Lecco: per la Procura si è finta commercialista, chiesti 8 mesi
Per conoscere la sentenza del giudice Martina Beggio bisognerà attendere il prossimo 5 marzo. Stamani però, in Tribunale a Lecco, il vice procuratore onorario Caterina Scarselli ha chiesto la condanna a 8 mesi (oltre al pagamento di 450 euro di multa) di Nicoletta C., finita a processo con la duplice accusa di esercizio abusivo della professione e truffa.
Un fascicolo penale, quello a suo carico, originato dalla denuncia di un imprenditore (costituitosi parte civile nel procedimento) legale rappresentante di tre società, una delle quali al tempo dei fatti in liquidazione volontaria. Quest'ultimo tra il 2018 e il 2020, si sarebbe servito dello studio dell'imputata, ritenendo di aver a che fare con una commercialista da lui incaricata – pur senza la sottoscrizione di uno specifico contratto ma, di fatto, accettando un tariffario per i servizi resi – della tenuta della contabilità, della compilazione degli F24 e delle dichiarazioni ai fini IVA, salvo poi scoprire di essere diventato inadempiente e di essersi affidato ad una professionista che era priva di titoli.
L'allora sostituto procuratore lecchese Paolo Del Grosso (trasferitosi nel frattempo a Torino) aveva dunque delegato alla Guardia di Finanza le indagini sulla vicenda, con il procedimento penale incardinato nel frattempo al cospetto del giudice monocratico Martina Beggio.
Nel corso dell'istruttoria dibattimentale sono stati escussi diversi testi citati dalle parti, oltre all'imputata, sottopostasi ad esame negli scorsi mesi. Titolare di un centro di elaborazione dati fondato nel 1993 a Malgrate - all'epoca dei fatti gestito insieme ad un socio commercialista - nel 2011 la donna aveva liquidato la snc per aprire un nuovo studio con sede nel medesimo comune e trasferito qualche anno più tardi a Lecco.
''Mi sono sempre avvalsa della collaborazione di professionisti'' aveva precisato la donna al giudice, elencando da subito le attività che poteva svolgere in autonomia, essendo priva dell'abilitazione e della laurea e quelle che invece necessitavano i titoli. Nel ribadire di essere un ''perito aziendale'', l'imputata aveva affermato a più riprese di non aver mai millantato titoli che non possedeva, specificando che gli adempimenti su contabilità e bilanci che effettuava regolarmente nella sua ordinaria attività, non richiedevano l'iscrizione all'albo. In altri casi, per determinate prestazioni, erano i professionisti che collaboravano con lei ad occuparsene.
Insomma, un quadro molto diverso dalle contestazioni mosse a suo carico dalla Procura, ribadito quest'oggi in aula dall'avvocato Alessandro Zuco, co-difensore della professionista, che nella sua arringa ne ha chiesto l'assoluzione piena, ritenendo come l'istruttoria abbia evidenziato l'estraneità della lecchese ai fatti che le vengono contestati.
Si torna in aula il 5 marzo per eventuali repliche e la sentenza finale.
Un fascicolo penale, quello a suo carico, originato dalla denuncia di un imprenditore (costituitosi parte civile nel procedimento) legale rappresentante di tre società, una delle quali al tempo dei fatti in liquidazione volontaria. Quest'ultimo tra il 2018 e il 2020, si sarebbe servito dello studio dell'imputata, ritenendo di aver a che fare con una commercialista da lui incaricata – pur senza la sottoscrizione di uno specifico contratto ma, di fatto, accettando un tariffario per i servizi resi – della tenuta della contabilità, della compilazione degli F24 e delle dichiarazioni ai fini IVA, salvo poi scoprire di essere diventato inadempiente e di essersi affidato ad una professionista che era priva di titoli.
L'allora sostituto procuratore lecchese Paolo Del Grosso (trasferitosi nel frattempo a Torino) aveva dunque delegato alla Guardia di Finanza le indagini sulla vicenda, con il procedimento penale incardinato nel frattempo al cospetto del giudice monocratico Martina Beggio.
Nel corso dell'istruttoria dibattimentale sono stati escussi diversi testi citati dalle parti, oltre all'imputata, sottopostasi ad esame negli scorsi mesi. Titolare di un centro di elaborazione dati fondato nel 1993 a Malgrate - all'epoca dei fatti gestito insieme ad un socio commercialista - nel 2011 la donna aveva liquidato la snc per aprire un nuovo studio con sede nel medesimo comune e trasferito qualche anno più tardi a Lecco.
''Mi sono sempre avvalsa della collaborazione di professionisti'' aveva precisato la donna al giudice, elencando da subito le attività che poteva svolgere in autonomia, essendo priva dell'abilitazione e della laurea e quelle che invece necessitavano i titoli. Nel ribadire di essere un ''perito aziendale'', l'imputata aveva affermato a più riprese di non aver mai millantato titoli che non possedeva, specificando che gli adempimenti su contabilità e bilanci che effettuava regolarmente nella sua ordinaria attività, non richiedevano l'iscrizione all'albo. In altri casi, per determinate prestazioni, erano i professionisti che collaboravano con lei ad occuparsene.
Insomma, un quadro molto diverso dalle contestazioni mosse a suo carico dalla Procura, ribadito quest'oggi in aula dall'avvocato Alessandro Zuco, co-difensore della professionista, che nella sua arringa ne ha chiesto l'assoluzione piena, ritenendo come l'istruttoria abbia evidenziato l'estraneità della lecchese ai fatti che le vengono contestati.
Si torna in aula il 5 marzo per eventuali repliche e la sentenza finale.
G.C.