Lecco: pienone per il 'te se regordet' sulle radio e tv locali. Il documentario consegnato al sindaco
Per molti, per quelli che c’erano, sarà anche quel che si dice un “amarcord” – dalle nostre parti tradotto con “te se regordet” – ma indubbiamente il documentario “Lake sharks, storie di radio e tv lecchesi” racconta una parentesi del nostro territorio ed è specchio fedele di un tempo e di una società.
Il documentario è stato presentato in anteprima al cinema Palladium di Castello, ma ora sarà presentato ai festival cinematografici di Locarno e Venezia e prossimamente avrà anche altre proiezioni. Già è stata programmata anche una grande festa nell’estate del prossimo anno, sarà allestita una mostra fotografica, si terrà un dibattito con personaggi di spicco dell’ambiente radiofonico italiano e vi sarà una “serata dance” con un confronto fra dj.
“Lake sharks” è il frutto di un’idea del lecchese Andrea Gianviti che ne ha anche firmato la regia. Giovane, Gianviti: ha 25 anni, vale a dire che non era nemmeno nato quando il fenomeno delle radio “libere” cominciò a rivoluzionare le abitudini degli italiani e dei lecchesi. Anni Settanta del Novecento. Poi sarebbero arrivati i grandi network e, sul fronte televisivo, le reti berlusconiane, ma questa è un’altra storia ancora.
Il documentario ripercorre appunto l’epoca delle radio e delle televisioni locali lecchesi dal giugno 1975 quando nacque Radio Lecco fino agli anni Novanta e poi allungandosi agli interrogativi sul futuro, in un momento – quello attuale - in cui il mondo dell’informazione e dell’intrattenimento sta cambiando radicalmente e nessuno è in grado di dire come sarà soltanto fra qualche settimana o mese, figuriamoci fra qualche anno.
Attraverso interviste e immagini pescate negli archivi, Gianviti ci restituisce l’immagine di quella che è stata davvero un’epopea: tanta immaginazione e tanta passione, spettacoli magari un po’ “ruspanti” che con mezzi tecnici spesso di fortuna cercavano di intercettare l’attenzione di un territorio e di questo farsi interprete. E ci occorreva una bella corazza – spiega Gianviti – e allora ecco il titolo “Lake sharks”, squali del lago: perché per resistere occorreva essere un po’ squali e in quanto all’inglese, ormai va così, è la moda.
A raccontare quegli anni, nel documentario, sono gli stessi protagonisti: Germano Campione, Chicco Riva, Aloisio Bonfanti, Dario Bonaiti, Ivan Rech, Tommy De Angelis, Bruno Carenini, Roberto Panzeri, Giancarlo Gilardi, Antonio Nucera, Giancarlo Vitali, Tony Di Levrano, Daniela Stevanin, Dario Oldani, Fabio Landrini, Oscar Malugani, Davide Munari, Annalisa Brusa, Gigi Rancati. E qualcun altro che il vostro cronista si è perso.
Una rivoluzione con impianti spesso alla buona, ma altre volte anche di alta qualità, di antenne piantate e rimosse, di ponti radio impossibili, di guasti e situazioni d’emergenza, ma anche di sorprese. Come quella volta che uno radio arrivò a trasmettere addirittura in Piemonte e in Svizzera per via di un anomalia dei ripetitori Rai: una “pacchia” durata tre giorni, «poi la Rai se ne accorse».
Il documentario ha riscosso molti meritati apprezzamenti. Eppure non è stato facile, come ha spiegato Carenini: quando, un anno e mezzo fa circa, Gianviti ha cominciato a lavorare al progetto, ha ricevuto anche porte in faccia, ha dovuto fare i conti con molto scetticismo, senza trascurare il problema dei finanziamenti. Da parte sua, Carenini ha anche sottolineato come il luogo comune oggi in circolazione è che i giovani non si muovano, siano assenti, ma la realtà è un’altra ed è che i giovani ci sono, ma spesso per loro troppe porte restano chiuse, indicando un esempio proprio nell’esperienza di Gianviti. Che pure ha avuto coraggio ed è andato avanti, trovando anche una valida squadra di collaboratori: Mario Castelli (produzione), Daniele Esposito (montaggio), Andrea Donato (post-audio), Lorenzo Cavaliere (musiche).
Presentando il suo lavoro, il regista ha spiegato come, da studente, abbia collaborato alla realizzazione di un documentario su Telealto Milanese e Antenna 3 «e allora ho pensato che una cosa così si poteva fare anche a Lecco, ma non pensavo che potesse uscire tutta questo materiale» condensato il 70 minuti di film. «Abbiamo realizzato qualcosa che non era mai stato fatto, qualcosa che non poteva non essere fatto. Qualcosa che ora resterà a tutti». Non è un caso che il file del film, con una targa celebrativa, è stato consegnato al sindaco lecchese Mauro Gattinoni, a simboleggiare un patrimonio di memoria consegnato alla città.
