Pasturo: tentò di rubare due teste d'angelo in chiesa, condannato

Il 15 giugno 2022, secondo l'impianto accusatorio, si era introdotto nella chiesa parrocchiale di Pasturo, provando ad asportare due teste d'angelo collocate su due colonne ai lati dell'altare, danneggiandone altresì una dopo averla "eradicata" dal supporto, fuggendo però poi a mani vuote. Per tale tentato furto, M.S., residente a Vaprio d'Adda, già gravato da "numerosi precedenti specifici" come asserito in Aula dal Carabiniere chiamato a testimoniare, è stato quest'oggi condannato dal giudice monocratico del tribunale di Lecco Paolo Salvatore ad un anno e 2 mesi (oltre al pagamento di una multa da 300 euro). 
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Determinante lo spirito d'osservazione di una donna: dalla finestra di casa ha infatti dapprima notato la presenza di una moto, parcheggiata in maniera non appropriata, dinnanzi alla chiesa; poi, sempre dalla sua abitazione, ha udito una sorta di tonfo provenire dall'interno dell'edificio sacro, notando infine un uomo uscire, con aria circospetta, infilare il casco e riparte in sella alla due ruote. 
Scesa a vedere, è stata sempre lei ad accorgersi del tentativo di "strappare" le teste d'angelo, avvisando prontamente il vicario don Antonio Fazzini, quest'oggi anch'egli escusso in Aula. 
Nello sporgere denuncia, il sacerdote aveva fornito la targa della moto annotata dalla parrocchiana, elemento che ha consentito di risalire all'odierno imputato, come spiegato dal militare della stazione di Introbio che, ricevuta la querela, ha dato seguito all'attività investigativa, accorgendosi altresì di come l'intestatario del mezzo notato a Pasturo fosse già stato segnalato dai colleghi di Monza specializzati nella tutela del patrimonio artistico quale soggetto con precedenti legati al furto o al danneggiamento di arredi sacri. 
Riconosciuto, in fotografia, anche dalla cittadina che lo aveva visto uscire dalla parrocchiale, l'uomo si è dunque trovato a giudizio, rappresentato - in sua assenza - dall'avvocato Viola Nazzareno, pronta a sottolineare come nel capo d'imputazione si faccia riferimento a un reato "in concorso", senza però addivenire all'individuazione di altri coinvolti, ritenendo improbabile che una persona sola - per giunta in moto e senza alcun strumento - potesse pensare di portare via le due teste d'angelo indicate quale "oggetto del desiderio" di chi ha compiuto l'incursione in chiesa. 
Non è bastato per "salvare" dalla condanna M.S., ritenuto colpevole, come da richiesta del vpo Caterina Scarselli, quest'oggi rappresentante in Aula della pubblica accusa.
A.M.
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