Lecco: perizia depositata per l'omicidio di Germanedo Rimane sola la discussione

La discussione è calendarizzata per mercoledì, al cospetto della Corte, presieduta da Valeria Costi, lo stesso giudice alla testa anche del collegio che ha riconosciuto colpevole un altro lecchese, Roberto Guzzetti, anch'egli a giudizio per un omicidio, quello della pensionata torrebusina Maria Adeodata Losa, assassinata con una serie di fendenti nella cucina della sua abitazione di Sogno, apparentemente senza un movente. Caso ben diverso quello che arriverà a sentenza a metà della prossima settimana. La giuria della Corte d'Assise di Como - composta anche da giudici popolari, oltre alla componente togata - dovrà valutare la posizione di Umberto Antonello, l'86enne che, nella notte del 6 febbraio dello scorso anno, come ammesso fin da subito, ha stretto le proprie mani attorno al collo della moglie Antonietta Vacchelli, sua coetanea, togliendole la vita, nella loro camera da letto, all'interno dell'appartamento di famiglia affacciato sul parchetto appena ammodernato di Germanedo. 
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I sigilli all'appartamento dei coniugi Antonello
“Io quell'attimo li non ho idea se abbiamo litigato o cosa, non ho idea di cosa sia successo...” aveva raccontato in Aula, lo scorso novembre, l'anziano, ai domiciliari presso una comunità locale, dopo aver partecipato al fianco del proprio legale, l'avvocato Richard Martini, a tutta l'istruttoria, notevolmente accorciata dalla decisione di acquisire gli atti d'indagine, senza far intervenire al banco dei testimoni gli operanti giunti in via dell'Eremo subito dopo la chiamata al 112 - sollecitata da Antonello stesso, telefonando a figlio Stefano - e quelli che si sono occupati poi dei rilievi. Sentiti invece i famigliari e un vicino di casa, invitati così a sintetizzare la quotidianità della coppia e dunque di una donna, gravata da importanti problemi di salute, che, testardamente, fino all'ultimo ha rifiutato aiuti esterni appoggiandosi solo ed esclusivamente al marito, anch'egli "segnato" da una storia clinica importante ma factotum per la moglie, pur provato da una situazione sempre più pesante, resa ancor più insostenibile dalla mancanza di sonno. E proprio dopo essere stato svegliato per l'ennesima volta nel cuore della notte, avrebbe compiuto ciò che - per pacifica ammissione - ha compiuto. Con consapevolezza di ciò che stava facendo? Questo l'ultimo nodo che verrà sciolto mercoledì. Già deposita e a disposizione dunque delle parti, la perizia commissionato dalla Corte al dottor Nicola Molteni chiamato a chiarire se l'imputato fosse o meno capace di intendere e volere alla commissione del fatto. Lo psichiatra parrebbe confutare la tesi del collega Giuseppe Giunta, consulente di parte, nominato dalla difesa, che esponendo in Aula le proprie conclusioni aveva parlato di un blackout, di un aspetto dissociativo importante, con l'86enne sopraffatto dalla stanchezza e dallo stress e dunque non lucido nel portare le mani al collo della donna con cui ha condiviso giovinezza e maturità. 
Se, come sembra, la versione di Molteni diverge effettivamente completamente da quella di Giunta, sfuma la possibilità di veder riconosciuta l'impunibilità dell'anziano. Alla difesa restano comunque altre leve, per cercare, quantomeno, di alleggerire, processualmente, la posizione del lecchese, chiamato a rispondere di omicidio volontario, aggravato dal vincolo della parentela, per aver posto fine all'esistenza di una donna che, a detta dei parenti, "era dilaniata dai dolori" - anche probabilmente, per un tumore in stadio avanzato, scoperto solo con l'autopsia - e che ripeteva “come un mantra, voglio morire, fatemi morire, non voglio più vivere così”.
A.M.
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