'Liberi di scegliere': premiate le classi vincitrici del premio Paolo Cereda
Cinque scuole premiate per la sesta edizione del Premio istituito alla memoria di Paolo Cereda, figura di primo piano dell’associazionismo lecchese e referente dell’associazione Libera ormai da anni punto di riferimento della lotta alla mafia, scomparso improvvisamente all’età di 54 anni nel 2017.
Il Premio è promosso in collaborazione dalla stessa associazione Libera, dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese e da quest’anno anche dal Fondo Paolo Cereda, appena istituito per raccogliere risorse da destinare a progetti «contro il radicamento se non la colonizzazione mafiosa del nostro territorio, perché non si può più parlare solo di infiltrazione», come ha spiegato Alberto Bonacina.
La cerimonia di consegna dei premi, nel pomeriggio di oggi (27 maggio), è stata ospitata dall’Istituto Maria Ausiliatrice nel rione lecchese di Olate. Sono intervenuti, oltre a Bonacina e Lorenzo Frigerio per Libera, anche la presidente della Fondazione comunitaria Maria Grazia Nasazzi; i figli di Paolo Cereda, Luca e Silvia; il presidente del consiglio comunale lecchese e vicepresidente nazionale di “Avviso pubblico”, l’associazione tra amministratori pubblici impegnati nella battaglia della legalità, Roberto Nigriello; la rappresentante della Dirigenza scolastica provinciale Marina Ghislanzoni; il prefetto Sergio Pomponio.
Tema di quest’anno del Premio era “Liberi di scegliere”, ispirato al protocollo avviato a Reggio Calabria dal magistrato Roberto Di Bella e dal Tribunale dei minori per avviare un lavoro culturale nei confronti di quei ragazzi che nascono e crescono in famiglie mafiose e per i quali il rischio di continuare lungo certi percorsi è più che evidente, progetto nato appunto in Calabria e poi esteso in tutta Italia e che vede le donne, le madri, protagoniste di quella che è stata definita una vera e propria rivoluzione culturale. Al concorso hanno partecipato 22 classi della nostra provincia, nove di scuole medie inferiori e 13 di scuole superiori. Nel corso dell’anno scolastico è stato sviluppato un percorso formativo con l’intervento nelle scuole don Giorgio De Checchi che ha aiutato gli studenti ad approfondire il protocollo “calabrese”, con la testimonianza di Alfonso Gallico e indicando libri e film.
I lavori delle classi sono stati selezionati da una giuria composta da Luca Cereda, Lorenzo Frigerio, Ida De Gregorio e Stefano Vassena. La scelta è caduta sui progetti di due classi delle medie inferiori e tre delle superiori.
Per le medie inferiori, il riconoscimento è andato alla classe Terza D dell’Istituto comprensivo di Molteno coordinata dalla professoressa Lorenza Corti e alla classe Terza D dell’Istituto comprensivo di Calolziocorte coordinata dalla professoressa Annamaria Spanò.
I ragazzi di Molteno sono partiti della lettura di un libro, “O mae’. Storia di judo e di gomorra” scritto dal giornalista Roberto Garlando e ambientato a Scampia, uno dei quartieri napoletani dominati dalla camorra. Dal libro hanno realizzato uno spettacolo teatrale, dopo di che hanno partecipato a una serie di incontri di approfondimento.
Gli studenti di Calolziocorte, invece si sono concentrati sulle figure di due donne in prima fila nella lotta alla mafia: Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce, entrambe nate in famiglie mafiose e che si sono ribellate a un destino segnato collaborando con la giustizia; la prima è stata uccisa nel 2011, la seconda vive sotto falso in una località protetta.
Sulle storie parallele delle due donne, è stato realizzato un “kamishibai”, una sorta di teatrino di narrazione con immagini appartenente a una tradizione giapponese che mette radici nel XII secolo.
Per le scuole superiori, i premi sono invece andati alla classe 2 E del liceo scientifico Agnesi di Merate coordinata dalla professoressa Elisabetta Cammisa; alla classe 3 AFM dell’istituto Maria Ausiliatrice di Lecco coordinata dalla professoressa Angela Grasso e alla classe 4 B del corso professionale dell’istituto tecnico Parini di Lecco coordinata dalla professoressa Carmen Greco.
