Lecco: in mostra le foto di Zapelli sul lavoro nelle città del mondo
Inaugurata ieri la mostra fotografica del lecchese Gianmaria Zapelli, allestita alla Torre Viscontea su iniziativa del gruppo locale di Rete Radié Resch. All’incontro di apertura tenutosi a Palazzo delle paure sono intervenuti, oltre allo stesso fotografo, la coordinatrice dell’associazione Manuela Lavelli, l’assessore alla Cultura Simona Piazza e l’ex direttrice dei musei Barbara Cattaneo.
La mostra è intitolata “Per strada: il lavoro dove passi”: si tratta di fotografie scattate per documentare «l’umanità tenace e straordinaria di chi lavora nelle città del mondo». Zapelli ha viaggiato in un centinaio di Paesi raccogliendo appunto immagini di quelle professioni di strada spesso improvvisate se non inventate per guadagnare i pochi soldi necessari alla sopravvivenza. Ci sono foto scattate in Angola, Bangladesh, India, Egitto, Colombia, Cuba, Etiopia, Aghanistan, Turchia, Congo e altri Paesi, ma anche in Italia a Palermo e a Catania.
«Non sono primi piani – ha spiegato lo stesso Zapelli – perché l’idea è che una persona è fatta dal contesto, dalle relazioni che intrattiene, dagli ambienti che frequenta». I soggetti di questa raccolta fotografica fanno parte di quella che viene definita la marginalità: «Persone che in tutta la loro vita magari non hanno mai abbandonato il quartiere dove sono nate, persone che non immaginano sia possibile viaggiare. Ma la cosa straordinaria è che ci sono molti sorrisi. Non voglio dire che siano felici, la felicità è una cosa del tutto personale. Ma in questo modo ho cercato di raccontare il mondo». Importante, non solo il momento dello scatto, ma anche la postproduzione: con un lavoro sul colore, non intenso, meno saturo per concentrare l’attenzione «su ciò che hanno da dire le persone».
Da parte sua, Lavelli ha riassunto l’attività di Rete Radié Resh, l’associazione fondata nel 1964 dal giornalista Ettore Masina con un prete operaio francese, dopo un’esperienza a Nazareth in occasione della visita di papa Paolo VI. Radié Resh era una bambina palestinese morta di polmonite: viveva con la famiglia in una grotta perché non c'erano case vere e proprie.
E la prima iniziativa dell’associazione fu proprio quella di promuovere la costruzione per le abitazioni di famiglie palestinesi. Poi gli interventi si sono allargati «con azioni a favore di comunità impoverite a causa del modello di sviluppo occidentale dominante. Le operazioni della Rete hanno un valore di restituzione, dando voce a chi non ce l’ha e sostegno economico a iniziative volute dalle comunità». Oggi l’associazione interviene in altri Paesi dell’Asia, in America latina e Africa.
«Proponiamo questa mostra – ha aggiunto – perché la solidarietà nasce dalla conoscenza. L'esposizione ci permette di avvicinarci a uomini e donne che resistono tutti i giorni a una vita di precarietà e che si sono organizzati con un lavoro sulla strada».
Collaterale alla rassegna, anche una serata musicale – in programma oggi (sabato 16 marzo) alle 21.00 nella chiesa di San Giuseppe al Caleotto - con il coro “Fermenti di pace” e dal titolo “Soy pan, soy paz”: canzoni di Mercedes Sosa e immagini di Mino Cerezo Barredo. La mostra resterà aperta fino al 7 aprile. Orari: giovedì dalle 10 alle 13; venerdì e sabato dalle 14 alle 18 e domenica dalle 10 alle 18 ad esclusione 31 marzo (Pasqua) ma con apertura straordinaria lunedì 1° aprile dalle 14 alle 18. Ingresso libero. Catalogo a offerta libera.
La mostra è intitolata “Per strada: il lavoro dove passi”: si tratta di fotografie scattate per documentare «l’umanità tenace e straordinaria di chi lavora nelle città del mondo». Zapelli ha viaggiato in un centinaio di Paesi raccogliendo appunto immagini di quelle professioni di strada spesso improvvisate se non inventate per guadagnare i pochi soldi necessari alla sopravvivenza. Ci sono foto scattate in Angola, Bangladesh, India, Egitto, Colombia, Cuba, Etiopia, Aghanistan, Turchia, Congo e altri Paesi, ma anche in Italia a Palermo e a Catania.
«Non sono primi piani – ha spiegato lo stesso Zapelli – perché l’idea è che una persona è fatta dal contesto, dalle relazioni che intrattiene, dagli ambienti che frequenta». I soggetti di questa raccolta fotografica fanno parte di quella che viene definita la marginalità: «Persone che in tutta la loro vita magari non hanno mai abbandonato il quartiere dove sono nate, persone che non immaginano sia possibile viaggiare. Ma la cosa straordinaria è che ci sono molti sorrisi. Non voglio dire che siano felici, la felicità è una cosa del tutto personale. Ma in questo modo ho cercato di raccontare il mondo». Importante, non solo il momento dello scatto, ma anche la postproduzione: con un lavoro sul colore, non intenso, meno saturo per concentrare l’attenzione «su ciò che hanno da dire le persone».
Da parte sua, Lavelli ha riassunto l’attività di Rete Radié Resh, l’associazione fondata nel 1964 dal giornalista Ettore Masina con un prete operaio francese, dopo un’esperienza a Nazareth in occasione della visita di papa Paolo VI. Radié Resh era una bambina palestinese morta di polmonite: viveva con la famiglia in una grotta perché non c'erano case vere e proprie.
E la prima iniziativa dell’associazione fu proprio quella di promuovere la costruzione per le abitazioni di famiglie palestinesi. Poi gli interventi si sono allargati «con azioni a favore di comunità impoverite a causa del modello di sviluppo occidentale dominante. Le operazioni della Rete hanno un valore di restituzione, dando voce a chi non ce l’ha e sostegno economico a iniziative volute dalle comunità». Oggi l’associazione interviene in altri Paesi dell’Asia, in America latina e Africa.
«Proponiamo questa mostra – ha aggiunto – perché la solidarietà nasce dalla conoscenza. L'esposizione ci permette di avvicinarci a uomini e donne che resistono tutti i giorni a una vita di precarietà e che si sono organizzati con un lavoro sulla strada».
Collaterale alla rassegna, anche una serata musicale – in programma oggi (sabato 16 marzo) alle 21.00 nella chiesa di San Giuseppe al Caleotto - con il coro “Fermenti di pace” e dal titolo “Soy pan, soy paz”: canzoni di Mercedes Sosa e immagini di Mino Cerezo Barredo. La mostra resterà aperta fino al 7 aprile. Orari: giovedì dalle 10 alle 13; venerdì e sabato dalle 14 alle 18 e domenica dalle 10 alle 18 ad esclusione 31 marzo (Pasqua) ma con apertura straordinaria lunedì 1° aprile dalle 14 alle 18. Ingresso libero. Catalogo a offerta libera.
D.C.