Lecco: il papà ricorda l'ambasciatore Attanasio, alla veglia per i missionari martiri

Non era un missionario, ma un martire sì, anche se non rientra nel martirologio ufficiale della Chiesa: un testimone, dunque, per usare le parole del giornalista Gerolamo Fazzini che ha presentato la figura di Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo ucciso il 22 febbraio 2021 in agguato ancora avvolto da molti misteri. 
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Luca Attanasio
Proprio il ricordo di Attanasio è stato il momento più intenso della Veglia per i missionari martiri organizzata dal Decanato di Lecco e tenutasi ieri sera nella basilica di San Nicolò. Presenti i genitori di Luca, il padre Antonio e la madre Alida. E proprio Antonio Attanasio ha ricordato la figura del figlio e il suo percorso, umano e di fede a cominciare dagli impegni giovanili all’oratorio di Limbiate, il paese della provincia monzese dove Luca è cresciuto. Poi, la frequentazione di Taizée, la comunità ecumenica francese fondata nel 1940 e punto di riferimento per generazioni di giovani: «Ci andava volentieri e tornava con un esercito di amici provenienti da tutto il mondo. Luca è cresciuto nell’alveo dei valori cristiani». 
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Alida e Antonio Attanasio

Dopo il liceo, l’Università, la Bocconi, laureato in quattro anni con il massimo dei voti: «Praticamente aveva già un lavoro. Era in una società di consulenza per uno stage ed era anche gratificato economicamente, ma evidentemente era un mondo che gli andava stretto. E un giorno ci ha detto che si sarebbe licenziato perché avrebbe tentato la carriera di diplomatico. Siamo rimasti un po’ scioccati, ma non l’abbiamo osteggiato; consigliato sì, ma non ostacolato. Fece un master e lo superò brillantemente e poi il concorso: la prima volta non lo superò per la scarsa conoscenza del francese. Non demorse: si mise a studiare e l’anno dopo andò bene».
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Nel 2003 cominciò così la carriera diplomatica: prima a Roma e poi in Marocco dove conobbe quella che sarebbe diventata sua moglie, Zakla Seddiki, sposata nel 2017, lo stesso anno in cui venne nominato ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo, un Paese grande sette volte l’Italia, ricco di risorse naturali che attirano gli appetiti di molti Paesi ed è proprio per questo «fin da quando si è resa indipendente dal Belgio (negli anni Sessanta, ndr)  è praticamente sempre stato in guerra, una guerra che ha fatto 10 milioni di morti, ma all’Occidente non interessa….». 
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Noialtri lecchesi, il Congo ex belga lo ricordiamo quando per quasi trent’anni, dal 1971 al 1997, si chiamava Zaire perché il 6 agosto 1995 fu teatro dell’eccidio di un gruppo di volontari dell’associazione “Mondo giusto”: vennero uccisi Luigi Cazzaniga, Michelangelo Lamberti, Tarcisio Cattaneo, Adelio Castiglioni e i suoi due figlioletti Roberta e Samuele. Scamparono per caso al massacro Flavio  Riva e Noelle Castiglioni (moglie di Adelio e madre dei due bambini) che restò paralizzata. Anche allora, i reali motivi dell’agguato non si conobbero mai.
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Il papà dell'ambasciatore con Gerolamo Fazzini
 
Proprio come accaduto per Luca Attanasio: «L’avevano nominato ambasciatore a 40 anni, quando di solito lo si diventa a 50 anni e più, perché considerato una persona pratica, concreta, in grado di risolvere i problemi. Era una sfida: i rapporti tra Congo e Italia erano ai minimi livelli, l’ambasciata era chiusa, c’erano molti problemi per gli italiani che abitavano laggiù, un migliaio di persone. E a lui piacevano le sfide. Il suo sogno era sempre stato di fare qualcosa per il suo Paese. Dopo circa sei mesi, le credibilità dell’ambasciata italiana era al top».
Da ambasciatore, Luca Attanasio non si è chiuso nella sede diplomatica. Ha ricordato Fazzini: «Aveva molta attenzione per il popolo congolese e per i missionari che operavano là. Luca ha visitato tutti i missionari italiani e si portava dietro i timbri per risparmiare loro il viaggio fino alla capitale, distante magari duemila chilometri, per un visto o un’altra pratica burocratica».
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«Lo stesso – ha continuato papà Antonio - ha fatto per le altre comunità italiane presenti nel Paese. E poi le iniziative per i bambini di strada spesso mandati nelle miniere a scavare a mani nude o arruolati in qualche formazione paramilitare e armati di kalashnikov. Con la moglie diede vita all’associazione “Mama Sofia” per avviare progetti di scolarizzazione, sanitari o per portare l’acqua nei villaggi. Lui sapeva di essere un privilegiato e metteva a disposizione di tutti questo suo privilegio. Quando arrivò in ambasciata trovò un cartello sul quale c’era scritto: “Il visto per l’Italia non è un diritto, ma un piacere”. Era un cartello che toglieva dignità alla popolazione del Congo. Lo fece togliere e aiutò molti giovani a venire in Italia per studiare. E con molti congolesi si è battuto per la pace soprattutto nel Nord Kivu».
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Fino appunto all’agguato del febbraio 2021, quando con Attanasio vennero uccisi anche il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista congolese Mustapha Milambo.
Una vicenda poco chiara, ha sottolineato Fazzini. «Di poco chiaro – ha ripreso il padre dell’ambasciatore – c’è tanto. La prima ipotesi fatta, quella di un tentato rapimento per estorsione, non regge. Hanno preso e condannato cinque poveracci. Condannati a morte. Poi, la moglie di Luca ha promosso una petizione, 30 mila firme, perché la pena di morte non era prevista da Luca. E così, la pena è stata tramutata in ergastolo. Ma chissà quali sono le responsabilità di quei cinque. Noi vogliamo capire esattamente cos’è successo. La Procura di Roma ha messo sotto inchiesta due funzionari dell’Onu, ma non ci potrà essere processo perché è stata opposta l’immunità diplomatica. La Procura ha fatto appello. Vedremo».
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Proprio all’associazione “Mama Sofia” è stata destinata una parte delle offerte raccolte nel corso della Veglia missionaria di ieri sera, presieduta da don Benvenuto Riva, parroco di Ballabio e Morterone, mentre il prevosto di Lecco don Davide Milano ha letto il brano del Vangelo. L’altra parte del denaro raccolto andrà al progetto “Accoglienza per giovani migranti a Ouijda” in Marocco.
Durante la funzione è anche stato letto l’elenco dei venti missionari uccisi nel corso del 2023 in varie parti del mondo e non solo in Africa e Asia, ma anche in America e in Europa, dal maliano don Jacques Yaro Zerbo morto in Burkina Faso il 2 gennaio alle palestinesi Samar Kamal Anton e Nahida Khalil Anton morte a Gaza il 16 dicembre. Per ognuno dei venti nomi letti sono stati deposti ai piedi dell’altare un lumino e un vasetto di fiori.
D.C.
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