Nel suo intervento, il sindaco Gattinoni ha indicato la passione e il fuoco che hanno animato le tante persone che hanno vissuto quell’epoca, parlando del documentario di Gianviti come di un “lavoro archeologico” davanti al mondo dell’informazione che sta cambiando. Oltre al primo cittadino, sono interventi anche la presidente provinciale Alessandra Hofmann («Un documentario che ci dice come siamo cambiati e come siamo andati di corsa»), il sottosegretario regionale Mauro Piazza («Qui c’è un pezzetto della nostra libertà alla quale dovremmo essere affezionati, perché la libertà non viaggia solo sulla grande informazione, ma anche su quella locale») e il consigliere regionale Giacomo Zamperini («C’era il rischio di perdere un grande patrimonio immateriale e l’occasione è anche utile per ridare ai giorni nostri quella baldanza giovanile»).
Gli interventi del pubblico, costituito essenzialmente da molti che hanno attraversato quel “firmamento” hanno arricchito il racconto di ricordi, rievocando improbabili scommesse e acrobatiche. Come le prime dirette degli eventi sportivi effettuate – lo ha ricordato Marco Corti – utilizzando i cosiddetti baracchini dei “cb”, anch’esso un mondo scomparso. I “cb” erano dei radioamatori in piccolo, che potevano diffondere e ricevere a distanze limitatissime. Sufficienti però per collegare lo stadio con la sede della radio: «Una magata».
Il dibattito si poi allargato appunto al futuro. Un’epoca ormai è finita e il domani è tutto da inventare. Si parla di network televisivi regionali, di nuove tecnologie per la radio: il digitale al posto della modulazione di frequenza e naturalmente il web. Pareri discordi. Chi vivrà, vedrà.
Il documentario è stato presentato in anteprima al cinema Palladium di Castello, ma ora sarà presentato ai festival cinematografici di Locarno e Venezia e prossimamente avrà anche altre proiezioni. Già è stata programmata anche una grande festa nell’estate del prossimo anno, sarà allestita una mostra fotografica, si terrà un dibattito con personaggi di spicco dell’ambiente radiofonico italiano e vi sarà una “serata dance” con un confronto fra dj.
“Lake sharks” è il frutto di un’idea del lecchese Andrea Gianviti che ne ha anche firmato la regia. Giovane, Gianviti: ha 25 anni, vale a dire che non era nemmeno nato quando il fenomeno delle radio “libere” cominciò a rivoluzionare le abitudini degli italiani e dei lecchesi. Anni Settanta del Novecento. Poi sarebbero arrivati i grandi network e, sul fronte televisivo, le reti berlusconiane, ma questa è un’altra storia ancora.
Il documentario ripercorre appunto l’epoca delle radio e delle televisioni locali lecchesi dal giugno 1975 quando nacque Radio Lecco fino agli anni Novanta e poi allungandosi agli interrogativi sul futuro, in un momento – quello attuale - in cui il mondo dell’informazione e dell’intrattenimento sta cambiando radicalmente e nessuno è in grado di dire come sarà soltanto fra qualche settimana o mese, figuriamoci fra qualche anno.
Attraverso interviste e immagini pescate negli archivi, Gianviti ci restituisce l’immagine di quella che è stata davvero un’epopea: tanta immaginazione e tanta passione, spettacoli magari un po’ “ruspanti” che con mezzi tecnici spesso di fortuna cercavano di intercettare l’attenzione di un territorio e di questo farsi interprete. E ci occorreva una bella corazza – spiega Gianviti – e allora ecco il titolo “Lake sharks”, squali del lago: perché per resistere occorreva essere un po’ squali e in quanto all’inglese, ormai va così, è la moda.
A raccontare quegli anni, nel documentario, sono gli stessi protagonisti: Germano Campione, Chicco Riva, Aloisio Bonfanti, Dario Bonaiti, Ivan Rech, Tommy De Angelis, Bruno Carenini, Roberto Panzeri, Giancarlo Gilardi, Antonio Nucera, Giancarlo Vitali, Tony Di Levrano, Daniela Stevanin, Dario Oldani, Fabio Landrini, Oscar Malugani, Davide Munari, Annalisa Brusa, Gigi Rancati. E qualcun altro che il vostro cronista si è perso.
