Lecco: nessuno firma le 'DAT', uno sportello per la compilazione

Uno sportello di aiuto alla compilazione delle Disposizioni anticipate di trattamento, il cosiddetto testamento biologico per rifiutare o autorizzare le cure sanitarie nel caso ci si venga a trovare in condizioni di impossibilità. E’ l’iniziativa avviata dalla cellula lecchese dell’Associazione Luca Coscioni da anni impegnata nelle battaglie per un fine vita dignitoso. L’idea dello sportello è sorta dopo avere constatato come nella provincia lecchese ben poche persone abbiano depositato le disposizioni al proprio Comune, soltanto lo 0,3% della popolazione. Per diversi motivi.
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Certamente pesa il fatto che molti sono all’oscuro della legge che dal 2019 consente questa possibilità, ma per altri il problema è il non sapere come muoversi e a chi rivolgersi e per altri ancora l’ostacolo è rappresentato dalla stesura di un documento nel quale è necessario indicare le cure da rifiutare o accettare, l’eventuale nomina di uno o più fiduciari ai quali i medici potranno rivolgersi in caso di necessità e tutta un’altra serie di dettagli per i quali sono necessarie conoscenze mediche e burocratiche. L’aspetto medico, tra l’altro, sembra essere il nodo più intricato: nel modulo-tipo scaricabile dal sito dell’associazione, infatti, si richiede di prestare o negare il consenso alla rianimazione cardiopolmonare, alla respirazione meccanica, all’idratazione artificiale, alla dialisi, a interventi chirurgici, a trasfusioni di sangue e a terapie antibiotiche. Aspetti per i quali è necessaria un’assistenza sanitaria che non sempre le persone credono di poter avere dal proprio medico curante.
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Il modello del modulo da compilare

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Proprio per questo, l’Associazione Coscioni ha deciso di fornire un’assistenza gratuita a chi ne abbia bisogno. E’ sufficiente inviare una e-mail alla stessa associazione lecchese  (cellulalecco@associazionelucacoscioni.it), dopo di che verrà fissato un incontro nel corso del quale saranno affrontati gli aspetti sanitari e quelli burocratici.
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L’iniziativa è stata presentata nel corso di un’assemblea tenutasi al circolo Arci-Promessi Sposi di Germanedo che sarà anche punto di riferimento per gli incontri personali.
Alla serata sono intervenuti i coordinatori dell’associazione lecchese Sergio De Muro e Simone Galimberti, il medico Virgilio Meschi e l’avvocato Massimo Rossi che in questi anni ha assistito Marco Cappato, il tesoriere nazionale dell’Associazione Coscioni in prima linea in una serie di battaglie e iniziative anche clamorose con il seguito di autodenunce e processi per poter arrivare a ottenere risultati per via giudiziaria, stante l’immobilità della politica. Come del resto fece negli anni scorsi il lecchese Beppino Englaro per la figlia Eluana, morta nel 2009.
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Massimo Rossi

Introducendo l’incontro, l’avvocato Rossi ha tracciato una breve storia del dibattito e delle battaglie per il fine vita, del quale le “Dat” sono solo un aspetto. Ha ricordato come già la Costituzione preveda all’articolo 32 che nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge: «Tutto origina da lì, il principio è quello».
C’è poi stata la vicenda di Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare che nei primi anni del Duemila chiese di poter mettere fine alle proprie sofferenze fino alla morte avvenuta nel 2006, grazie all’aiuto di un medico che poi sarebbe finito sotto processo e assolto. Ma soltanto nel 2017 è arrivata la legge che consente appunto il deposito delle disposizioni di fine trattamento. «Se ai tempi di Eluana – ha detto Rossi - ci fosse stata questa legge ed Eluana avesse espresso il proprio parere, la vicenda non si sarebbe protratta per anni con tutte le battaglie di papà Beppino».
Una legge importante, ha aggiunto il legale: «Quello che di questa legge mi piace è la spiegazione che pretende venga data ai pazienti. Una volta nessuno era tenuto a spiegare, magari per una sorta di malintesa pietà. La legge del 2017, invece, dice esattamente che il paziente ha diritto a essere informato per metterlo in condizione di scegliere se accettare o rifiutare le cure». E, appunto, di presentare una “dat” per l’eventualità che si trovasse nelle condizioni di non poter decidere dovendo quindi essere altri a decidere per lui.
Infine, nel 2019 è arrivata la sentenza della Corte costituzionale a proposito dell’assistenza al suicidio, nella quale vengono fissati alcuni paletti perché questa sia possibile: la capacità di autodeterminazione del paziente, l’irreversibilità della malattia, il grado di sofferenza e che le condizioni vitali siano garantite da macchine.
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Sergio De Muro
Di buona legge, ha parlato anche De Muro che ha voluto sottolineare proprio l’aspetto che nel cosiddetto testamento biologico si può chiedere sia di essere sottoposti a tutte le cure possibili che di rifiutarle in toto oppure di sceglierne alcune anziché «Una scelta di libertà».
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Virgilio Meschi
Anche Meschi ha posto l’accento sul “consenso informato” che «deve essere preteso dal cittadino: gli operatori sanitari non possono sbuffare o essere insofferenti nei confronti di chi chiede di sapere. Per la legge, il tempo di relazione è tempo di cura. Quanto accaduto a Welby, avviene dalla notte dei tempi: è sempre successo, ma privatamente, in silenzio. La differenza con il caso Welby è che tutto è avvenuto pubblicamente proprio per volontà di Welby, perché si uscisse da questa ipocrisia».
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Simone Galimberti
«Ma non basta la legge, bisogna anche attuarla – ha aggiunto Galimberti – altrimenti il diritto esiste solo sulla carta». Sono i dati a dimostrarlo. Che stanno racchiusi in quello 0,3% della popolazione, vale a dire poco più di un migliaio di “dat” depositate nei Comuni del Lecchese. Il monitoraggio effettuato dall’associazione ha evidenziato che su 84 Comuni solo 7 fornivano informazioni chiare, complete e accessibili sui propri siti internet, per altri 30 le informazioni erano sparse, incomplete e qualche volta addirittura errate, mentre ben 47 Comuni non fornivano alcuna indicazione. «Abbiamo scritto ai Comuni – ha aggiunto Galimberti -, pochi ci hanno risposto, ma qualcosa dobbiamo dire sia migliorato».
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Ecco, dunque, l’idea dello sportello, dopo un’esperienza già effettuata anni fa a Mandello, ancora prima della legge del 2017.
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D.C.
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