Baby Gang scrive dal carcere a Le Iene. 'Confesso di non capire più il sistema che toglie la libertà per una banalità simile'

“Credimi Nico, non è il carcere a farmi paura, sono già stato dentro e so di poter sopravvivere. A spaventarmi è il sistema. E' l'idea di essere marchiato a vita. E' la sensazione che vogliono impedirmi di splendere”. 
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Nicolò De Devitiis con Baby Gang in occasione della registrazione di altro servizio
Baby Gang scrive all'inviato de Le Iene Nicolò De Devitiis, lo stesso che lo aveva intervistato a Calolzio, alle case popolari di via Di Vittorio dove il trapper è cresciuto. Lo fa dalla casa circondariale di Busto Arsizio, dove è stato tradotto nei giorni scorsi dopo l'aggravamento della misura cautelare applicata a suo carico, disposto della Corte d'Appello di Milano. Per i giudici Zaccaria Mouhib avrebbe violato gli arresti domiciliari, pubblicando una serie di scatti sui social. In particolare avrebbe  "comunicato con un numero indeterminato di soggetti, pubblicando fotografie su Instagram, ove viene ritratto mentre impugna una pistola che punta verso l'obiettivo, ostentando il braccialetto elettronico". Un comportamento che, per le toghe, riveste un "carattere di gravità" e sarebbe indicativo "del pericolo concreto ed attuale di reiterazione di reati analoghi a quelli per cui" il trapper è imputato. 
Quelle comparse su Instagram – pubblicate dal manager che gestisce gli account social dell'artista – sono solo foto di scena, diffuse per promuovere il videoclip del nuovo singolo del trapper, girato da Baby Gang dopo aver chiesto e ottenute le necessarie autorizzazioni: questa la difesa del 22enne, ribadita anche nella lunga missiva fatta pervenire alla trasmissione Mediaset che ieri, in tarda serata, ha mandato dunque in onda un servizio (QUI la registrazione) in cui è stata data lettura – riproducendo con l'Intelligenza artificiale la voce dello stesso Zaccaria – del testo integrale, arricchendo la narrazione con un “riepilogo” del pregresso, soffermandosi in particolare sulla sparatoria dell'estate 2022, in zona corso Como a Milano, costata al giovanotto una condanna in primo grado a 5 anni e 2 mesi. Trasmesso anche il filmato di quell'episodio. E i fotogrammi del circuito di videosorveglianza sono serviti per “contestare” la ricostruzione dell'accaduto della pubblica accusa, sposata dai giudici, evidentemente, vista la pena irrogata al lecchese. Già ritenuto tra l'altro colpevole – e questo nel servizio non è stato detto – anche all'esito di altro processo per rapina (4 anni e 10 mesi la condanna, non ancora definitiva) e “sfilato” anche venerdì 3 maggio in Tribunale a Lecco, dove si sta celebrando altro procedimento a suo carico per “violazioni” riscontrate dalla Questura durante la registrazione di un video in Viale Turati. 
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La lettera scritta da Baby Gang e postata poi su Instagram dall'inviato de Le Iene
“Ti scrivo dalla mia cella, immerso nella penombra, circondato da quattro mura fradice, dopo che qualche giorno fa sono stato riportato dentro per qualcosa di cui non riesco a capacitarmi. In cella fa freddo, molto freddo, anche se  fuori è maggio. Non ho acqua calda e non dormo da giorni. Mi manca il respiro pure nell'ora d'aria. La prigione è un luogo a cui non ci si abitua mai. Qua dentro ogni giorno è uguale ma ogni volta è diversa. Queste stanze sono pervase da umidità e di disperazione. Spesso ti dimentichi persino chi sei e perché ti trovi dove ti trovi. Ma io no. Non dimentico per questo ho bisogno di te”. Inizia così il testo di Baby a  De Devitiis. “Ho bisogno che qualcuno di aiuti a accendere una luce su questa storia.  Perché prima di continuare devo fare una confessione. Sono colpevole. Colpevole di aver girato un videoclip per il mio nuovo singolo. Colpevole di aver chiesto e ottenuto tutte le autorizzazioni del caso e di averlo girato con un braccialetto elettronico alla caviglia.  Colpevole di aver fatto delle foto di scena durante le riprese. Colpevole di aver lasciato gestire i miei account social al mio manager che quelle foto le ha pubblicate. Perché se questo basta per essere stato sbattuto in galera non posso far altro che confessare. Confesso la mia sfiducia nella giustizia. Confesso di non capire più il sistema che toglie la libertà per una banalità simile. Confesso di essere incredulo e incazzato.  Vedi Nicolò, quando sento dire che il successo rende privilegiati mi viene da sorridere. Nel mio caso la notorietà ha scatenato attenzioni morbose e controlli (anche sui profili social) che non ci sarebbero mai stati nei confronti di una persona qualsiasi. Soprattutto mi sento ingannato, perché prima mi hanno dato l'ok a girare quel video e poi mi hanno messo in carcere per averlo fatto pubblicare. Non lo trovi assurdo? Quale artista realizzerebbe un video musicale senza poterlo condividere con il pubblico?  Tutto perché i giudici non condividono i miei testi e non gli è gradita la mia immagine. E dimenticano che io sono un rapper e canto quello che questo genere di musica ha sempre rappresentato. Non ho mai preteso di essere un modello per nessuno. Se mi sono trovato ad esserlo non l'ho mai cercato, anche perché nella vita ho commesso molti errori. Ma non questa volta. Da giorni convivo con il dubbio che la mia carriera possa essere compromessa ma anche con la certezza che finché avrò voce continuerò a fare quello che faccio. A scrivere quello che sento.  Credimi Nico, non è il carcere a farmi paura, sono già stato dentro e so di poter sopravvivere. A spaventarmi è il sistema. E' l'idea di essere marchiato a vita. E' la sensazione che vogliono impedirmi di splendere. Io non sono un pericolo per la società, ma ho sempre paura che questa società sia un pericolo per me. Adesso, però, ho deciso di ribellarmi a tutto questo. Di urlare al mondo le mie ragioni. Ho iniziato uno sciopero della fame e lo porterò avanti fino a quando non si placherà la mia sete di giustizia.  Il prossimo 26/06/2024 compirò 23 anni e sono sette anni che “festeggio” il mio compleanno coi miei compagni di detenzione. Spero che questa volta potrò farlo con la mia famiglia. Per favore fai sentire la mia voce al di fuori di queste quattro mura in cui mi sento sepolto vivo”.
Basterà per far cambiare idea a giudici?
A.M.
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