Lecco: La Fontana pubblica la raccolta 'L'incanto della natura'
Il poeta Giuseppe La Fontana, lecchese di adozione, arrivato sulle rive del Lario manzoniano, all’ombra del Resegone, da Terranova da Sibari nel lontano 1955, ha superato abbondantemente un altro traguardo delle sue composizioni poetiche. Sono a tutt’oggi 1.085. Alcune delle ultime vengono raccolte nella sua recentissima pubblicazione “L’incanto della natura”. Nella prefazione l’autore sottolinea: “Ed ecco, allora, la mente, colta da delirio poetico spazia, si dilata, abbraccia incantati orizzonti, ondulati monti che declinando sfiorano del mar le onde. Ai primi riverberi dell’aurora si inebria della fragranza della natura fino allo stordimento dei sensi, al raggiungimento di una quiete interiore che culla l’anima...”. Nelle composizioni della nuova fatica di Giuseppe La Fontana spiccano le poesie che muovono da “Sotto il cielo di Calabria” per risalire la Penisola sino a “Tramonto sul Lario”, ed ancora “Lassù sui Piani d’Erna”, “Lario lucente”, “Su monte Albano”, per concludere con un “Gaudemus” che l’autore sottolinea con “incantarmi col suono della tua voce”.
Il poeta La Fontana affida, poi, alla “Luna che brilli in ciel” un ruolo particolare di osservatore, evidenziando: “dimmi, ausonia Luna, cosa vedi, nel tuo eterno andar, fra le svettanti cime del Resegone? Tu, peregrinando nel notturno silenzio, con argentei riflessi carezzi i digradanti balzi del Coltignone e non ti curi dei tormenti, degli affanni, degli amanti … Mille cose tu conosci e mille ancor ne scopri che son celati agli altri, ma non ai tuoi raggi”. Nella composizione poetica “Lassù sui Piani d’Erna” c’è una rievocazione nostalgica “dei miei amati luoghi, quelli che giovanetto mi accolsero or rimembro, il Crati, il Dolcedorme, lo Jonio Mar, l’Adda, il Coltignone, il Gerenzone, che spumeggiando sfiora la mia dimora … Lassù sui Piani d’Erna una campana d’una chiesetta alpina fa eco al canto d’un usignolo col suon serale eterno dell’Ave Maria”.
Nella recentissima raccolta di poesie Giuseppe La Fontana si sofferma su “Semplice e graziosa era la donna mia, quando ella giuliva discendeva da aulenti colli con un serto di viole onde ornar la sua fronte. Aveva per diademi petali di calicanto, per monili gemme di rugiada, per manto fronde di amaranto”.
E, nella parte finale, il poeta affonda “Nella mente” con il richiamo alla terra natia, quando “vo’ pensando ai felici momenti quando adolescente miravo del mar le sponde, del Dolcedorme i declivi, della Sila i liquidi pianori riflettenti oblianti stelle. Ancor sento, portato dal vento, il fruscio delle onde lungo le sponde”. Sponde lontane nella geografia, ma presenti nel cuore, nella memoria, nei sentimenti dell’autore che nel finale sottolinea anche, in un’altra composizione poetica: “Talor ascoltando il fremito di farfalle sento il tuo canto fra fonde di calicanto … Tanto mi piacque quell’aereo poggio che da allor sempre mi ritrovo a deliziar i sensi con il tuo canto”. Un canto che si prolunga nelle poesie di Giuseppe La Fontana, ormai abbondantemente oltre la fatidica quota 1.000. Guarda caso, quanti erano i garibaldini di una spedizione storica e leggendaria tornata alla ribalta ed alla memoria dei contemporanei con le rievocazioni recenti del noto storico Aldo Cazzullo, su La7.
Il poeta La Fontana affida, poi, alla “Luna che brilli in ciel” un ruolo particolare di osservatore, evidenziando: “dimmi, ausonia Luna, cosa vedi, nel tuo eterno andar, fra le svettanti cime del Resegone? Tu, peregrinando nel notturno silenzio, con argentei riflessi carezzi i digradanti balzi del Coltignone e non ti curi dei tormenti, degli affanni, degli amanti … Mille cose tu conosci e mille ancor ne scopri che son celati agli altri, ma non ai tuoi raggi”. Nella composizione poetica “Lassù sui Piani d’Erna” c’è una rievocazione nostalgica “dei miei amati luoghi, quelli che giovanetto mi accolsero or rimembro, il Crati, il Dolcedorme, lo Jonio Mar, l’Adda, il Coltignone, il Gerenzone, che spumeggiando sfiora la mia dimora … Lassù sui Piani d’Erna una campana d’una chiesetta alpina fa eco al canto d’un usignolo col suon serale eterno dell’Ave Maria”.
Nella recentissima raccolta di poesie Giuseppe La Fontana si sofferma su “Semplice e graziosa era la donna mia, quando ella giuliva discendeva da aulenti colli con un serto di viole onde ornar la sua fronte. Aveva per diademi petali di calicanto, per monili gemme di rugiada, per manto fronde di amaranto”.
E, nella parte finale, il poeta affonda “Nella mente” con il richiamo alla terra natia, quando “vo’ pensando ai felici momenti quando adolescente miravo del mar le sponde, del Dolcedorme i declivi, della Sila i liquidi pianori riflettenti oblianti stelle. Ancor sento, portato dal vento, il fruscio delle onde lungo le sponde”. Sponde lontane nella geografia, ma presenti nel cuore, nella memoria, nei sentimenti dell’autore che nel finale sottolinea anche, in un’altra composizione poetica: “Talor ascoltando il fremito di farfalle sento il tuo canto fra fonde di calicanto … Tanto mi piacque quell’aereo poggio che da allor sempre mi ritrovo a deliziar i sensi con il tuo canto”. Un canto che si prolunga nelle poesie di Giuseppe La Fontana, ormai abbondantemente oltre la fatidica quota 1.000. Guarda caso, quanti erano i garibaldini di una spedizione storica e leggendaria tornata alla ribalta ed alla memoria dei contemporanei con le rievocazioni recenti del noto storico Aldo Cazzullo, su La7.
A.B.