Calolzio, omicidio in stazione: inizia il processo. A giudizio per maltrattamenti anche i genitori della vittima
Si aprirà la prossima settimana, al cospetto della Corte d'Assise di Como - competente anche per la provincia di Lecco - il procedimento penale a carico di Haruna Guebre, il 25enne, originario del Burkina Faso, accusato di aver assassinato a sangue freddo il connazionale Malcolm Mazou Darga lo scorso 30 agosto sulla banchina tra i binario 2 e 3 della stazione ferroviaria di Calolziocorte.
Per futili motivi, stando all'impianto accusatorio, l'imputato quel pomeriggio dopo aver raggiunto il conoscente presso lo scalo ferroviario di Calolzio - paese dove la vittima viveva da poco, a seguito del trasferimento da Airuno - avrebbe sferrando al suo indirizzo almeno un paio di coltellate, all'altezza del femore e del petto, risultate poi fatali.
Allontanatosi dai binari, lasciando il 23enne in una pozza di sangue, Haruna Guebre, operaio in un'azienda di Calolzio, era stato poi rintracciato l'indomani a casa della fidanzata a Oggiono, dove si era rifugiato (e dove poi è stato rinvenuto anche dell'hashish oltre a 4.300 euro). E' ancora detenuto in carcere a Monza, in attesa della celebrazione del processo che, come anticipato, si aprirà la prossima settimana.
Giovedì mattina, nel frattempo, a risuonare in un'Aula di Tribunale, è stato il nome della vittima. A Lecco, dinnanzi al collegio giudicante presieduto dal dottor Paolo Salvatore (a latere i colleghi Martina Beggio e Gianluca Piantadosi), si è tenuta infatti la prima udienza di un procedimento – poi aggiornato a fine settembre - per maltrattamenti in famiglia a carico dei genitori di Malcolm Mazou Darga. Padre e madre del ragazzo, assistiti entrambi dall'avvocato Giulia Facchini, sostituita dal collega Massimiliano Vivenzio, sono accusati di aver usato violenza, in più occasioni, in un ampio arco temporale, tra il 2013 e il 2017, sul figlio. Con l'accordo delle parti, l'intero fascicolo del pubblico ministero è stato prodotto agli atti, chiedendo però l'escussione dell'educatore “testimone” delle uniche (presunte) lesioni riportate dal ragazzino di cui vi è traccia. Il professionista potrà anche tratteggiare la personalità della vittima, un adolescente – al tempo in cui sono emersi i fatti oggetto del procedimento – di difficile gestione, con una serie di problematiche comportamentali che avrebbero spinto i famigliari – e in particolare il padre, figura di riferimento in casa e persona particolarmente religiosa – nella versione difensiva, a mettere in atto condotte, magari anche decise, per tentare di “recuperarlo”. Nell'interesse di quel figlio, poi purtroppo morto decisamente troppo presto e in circostanze drammatiche.
Il giovane - assistito dagli avvocati Marilena e Ilaria Guglielmana - dopo aver scelto la linea del silenzio rifiutandosi di rispondere, in sede di interrogatorio di garanzia, al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecco, alla chiusura dell'inchiesta a suo carico ha optato per non chiedere l'abbreviato, affrontando così il dibattimento al cospetto di una giuria mista, con giudici dunque togati e giudici popolari chiamati a vagliare le prove introdotte dalla pubblica accusa, sostenuta dal sostituto procuratore Chiara Di Francesco, titolare del fascicolo, nonché dai suoi legali, convinti, forse, di poter alleggerire una posizione evidentemente pesante.
Per futili motivi, stando all'impianto accusatorio, l'imputato quel pomeriggio dopo aver raggiunto il conoscente presso lo scalo ferroviario di Calolzio - paese dove la vittima viveva da poco, a seguito del trasferimento da Airuno - avrebbe sferrando al suo indirizzo almeno un paio di coltellate, all'altezza del femore e del petto, risultate poi fatali.
Allontanatosi dai binari, lasciando il 23enne in una pozza di sangue, Haruna Guebre, operaio in un'azienda di Calolzio, era stato poi rintracciato l'indomani a casa della fidanzata a Oggiono, dove si era rifugiato (e dove poi è stato rinvenuto anche dell'hashish oltre a 4.300 euro). E' ancora detenuto in carcere a Monza, in attesa della celebrazione del processo che, come anticipato, si aprirà la prossima settimana.
Giovedì mattina, nel frattempo, a risuonare in un'Aula di Tribunale, è stato il nome della vittima. A Lecco, dinnanzi al collegio giudicante presieduto dal dottor Paolo Salvatore (a latere i colleghi Martina Beggio e Gianluca Piantadosi), si è tenuta infatti la prima udienza di un procedimento – poi aggiornato a fine settembre - per maltrattamenti in famiglia a carico dei genitori di Malcolm Mazou Darga. Padre e madre del ragazzo, assistiti entrambi dall'avvocato Giulia Facchini, sostituita dal collega Massimiliano Vivenzio, sono accusati di aver usato violenza, in più occasioni, in un ampio arco temporale, tra il 2013 e il 2017, sul figlio. Con l'accordo delle parti, l'intero fascicolo del pubblico ministero è stato prodotto agli atti, chiedendo però l'escussione dell'educatore “testimone” delle uniche (presunte) lesioni riportate dal ragazzino di cui vi è traccia. Il professionista potrà anche tratteggiare la personalità della vittima, un adolescente – al tempo in cui sono emersi i fatti oggetto del procedimento – di difficile gestione, con una serie di problematiche comportamentali che avrebbero spinto i famigliari – e in particolare il padre, figura di riferimento in casa e persona particolarmente religiosa – nella versione difensiva, a mettere in atto condotte, magari anche decise, per tentare di “recuperarlo”. Nell'interesse di quel figlio, poi purtroppo morto decisamente troppo presto e in circostanze drammatiche.
A.M.