In viaggio a tempo indeterminato/321: segui la regola dell'essere gentile

"Shangri-La mi è venuta in mente in una visione. Ho visto un tempo in cui l'uomo, esaltato nella tecnica dell'omicidio, si sarebbe infuriato così ardentemente sul mondo, che ogni libro, ogni tesoro, sarebbe stato condannato alla distruzione.  Questa visione era così vivida e così commovente che ho deciso di raccogliere tutte le cose belle e di cultura che potevo, e preservarle qui, a Shangri-la, contro la rovina verso la quale il mondo sta correndo.  Guarda il mondo oggi.  Una massa frettolosa di umanità disorientata, che si scontra a capofitto l'una contro l'altra, spinta da un'orgia di avidità e brutalità.  Verrà il momento in cui quest'orgia finirà da sola e il mondo dovrà cominciare a cercare una nuova vita.  E la nostra speranza è che possano trovarla qui.  Perché qui saremo con i loro libri, la loro musica e uno stile di vita basato su una semplice regola: sii gentile!  Quando arriverà quel giorno, la nostra speranza è che l’amore fraterno di Shangri-La si diffonda in tutto il mondo."
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Queste parole sono state scritte nel 1933 da James Hilton nel suo romanzo "Orizzonte perduto". Suonano così attuali che mi sono venuti i brividi quando le ho lette.
Sono passati quasi cento anni dalla stesura di quel libro, il mondo sembra essere così diverso da allora per molte cose.
Abbiamo internet e gli smartphone che ci permettono di comunicare con chiunque in qualsiasi parte del mondo.
Abbiamo mappe potentissime, traduttori super performanti. La medicina ha fatto passi da gigante e tra poco organizzeranno viaggi di gruppo persino nello spazio.
Possiamo creare oggetti con stampanti in 3d, indossare occhiali per osservare una realtà virtuale, salire su automobili che si guidano da sole.
L'umanità è cambiata moltissimo e rapidamente negli ultimi cento anni eppure un libro scritto così tanto tempo fa, colpisce ancora per la sua veridicità.
Come se fosse cambiato tanto ma non tutto e i fatti di cronaca ce lo ricordano costantemente.
Shangri-La, nel romanzo di Hilton, è quel luogo dove l'arte e la cultura sopravvivono alla distruzione. Una sorte di cassaforte che preserva ciò che è di valore, dalla cieca brutalità umana.
Mi chiedo se da qualche parte nel mondo qualcuno la custodisca gelosamente quella cassaforte, insieme alla sua combinazione. Più che altro ci spero.
Magari dentro ci tiene anche i Buddha di Bamiyan, le due statue giganti distrutte nel 2001 in Afghanistan. Oppure le opere della Galleria Al-Najma a Gaza distrutta qualche mese fa. Pensa che bello se aprendola potesse riprendere vita la cittadella di Aleppo in Siria. Oddio a pensarci bene, questa cassaforte dovrebbe essere gigantesca per contenere tutto.
La realtà è che l'arte, che qualcuno vede come un orpello o un passatempo, in realtà ha sempre avuto e sempre avrà un ruolo fondamentale nella vita dell'uomo.
L'arte provoca, testimonia, stupisce, esalta.
L'arte è controversa, è scomoda, è libera e per questo spaventa e minaccia chi vuole opprimere e prevalere con la forza.
Mentre leggevo quella parte di testo riportata all'inizio, la mia testa andava continuamente all'opera di Picasso: "Guernica". In quel grande quadro l'artista rappresenta la distruzione causata alla città di Guernica da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale.
Famosa è diventata la risposta che Picasso diede a un ufficiale nazista che vedendo l'opera chiese: “Avete fatto voi questo orrore, maestro?"
“No, l’avete fatto voi” fu la risposta dell'artista.
Arte e guerra, l'una crea e l'altra distrugge.

Ok, sto perdendo un po' il filo del discorso perché tutta questa riflessione è nata dopo che abbiamo scoperto l'esistenza di Shangri-La in Cina.
Si tratta di una città abbarbicata a 3300 metri di altezza tra i monti della provincia autonoma tibetana del Diquin.
Inutile dire che ci è bastato leggere il nome sulla mappa per far scattare in noi la voglia irrefrenabile di vistarla.
E così, organizzandoci tra autobus e treni e mal di testa per l'altitudine elevata, siamo arrivati a Shangri-La in una glaciale giornata di sole.

Il primo impatto ci ha tolto il fiato. Una gigantesca ruota della preghiera dorata, girava lentamente sulla cima della collina e dominava i piccoli edifici di legno che componevano il centro storico.
A fare da sfondo un cielo azzurro, di un azzurro così intenso che credo di non aver mai visto un colore simile.
E poi le nuvole a rincorrersi sospinte dal vento, con il sole che spariva per lasciare il posto alla neve e poi faceva di nuovo capolino a scaldarci.
Siamo stati catturati dalla bellezza di Shangri-La e per qualche ora abbiamo subito il suo incantesimo.

Il secondo giorno, superati i giramenti di testa e il fiato corto, ci siamo spostati a qualche chilometro dal centro per visitare un monastero buddista tibetano.
Non è la prima volta che ne visitiamo uno. Abbiamo avuto la fortuna di vederne alcuni tra India e Nepal e ogni volta mi ricordo perché mi piacciono tanto.
Tutte quelle bandiere della preghiera colorate che si muovono al vento. Il fumo dell'incenso e dei rami di pino che riempiono l'aria di profumo. Quelle grandi tende colorate a proteggere i tesori all'interno dei templi.
E poi quella pace e quel raccoglimento che solo in luoghi così spirituali si riescono a provare.
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Prima di arrivare al monastero di Songzanlin già pregustavo quei momenti di serenità e calma, accompagnati dalla cantilenante preghiera dei monaci.
Non vedevo l'ora dopo tutto il frastuono e caos delle ultime giornate passate a visitare città prese d'assalto per il capodanno cinese.
Nella mia testa, la Shangri-La del romanzo di Hilton, quella da cui questa città ha preso il nome, era proprio lì.
Quel monastero, voluto dal quinto Dalai Lama, doveva essere la cassaforte dei tesori del mondo. 
Lì, tra quelle mura, dove ogni mese per 5/6 giorni i monaci si riuniscono per pregare per la pace  nel mondo.
Mentre lo osservavo da lontano riflettersi nel l'acqua del piccolo lago, ero sempre più convinta fosse proprio quello, il luogo giusto.

Poi ci siamo avvicinati e l'incantesimo di cui eravamo vittime è improvvisamente sparito.
Ho iniziato a notare la quantità di persone che indossavano costumi tradizionali noleggiati per posare in foto ricordo.
L'occhio mi è caduto sui banchetti che vendevano souvenir e poi sulla quantità inestimabile di persone che chiacchieravano e urlavano.
Ho visto tutto con più chiarezza, senza il velo di magia che quel nome "Shangri-La" aveva messo sui miei occhi.
La realtà ha ripreso lo spazio dell'immaginazione e tutto è stato diverso.
Quel monastero non ha perso la sua bellezza e credo ancora sia uno dei luoghi più fotogenici che io abbia mai visto in questa parte di mondo.
Mi è però mancato molto l'aspetto mistico e spirituale, quello su cui forse più contavo.
Probabilmente la Shangri-La del romanzo non è questa e forse è meglio così.
Sarebbe stato troppo semplice trovarla e troppo poco protetto il suo contenuto.
Mi piace però pensare che da qualche parte esista e che un giorno, non troppo lontano, tutti ci ritroveremo lì a seguire quell'unica regola: sii gentile.
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Angela (e Paolo)
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