Gli studenti meratesi hanno realizzato un video proprio ispirandosi al libro “Liberi di scegliere” scegliendo poi il titolo (“Il fresco profumo della libertà”) da un intervento del magistrato Paolo Borsellino, ucciso in un attentato mafioso nel 1992.
La classe dell’Ausiliatrice ha invece preso le mosse dai pregiudizi proprio nei confronti delle persone provenienti da zone a grande densità mafiosa e, dopo alcuni incontri e una raccolta di testimonianze, hanno realizzato un sito internet e avviato una sorta di campagna promozionale con tanto di spot proprio per combattere i pregiudizi.
Infine, i ragazzi del “Parini” hanno realizzato un video interpretato soltanto da mani che disegnano raccontando la storia di Vincenzo, uno dei giovani della cooperativa “La Paranza”, l’associazione avviata ormai vent’anni fa da don Antonio Loffredo nel rione Sanità di Napoli proprio per offrire ai giovani sbocchi differenti dalla criminalità. La cooperativa oggi dà lavoro a una sessantina di persone e si occupa di valorizzare il patrimonio culturale.
A proposito di temi e titoli del Premio Cereda, è stata Nasazzi a sottolineare come “Liberi di scegliere” ha un senso perché vale per tutti e non soltanto per chi vive in certi territori e il protagonismo è legato alle scelte di ogni giorno: il Premio ha contribuito a rendere popolare un tema che non è popolare. Nigriello ha ricordato come nel dicembre scorso il Comune di Lecco abbia onorato la memoria di Paolo Cereda con l’assegnazione della benemerenza civica e ha poi ricordato come in occasione delle elezioni europee del prossimo 9 e 10 giugno, l’associazione “Avviso pubblico” abbia inviato a tutti i candidati un appello affinché inseriscano nei loro programmi punti contro la corruzione: «E’ importante scegliere, dire da che parte si sta. Per molti potrebbe dire niente, ma per chi crede in certi valori, significa dire da che parte si prendono i voti».Ghislanzoni ha sottolineato come la scuola sia mobilitata sulla sensibilizzazione contro la mafia, ricordando come soltanto la settimana scorsa siano stati ospiti tra Lecco e Oggiono per una serie di confronti coi giovani alcuni parenti di Peppino Impastato, il giornalista siciliano ucciso dalla mafia nel 1978, alla cui vicenda il regista Marco Tullio Giordana ha dedicato il celebre film “I cento passi”.Da parte sua, il prefetto Pomponio ha invece rilevato come le mafie siano ben presenti nel nostro territorio che pure sembra avere dei buoni anticorpi grazie a un associazionismo vivace e radicato. Ha comunque messo in guardia dal commettere l’errore di separare il concetto di illegalità generale da quello di illegalità mafiosa, sottovalutando il primo che da sottovalutare non è perché è proprio sottovalutandolo che si prepara il terreno di coltura per le organizzazioni criminali. Al pubblico di ragazzi giovanissimi, il prefetto ha posto l’esempio del bullismo che è mafia anche quella, perché il bullo ha bisogno di un pubblico che lo segue.
Frigerio ha parlato del Premio come di un modo per passare il testimone della lotta alla mafia di generazione in generazione in un lavoro costante per convincere le persone che la scelta criminale è quella sbagliata: è vero che può dare denaro facile ma porta alla morte o alla fine civile.Luca Cerda, che con la sorella Silvia ha consegnato gli attestati ai ragazzi, ha invece sottolineato come “Liberi di scegliere” sia stata l’occasione perché i ragazzi scrivessero la propria storia, guardassero ad altri ragazzi che vivono nelle zone “difficili” e, nel ricordare come i premi assegnati alle singole classi siano di mille euro ciascuna, ha aggiunto che è significativo sapere come quei soldi siano stati spesi, magari per una gita su quei luoghi di cui hanno sentito parlare ed essi stessi hanno studiato.
