Lecco: a processo per 7 truffe online, il Pm chiede oltre 4 anni di condanna

Su un popolare sito di compravendite aveva trovato l'auto che desiderava, una Audi a un buon prezzo. Andato a vuoto il primo tentativo di chiamare il numero indicato sull'inserzione, era stato poi ricontattato dalla sedicente venditrice, una donna, che gli aveva fornito le indicazioni per effettuare delle ricariche su una PostePay. Tre i versamenti eseguiti, tutti in rapida successione, sul finire del 2015: il primo, una sorta di acconto, per 460 euro, il secondo da 1.000 euro ed il terzo a chiusura della transazione da 500 euro, per totali 1.960 euro, cifra pattuita per ottenere la vettura, mai entrata però nelle sue disponibilità, essendosi trovato da solo all'appuntamento fissato per il passaggio delle chiavi. Sporta regolare denuncia, il raggirato – un cittadino straniero – è stato l'unico a costituirsi poi parte civile nel procedimento incardinato al cospetto del giudice monocratico Martina Beggio, chiamato a vagliare questo e altri 6 episodi di (presunta) truffa ascritti a N.L., cittadino italiano, con a carico altre denunce per fatti analoghi, con il fascicolo giudiziario migrato tra i tribunale di Varese e Como, prima di approdare a Lecco.

A lui gli inquirenti sono arrivati in quanto intestatario della carta postale su cui il denaro provento delle compravendite con fregatura è transitato, in entrata prima e poi in uscita. In Aula l'uomo risponde anche di sostituzione di persona – in quanto gli annunci di vendita si riferivano a beni reali ma appartenuti a soggetti ignari – nonché di simulazione di reato – per aver sporto una denuncia di furto della PostePay ritenuta non veritiera – e di calunnia. Un pacchetto di reati per i quali, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, la Procura – nella persona del vpo Caterina Scarselli – ha chiesto ben 4 anni e 2 mesi di condanna, oltre a una multa da 1.700 euro.

Condanna, con relativo risarcimento, chiesta anche dal legale dell'unica vittima che ha optato per tentare la strada dalla costituzione di parte civile. Si è battuto invece per l'assoluzione il legale di N.L., ritenendo non provata la responsabilità del suo assistito in ordine ai singoli capi d'imputazione, rimarcando come tutti coloro che “in maniera ingenua hanno versato quattrini”, abbiano fatto riferimento a accordi presi con una donna e come non basti la titolarità della carta in capo all'imputato per ritenerlo partecipe alla truffa né al reato di sostituzione di persona, non essendo nemmeno stato accertato chi materialmente ha pubblicato l'annuncio farlocco utilizzando “dati” di altri. L'ultima parola a giudice, con sentenza prevista ora per il 20 febbraio.

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A.M.
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