Lecco: Gherardo Colombo presenta 'Anticostituzione'. 'Noi, la politica, la facciamo in quello che facciamo ogni giorno''

Una Costituzione riscritta secondo quel che avviene nella realtà con i principi costituzionali non solo non attuati ma in realtà rivisti e corretti.  Non solo per colpa di chi ha cariche pubbliche, ma anche dei singoli cittadini che trovano più comodo guardare e criticare e condannare le mancanze altrui anziché correggere le proprie. Come da tempo, con incontri pubblici e nelle scuole, va sostenendo Gherardo Colombo, ex magistrato conosciuto per il suo ruolo in quello che fu il pool di “Mani pulite”, l’inchiesta giudiziaria che cambiò la storia del nostro Paese negli ormai lontani anni Novanta. Un concetto che Colombo ha ulteriormente approfondito nel suo ultimo libro, appunto intitolato “Anticostituzione” (editore Garzanti) e che ha presentato ieri sera a Lecco in un incontro tenutosi in sala Ticozzi su iniziativa dell’Anpi, l’Associazione dei partigiani: “aggiornata” secondo consuetudini e sentire comune una sessantina dei 139 articoli che formano la legge fondamentale del nostro Stato.
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Gherardo Colombo

Dopo l’introduzione, per l’Anpi, della vicepresidente provinciale Patrizia Milani e di Franco Tosi, Colombo ha preso le mosse proprio dal primo articolo della carta costituzionale, quello della Repubblica fondata sul lavoro e che nella realtà è diventato «l’Italia è una Repubblica democratica, a tendenza monarchico-feudale, fondata sul lavoro e sulla rendita. La sovranità appartiene al popolo che tende a evitare di esercitarla per non essere chiamato a risponderne». 
E’ proprio su questo sottrarsi del popolo che l’ex magistrato ha innestato il proprio ragionamento: «Alle ultime elezioni regionali ha votato solo il 41% degli aventi diritto. Significa che il 59% degli elettori lombardi ha preferito non esercitare la sovranità o manifestare il dissenso con una scheda bianca o nulla, L’astensione si presta a una lettura equivoca, se invece nelle urne ci fossero stati tre milioni e mezzo di schede bianche e nulle avrebbero avuto un altro significato: avrebbero detto che oggi non ci piace nessuno, ma siamo pronti a votare per chi riterremo degno. Mentre l’astensione è un dire che non ce ne frega niente, che i governanti facciano quello che vogliono. E così per tante cose. E invece, anche se non ci piace nessuno dobbiamo fare lo sforzo di andare a votare». 
Del resto, quando è stata decisa la riduzione del numero di parlamentari, abbiamo assistito «all’esultanza di molte persone che per un piatto di lenticchie hanno rifiutato di essere rappresentato per il 39%» che è la percentuale corrispondente a deputati e senatori tagliati. «E che rappresenta un problema di rappresentanza delle minoranze. Nelle grandi città, magari non ce ne si accorge, ma nei piccoli paesi nasce il problema: ci sono borghi e vallate rimasti senza voce, che non sono più in grado di eleggere un proprio rappresentante».
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Anche una piccola modifica costituzionale avrebbe peraltro conseguenze di più ampio spettro: «I cambiamenti sono pericolosi perché rischiano di mettere discussione l’intera Costruzione».
Colombo si è dunque soffermato sullo spirito con cui i costituenti hanno redatto la Carta: «Perché è stata scritta così? A un certo punto si è deciso di rovesciare la maniera con cui era guidato il mondo. E cioè eliminare le discriminazioni: di genere, etnica, religiosa. E dire che siamo tutti uguali. Non era così prima. Non solo durante il fascismo, ma anche prima del fascismo. E prima ancora. E indietro, indietro, è sempre stato così. Perché questo rovesciamento? Chi ha scritto la Costituzione è stato sull’orlo del baratro: erano persone che avevano vissuto due guerre e che hanno visto la bomba atomica che ha cambiato il futuro. Prima non c’era. Hanno visto una bomba che ha distrutto un’intera città e ucciso tutti i suoi abitanti. E hanno visto l’uomo che, considerati gli effetti della prima bomba, ha deciso di lanciarne una seconda. Si sono dunque chiesti: “Come facciamo a salvarci?” La risposta è stata l’inclusione di tutti».
E se l’annunciata riforma del cosiddetto premierato stravolge la Costituzioni con i pesi e contrappesi che erano stati definiti, non è comunque da oggi che i principi cardine siano avversati: in realtà, lo furono da subito, ci sono voluti 26 anni perché nelle nostre leggi moglie e marito fossero equiparati, dieci anni perché le donne potessero entrare in magistratura e molti altri anni ancora perché potessero entrare in polizia o nei carabinieri. Molto per attuare la Costituzione fu fatto tra il 1970 e il 1975, poi ci siamo fermati e anzi siamo tornati anche indietro».
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Ma non stanno in questo tornare indietro le ragioni della disaffezione alla politica e alla partecipazione. Altre sono le cause prime: «Noi, la politica, la facciamo in quello che facciamo ogni giorno: nel lavoro, nella raccolta dei rifiuti, nella maniera di andare in giro. Il nostro modo ideale di passare il tempo è giudicare gli altri e naturalmente di condannarli: guarda come si veste quella, guarda come guidi… Ma se non li riconosciamo nella loro dignità uguale alla nostra, allora sì che facciamo la società verticale in cui quelli che stanno in cima fanno quello che vogliono. Sapete perché “Mani Pulite” è finita? Perché a un certo punto siamo andati a toccare la piccola corruzione, quella che riguarda i piccoli gesti di ogni giorno: l’infermiere che si fa pagare per avvisare di una morte un’impresa di pome funebri anziché un’altra, il vigile che va in un negozio e se ne esce con la borsa piena per evitare di controllare la bilancia, l’ispettore del lavoro che non controlla, il barista che offre il caffè al vigile o al poliziotto per evitare le multe alle auto dei clienti o perché sgomberino il mendicante… E’ la corruzione che riguarda tutti. E del resto, basta pensare all’evasione fiscale: l’idraulico o il dentista che non rilasciano fattura, il cliente che non la chiede per pagare meno. E se la sanità non funziona è anche perché si dice all’idraulico di non fare fattura, “a me non interessa”. Si dice che in Italia l’evasione fiscale ammonti a cento miliardi: sono cento miliardi sottratti alla sanità, alla scuola, alle strade, ai servizi. Non dobbiamo guardare solo gli altri, dobbiamo anche guardare a quello che noi facciamo ogni giorno».
D.C.
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