Infine, il professor Gabriele Ghelfi dell’Istituto Parini ha presentato il progetto al quale stanno lavorando gli studenti del corso professionale: un sito internet apposito che raccolga tutti i lavori selezionati nel corso delle edizioni del Premio Cereda.
Il Premio è promosso in collaborazione dalla stessa associazione Libera, dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese e da quest’anno anche dal Fondo Paolo Cereda, appena istituito per raccogliere risorse da destinare a progetti «contro il radicamento se non la colonizzazione mafiosa del nostro territorio, perché non si può più parlare solo di infiltrazione», come ha spiegato Alberto Bonacina.
La cerimonia di consegna dei premi, nel pomeriggio di oggi (27 maggio), è stata ospitata dall’Istituto Maria Ausiliatrice nel rione lecchese di Olate. Sono intervenuti, oltre a Bonacina e Lorenzo Frigerio per Libera, anche la presidente della Fondazione comunitaria Maria Grazia Nasazzi; i figli di Paolo Cereda, Luca e Silvia; il presidente del consiglio comunale lecchese e vicepresidente nazionale di “Avviso pubblico”, l’associazione tra amministratori pubblici impegnati nella battaglia della legalità, Roberto Nigriello; la rappresentante della Dirigenza scolastica provinciale Marina Ghislanzoni; il prefetto Sergio Pomponio.
Tema di quest’anno del Premio era “Liberi di scegliere”, ispirato al protocollo avviato a Reggio Calabria dal magistrato Roberto Di Bella e dal Tribunale dei minori per avviare un lavoro culturale nei confronti di quei ragazzi che nascono e crescono in famiglie mafiose e per i quali il rischio di continuare lungo certi percorsi è più che evidente, progetto nato appunto in Calabria e poi esteso in tutta Italia e che vede le donne, le madri, protagoniste di quella che è stata definita una vera e propria rivoluzione culturale. Al concorso hanno partecipato 22 classi della nostra provincia, nove di scuole medie inferiori e 13 di scuole superiori. Nel corso dell’anno scolastico è stato sviluppato un percorso formativo con l’intervento nelle scuole don Giorgio De Checchi che ha aiutato gli studenti ad approfondire il protocollo “calabrese”, con la testimonianza di Alfonso Gallico e indicando libri e film.
I lavori delle classi sono stati selezionati da una giuria composta da Luca Cereda, Lorenzo Frigerio, Ida De Gregorio e Stefano Vassena. La scelta è caduta sui progetti di due classi delle medie inferiori e tre delle superiori.
Per le medie inferiori, il riconoscimento è andato alla classe Terza D dell’Istituto comprensivo di Molteno coordinata dalla professoressa Lorenza Corti e alla classe Terza D dell’Istituto comprensivo di Calolziocorte coordinata dalla professoressa Annamaria Spanò.
I ragazzi di Molteno sono partiti della lettura di un libro, “O mae’. Storia di judo e di gomorra” scritto dal giornalista Roberto Garlando e ambientato a Scampia, uno dei quartieri napoletani dominati dalla camorra. Dal libro hanno realizzato uno spettacolo teatrale, dopo di che hanno partecipato a una serie di incontri di approfondimento.
Gli studenti di Calolziocorte, invece si sono concentrati sulle figure di due donne in prima fila nella lotta alla mafia: Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce, entrambe nate in famiglie mafiose e che si sono ribellate a un destino segnato collaborando con la giustizia; la prima è stata uccisa nel 2011, la seconda vive sotto falso in una località protetta.
Sulle storie parallele delle due donne, è stato realizzato un “kamishibai”, una sorta di teatrino di narrazione con immagini appartenente a una tradizione giapponese che mette radici nel XII secolo.
Per le scuole superiori, i premi sono invece andati alla classe 2 E del liceo scientifico Agnesi di Merate coordinata dalla professoressa Elisabetta Cammisa; alla classe 3 AFM dell’istituto Maria Ausiliatrice di Lecco coordinata dalla professoressa Angela Grasso e alla classe 4 B del corso professionale dell’istituto tecnico Parini di Lecco coordinata dalla professoressa Carmen Greco.
