Rancio: 'da oggi vivo per te', in tantissimi per l'addio a Silvia
Più grande di quella di Bonacina, comunque ancora troppo piccola per mettere a sedere tutti i tanti, tantissimi, intervenuti. Ma soprattutto intitolata – come le altre attorno – dalla Madonna: la chiesa di Santa Maria Gloriosa in Rancio (Basso) ha ospitato nel pomeriggio odierno l'ultimo saluto a Silvia Brambilla, la 26enne lecchese mancata martedì mattina all'alba quando l'auto condotta dal papà Massimo ha impattato dapprima contro un camion in panne sull'asse interurbano a Trevolo, nella bergamasca, poi contro lo spartitraffico in cemento, posto a separazione delle due carreggiate di quell'arteria a scorrimento veloce imboccata per raggiungere l'aeroporto di Orio al Serio.
E alla dedicazione dell'edificio ospitante e di quelli che attorniano i luoghi di vita della famiglia Brambilla ha fatto riferimento don Claudio Maggioni, chiamato al non facile compito di presiedere il rito funebre, affiancato all'altare da altri cinque sacerdoti, a cominciare da don Carlo Gerosa e don Marco Tenderini.
“Stiamo in questo abbraccio” l'invito dunque di don Claudio a tutti i presenti, a cominciare da papà Massimo che, ancora livido in volto e dolorante per le conseguenze dell'incidente dell'altro giorno, ha voluto essere presente, accanto alla moglie Laura e alla altre due figlie Chiara e Martina.
“Indugiamo a stare sotto il manto di Maria” la preghiera ribadita. “A noi sarà data vita per abitare questo abbraccio” ha aggiunto ancora, toccando poi anche il tema della sofferenza di chi resta e si trova a fare i conti con la domanda “perché lei e non noi”, per poi tratteggiare Silvia come una ragazza “irrequieta e affamata di vita: il suo essere vivace e saltellante è per noi buona notizia che nemmeno la morte cancella”, la chiosa, sempre in riferimento alle Letture della giorno.
E che Silvia fosse abituata a vivere appieno ogni giorno, lo ha ricordato poi anche una delle sorelle, ammettendo di aver voluto sperimentare con lei ogni volta cose nuove, considerando il tempo passato insieme come un regalo, quasi come se entrambe sapessero già che sarebbe stato poco. “Non riesco a provare rabbia”. Eppure il “silenzio è assordante”. Consola l'amore, quello che unisce i loro genitori, quello che ha unito i cinque elementi della famiglia. “Ti amo Silvi, da oggi vivo per te”. E allo stesso sentimento ha fatto riferimento una cugina: “mi aggrappo – ha detto – alla speranza viva che tu sia abbracciata da un amore più alto”.
Al termine della funzione, “la passerella finale - come l'ha definita uno zio rivolgendosi direttamente a Silvia – tra due ali di folla a cui hai dato tanto”.
E alla dedicazione dell'edificio ospitante e di quelli che attorniano i luoghi di vita della famiglia Brambilla ha fatto riferimento don Claudio Maggioni, chiamato al non facile compito di presiedere il rito funebre, affiancato all'altare da altri cinque sacerdoti, a cominciare da don Carlo Gerosa e don Marco Tenderini.
Tutte chiese, ha fatto notare, intitolate alla Madonna e così, nell'ultimo giorno del mese di maggio, quello in cui si celebra la festa della visitazione di Maria a Santa Elisabetta, impossibile per il responsabile della responsabile della Comunità Pastorale Beati Giovanni Mazzucconi e Luigi Monza non avvertire “l'abbraccio ampio” della Vergine, un abbraccio “da cui non si può sfuggire”.
“Stiamo in questo abbraccio” l'invito dunque di don Claudio a tutti i presenti, a cominciare da papà Massimo che, ancora livido in volto e dolorante per le conseguenze dell'incidente dell'altro giorno, ha voluto essere presente, accanto alla moglie Laura e alla altre due figlie Chiara e Martina.
“Indugiamo a stare sotto il manto di Maria” la preghiera ribadita. “A noi sarà data vita per abitare questo abbraccio” ha aggiunto ancora, toccando poi anche il tema della sofferenza di chi resta e si trova a fare i conti con la domanda “perché lei e non noi”, per poi tratteggiare Silvia come una ragazza “irrequieta e affamata di vita: il suo essere vivace e saltellante è per noi buona notizia che nemmeno la morte cancella”, la chiosa, sempre in riferimento alle Letture della giorno.
E che Silvia fosse abituata a vivere appieno ogni giorno, lo ha ricordato poi anche una delle sorelle, ammettendo di aver voluto sperimentare con lei ogni volta cose nuove, considerando il tempo passato insieme come un regalo, quasi come se entrambe sapessero già che sarebbe stato poco. “Non riesco a provare rabbia”. Eppure il “silenzio è assordante”. Consola l'amore, quello che unisce i loro genitori, quello che ha unito i cinque elementi della famiglia. “Ti amo Silvi, da oggi vivo per te”. E allo stesso sentimento ha fatto riferimento una cugina: “mi aggrappo – ha detto – alla speranza viva che tu sia abbracciata da un amore più alto”.
Al termine della funzione, “la passerella finale - come l'ha definita uno zio rivolgendosi direttamente a Silvia – tra due ali di folla a cui hai dato tanto”.