Sono le figure di spicco di un grande mondo che ha coinvolto centinaia di persone. Il giornalista Bruno Carenini ha calcolato che attorno a ogni emittente sono girate oltre duecento persone. Alcune diventati voci e volti storici, altre semplici meteore in un firmamento affollatissimo, dove naturalmente c’erano anche i dissidi, le liti, le divisioni, gli scontri. Un elenco non completo: Radio Lecco, Radio Cristal, Radio Superlecco, Radio Calolzio, Radio Città Continental, Radio Cooperativa Centro Lecco, Radio Grignetta, Rc3 Radio Civate, Onda Radio Olginate dove tra l’altro ha esordito un giovanissimo Antonio Albanese, Radio University, Radio Mandello, Radio Montevecchia, Radio Alto Lario, Lecco Fm e Lecco Channel. Poi le televisioni. Erano due: Superlecco-Tele Spazio e Tv Radio Lecco, poi fuse in Unica Tv. Ciascuna di queste emittenti cercava di caratterizzarsi per ricavarsi un proprio bacino di ascolto, “fidelizzare” il pubblico come si direbbe oggi. Musica, politica, informazione, ma soprattutto un’interazione con gli ascoltatori: le telefonate in diretta, le dediche che sono state la forza d’urto per scardinare un sistema radiofonico e televisivo ingessato e che a sua volta è stato costretto a rincorrere e aggiornarsi.
Il documentario ha riscosso molti meritati apprezzamenti. Eppure non è stato facile, come ha spiegato Carenini: quando, un anno e mezzo fa circa, Gianviti ha cominciato a lavorare al progetto, ha ricevuto anche porte in faccia, ha dovuto fare i conti con molto scetticismo, senza trascurare il problema dei finanziamenti. Da parte sua, Carenini ha anche sottolineato come il luogo comune oggi in circolazione è che i giovani non si muovano, siano assenti, ma la realtà è un’altra ed è che i giovani ci sono, ma spesso per loro troppe porte restano chiuse, indicando un esempio proprio nell’esperienza di Gianviti. Che pure ha avuto coraggio ed è andato avanti, trovando anche una valida squadra di collaboratori: Mario Castelli (produzione), Daniele Esposito (montaggio), Andrea Donato (post-audio), Lorenzo Cavaliere (musiche).
Presentando il suo lavoro, il regista ha spiegato come, da studente, abbia collaborato alla realizzazione di un documentario su Telealto Milanese e Antenna 3 «e allora ho pensato che una cosa così si poteva fare anche a Lecco, ma non pensavo che potesse uscire tutta questo materiale» condensato il 70 minuti di film. «Abbiamo realizzato qualcosa che non era mai stato fatto, qualcosa che non poteva non essere fatto. Qualcosa che ora resterà a tutti». Non è un caso che il file del film, con una targa celebrativa, è stato consegnato al sindaco lecchese Mauro Gattinoni, a simboleggiare un patrimonio di memoria consegnato alla città.
Nel suo intervento, il sindaco Gattinoni ha indicato la passione e il fuoco che hanno animato le tante persone che hanno vissuto quell’epoca, parlando del documentario di Gianviti come di un “lavoro archeologico” davanti al mondo dell’informazione che sta cambiando. Oltre al primo cittadino, sono interventi anche la presidente provinciale Alessandra Hofmann («Un documentario che ci dice come siamo cambiati e come siamo andati di corsa»), il sottosegretario regionale Mauro Piazza («Qui c’è un pezzetto della nostra libertà alla quale dovremmo essere affezionati, perché la libertà non viaggia solo sulla grande informazione, ma anche su quella locale») e il consigliere regionale Giacomo Zamperini («C’era il rischio di perdere un grande patrimonio immateriale e l’occasione è anche utile per ridare ai giorni nostri quella baldanza giovanile»).
Gli interventi del pubblico, costituito essenzialmente da molti che hanno attraversato quel “firmamento” hanno arricchito il racconto di ricordi, rievocando improbabili scommesse e acrobatiche. Come le prime dirette degli eventi sportivi effettuate – lo ha ricordato Marco Corti – utilizzando i cosiddetti baracchini dei “cb”, anch’esso un mondo scomparso. I “cb” erano dei radioamatori in piccolo, che potevano diffondere e ricevere a distanze limitatissime. Sufficienti però per collegare lo stadio con la sede della radio: «Una magata».
Il dibattito si poi allargato appunto al futuro. Un’epoca ormai è finita e il domani è tutto da inventare. Si parla di network televisivi regionali, di nuove tecnologie per la radio: il digitale al posto della modulazione di frequenza e naturalmente il web. Pareri discordi. Chi vivrà, vedrà.
D.C.