Gli studenti meratesi hanno realizzato un video proprio ispirandosi al libro “Liberi di scegliere” scegliendo poi il titolo (“Il fresco profumo della libertà”) da un intervento del magistrato Paolo Borsellino, ucciso in un attentato mafioso nel 1992.
La classe dell’Ausiliatrice ha invece preso le mosse dai pregiudizi proprio nei confronti delle persone provenienti da zone a grande densità mafiosa e, dopo alcuni incontri e una raccolta di testimonianze, hanno realizzato un sito internet e avviato una sorta di campagna promozionale con tanto di spot proprio per combattere i pregiudizi.
Infine, i ragazzi del “Parini” hanno realizzato un video interpretato soltanto da mani che disegnano raccontando la storia di Vincenzo, uno dei giovani della cooperativa “La Paranza”, l’associazione avviata ormai vent’anni fa da don Antonio Loffredo nel rione Sanità di Napoli proprio per offrire ai giovani sbocchi differenti dalla criminalità. La cooperativa oggi dà lavoro a una sessantina di persone e si occupa di valorizzare il patrimonio culturale.
A proposito di temi e titoli del Premio Cereda, è stata Nasazzi a sottolineare come “Liberi di scegliere” ha un senso perché vale per tutti e non soltanto per chi vive in certi territori e il protagonismo è legato alle scelte di ogni giorno: il Premio ha contribuito a rendere popolare un tema che non è popolare. Nigriello ha ricordato come nel dicembre scorso il Comune di Lecco abbia onorato la memoria di Paolo Cereda con l’assegnazione della benemerenza civica e ha poi ricordato come in occasione delle elezioni europee del prossimo 9 e 10 giugno, l’associazione “Avviso pubblico” abbia inviato a tutti i candidati un appello affinché inseriscano nei loro programmi punti contro la corruzione: «E’ importante scegliere, dire da che parte si sta. Per molti potrebbe dire niente, ma per chi crede in certi valori, significa dire da che parte si prendono i voti».Ghislanzoni ha sottolineato come la scuola sia mobilitata sulla sensibilizzazione contro la mafia, ricordando come soltanto la settimana scorsa siano stati ospiti tra Lecco e Oggiono per una serie di confronti coi giovani alcuni parenti di Peppino Impastato, il giornalista siciliano ucciso dalla mafia nel 1978, alla cui vicenda il regista Marco Tullio Giordana ha dedicato il celebre film “I cento passi”.Da parte sua, il prefetto Pomponio ha invece rilevato come le mafie siano ben presenti nel nostro territorio che pure sembra avere dei buoni anticorpi grazie a un associazionismo vivace e radicato. Ha comunque messo in guardia dal commettere l’errore di separare il concetto di illegalità generale da quello di illegalità mafiosa, sottovalutando il primo che da sottovalutare non è perché è proprio sottovalutandolo che si prepara il terreno di coltura per le organizzazioni criminali. Al pubblico di ragazzi giovanissimi, il prefetto ha posto l’esempio del bullismo che è mafia anche quella, perché il bullo ha bisogno di un pubblico che lo segue.
Frigerio ha parlato del Premio come di un modo per passare il testimone della lotta alla mafia di generazione in generazione in un lavoro costante per convincere le persone che la scelta criminale è quella sbagliata: è vero che può dare denaro facile ma porta alla morte o alla fine civile.Luca Cerda, che con la sorella Silvia ha consegnato gli attestati ai ragazzi, ha invece sottolineato come “Liberi di scegliere” sia stata l’occasione perché i ragazzi scrivessero la propria storia, guardassero ad altri ragazzi che vivono nelle zone “difficili” e, nel ricordare come i premi assegnati alle singole classi siano di mille euro ciascuna, ha aggiunto che è significativo sapere come quei soldi siano stati spesi, magari per una gita su quei luoghi di cui hanno sentito parlare ed essi stessi hanno studiato.
Infine, il professor Gabriele Ghelfi dell’Istituto Parini ha presentato il progetto al quale stanno lavorando gli studenti del corso professionale: un sito internet apposito che raccolga tutti i lavori selezionati nel corso delle edizioni del Premio Cereda.
D.C