appunto finito a Mauthausen. Quel nome, Carlotta lo ritrovò oltre vent’anni dopo. Menegardo assicura che, per quanto incredibile, non si tratta di una licenza poetica, ma di un episodio reale raccolto da alcune testimonianze.
Così, la corte antistante il negozio è diventata una piccola scena teatrale dove Menegardo ha raccontato ai lecchesi la storia di Carlotta.
La lettura è stata introdotta dalla stessa Bassis e dagli interventi di Patrizia Milani dell’Anpi di Lecco e Ardemia Oriani dell’Anpi di Milano.
Oriani ha spiegato come di Carlotta, una dei 1.100 milanesi per la gran parte operai deportati dai nazifascisti, non si sapeva nulla fino a non molto tempo fa. Eppure fu una delle protagoniste della mobilitazione delle fabbriche tra il 1943 e il 1945, con il suo impegno in quei Gruppi di difesa della donna che nel capoluogo lombardo organizzarono circa settantamila donne. «E allora – ha aggiunto – parlare delle donne nella Resistenza, ci fa capire perché la Resistenza ha vinto. E perché nell’Assemblea Costituente furono elette 21 donne: non ci fossero state, la Costituzione che abbiamo sarebbe stata differente, in particolare quell’articolo 3 sull’uguaglianza che è stato voluto dalle donne».
L’incontro si è concluso con un piccolo rinfresco al quale non poteva mancare una fetta di quel kouglof di Carlotta uscito dall’intimità famigliare e che Alessandra Bassis ha voluto condividere con gli intervenuti.
Il kouglof è un dolce alsaziano: farina, burro, lievito di birra, latte, rum, uova, uva passa, zucchero e sale; poi, ciascuno ci mette il proprio tocco aggiungendovi qualcosa d’altro. Mandorle, per esempio. Sapori o profumi che a Carlotta ricordavano la propria terra d’origine con le lacerazioni della storia. Contesa com’è stata, l’Alsazia, tra Francia e Germania.
La Carlotta di cui parliamo in verità era Charlotte: Charlotte Thomas, nata francese e venuta stare a Milano, dopo avere sposato l’italiano Angelo Bassis. Sarta, nel 1941 entrò a lavorare alla Fratelli Borletti e nel 1943 venne arrestata e licenziata per la sua partecipazione ai primi scioperi contro la guerra. E l’anno successivo, nel marzo 1944, in occasione di quella nuova serie di agitazioni operaie che ebbero rilevanza anche a Lecco, Charlotte venne nuovamente arrestata e, come gli altri operai catturati in quell’occasione dai nazifascisti, venne deportata per morire poi di tifo a Bergen Belsen probabilmente il 10 aprile 1945.
Quella di Charlotte Thomas è un’altra delle tante storie di donne rimaste a lungo dimenticate e che negli ultimi anni stanno tornando alla luce grazie alla tenacia dei ricercatori ma anche a internet che rende più facile accedere a una serie di fonti e quindi unire una serie di tasselli rimasti muti per molto tempo.
E’ stato in occasione delle celebrazioni del 25 aprile che la sezione dell’Anpi del Giambellino ha chiesto un intervento all’artista Ivana Menegardo del centro teatrale “I radbodmanti”, specializzato in letture sceniche e operativo a Milano da ormai settant’anni. Menegardo ha appunto scelto la figura di Charlotte Thomas restituendone la storia raccontata nei suoi passaggi più significativi e culminata con l’impegno nella Resistenza, nei Gruppi di difesa della donna e quindi nell’organizzazione delle agitazioni popolari che tra 1943 e 1945 videro proprio le donne in prima fila. Arrestata, appunto nel marzo 1944, l’itinerario lungo il quale si compì il destino di Carlotta fu lo stesso seguito dagli altri deportati: Bergamo, San Vittore e poi Brescia, quindi Bolzano, Mauthausen e Auschwitz.
Ne sono stati ricordati i momenti salienti ma anche certi dettagli struggenti, come quello di un nome inciso nel legno di un letto del campo di Mauthausen. Il lager era in origine un tradizionale campo di prigionia militare aperto dagli austriaci durante la prima guerra mondiale. Campo dal quale erano passati molti prigionieri italiani. Per esempio, un soldato che appunto aveva lasciato inciso il proprio nome: Angelo Bassis. Proprio lui, il marito di Carlotta: più anziano di lei di 13 anni, aveva partecipato alla prima guerra mondiale con l’esercito italiano ed era appunto finito a Mauthausen. Quel nome, Carlotta lo ritrovò oltre vent’anni dopo. Menegardo assicura che, per quanto incredibile, non si tratta di una licenza poetica, ma di un episodio reale raccolto da alcune testimonianze.
Dopo la ribalta milanese, la lettura scenica ha ora avuto una replica lecchese su iniziativa dell’Anpi (le sezioni milanese del Giambellino e quella lecchese) e dell’Udi (l’Unione delle donne d’Italia), ma soprattutto di Alessandra Bassis, origini milanesi ma residente nell’Erbese, che è una delle due contitolari della pasticceria “Su misura”, aperta dodici anni fa in città. Ed è – si sarà capito – nipote di Carlotta, la nonna Carlotta. Per ricordare la quale, Alessandra prepara il kouglof solo per il pranzo natalizio in famiglia.
Così, la corte antistante il negozio è diventata una piccola scena teatrale dove Menegardo ha raccontato ai lecchesi la storia di Carlotta.
La lettura è stata introdotta dalla stessa Bassis e dagli interventi di Patrizia Milani dell’Anpi di Lecco e Ardemia Oriani dell’Anpi di Milano.
Milani ha sottolineato l’importanza del ruolo delle donne nella Resistenza troppo a lungo trascurato e al quale negli ultimi anni è stato finalmente restituito valore. Ricordando, inoltre, la recente posa della pietra di inciampo in memoria di Emma Casati che con Carlotta Thomas ha condiviso il tragico destino, ha ripreso le parole di una studentessa: quella pietra di inciampo simboleggia il ritorno a casa di Emma. Come per Carlotta. L’una e l’altra come tutte le altre donne che hanno lottato in quegli anni terribili ci debbono rendere responsabili, perché è grazie a loro se noi donne abbiamo conquistato il diritto di voto ed è ciò che dobbiamo ricordare a ogni appuntamento elettorale.
Oriani ha spiegato come di Carlotta, una dei 1.100 milanesi per la gran parte operai deportati dai nazifascisti, non si sapeva nulla fino a non molto tempo fa. Eppure fu una delle protagoniste della mobilitazione delle fabbriche tra il 1943 e il 1945, con il suo impegno in quei Gruppi di difesa della donna che nel capoluogo lombardo organizzarono circa settantamila donne. «E allora – ha aggiunto – parlare delle donne nella Resistenza, ci fa capire perché la Resistenza ha vinto. E perché nell’Assemblea Costituente furono elette 21 donne: non ci fossero state, la Costituzione che abbiamo sarebbe stata differente, in particolare quell’articolo 3 sull’uguaglianza che è stato voluto dalle donne».
L’incontro si è concluso con un piccolo rinfresco al quale non poteva mancare una fetta di quel kouglof di Carlotta uscito dall’intimità famigliare e che Alessandra Bassis ha voluto condividere con gli intervenuti.
D.C.