Due relazioni violente approdano in Tribunale. I racconti
Due storie, per certi versi molto simili, di soprusi fisici e psicologici nei confronti di due giovani donne lecchesi sono oggi state portate all'attenzione del giudice Bianca Maria Bianchi. Lesioni e atti persecutori sono le ipotesi di reato contestate in entrambi i casi.
La prima delle due vicende è stata ripercorsa attraverso i racconti delle colleghe di lavoro di lei, che fino a tre anni fa lavorava come commessa in un centro commerciale in provincia di Sondrio: “una mattina sono arrivata al lavoro e l'ho trovata tutta in disordine, lei che era sempre così curata” ha ricordato una delle testimoni oggi convocate a Palazzo di Giustizia .“Aveva lividi ovunque: in volto, sull'addome e il costato”. Solo una settimana dopo la donna avrebbe avuto il coraggio di recarsi in pronto soccorso per farsi refertare le lesioni procuratele, secondo quanto riportato in querela, dall'allora compagno. “Da quel momento aveva molta paura ad uscire dal lavoro da sola, tant'è che chiedeva alle guardie del centro commerciale di accompagnarla in parcheggio fino alla macchina” ha proseguito la teste, per poi aggiungere che non molto tempo dopo, quando lei si era già licenziata e aveva cambiato indirizzo proprio per paura di essere intercettata dall'ex fidanzato, quest'ultimo si sarebbe recato in negozio per avere sue notizie.
Un'altra amica ha invece raccontato del periodo immediatamente precedente all'aggressione: “si faceva passare palesemente per lei nella chat su whatsapp che avevamo fra colleghe, dove scriveva messaggi offensivi nei suoi confronti: “ero vestita troppo provocante” o “avevo i tacchi troppo alti”... una volta ha anche dato della “cicciona di merda” a me”. Ed è sempre con le amiche che verso la fine della relazione (nell'agosto 2021) la donna si sarebbe confidata, inviando loro le fotografie dei propri vestiti sbrindellati (tagliati da lui dopo l'ennesima lite) e dell'auto danneggiata.
Sono state invece ripercorse attraverso le parole di una mamma visibilmente angosciata, seppur i ben sei anni passati, le vicissitudini di una giovane donna residente nel lecchese, che con l'odierno imputato avrebbe iniziato a frequentarsi nel 2014, quando (ancora minorenne) per vedersi con lui avrebbe iniziato a marinare la scuola. “Era gelosissimo di lei” ha iniziato a raccontare la madre, che insieme alla figlia si è costituita parte civile. La donna ha proseguito nel dipingere il rapporto tossico in cui si era ritrovata la figlia, completamente succube del fidanzato: “tutti i soldi che noi davamo a lei finivano in tasca sua, anche in paese era debitore di tutti. Negli anni abbiamo cercato in tutti i modi io e mio marito di aiutarlo economicamente, di trovargli dei lavori ma senza successo”. Lei lo seguiva in tutti i suoi traslochi da una parte all'altra della provincia (“per un periodo hanno anche dormito in macchina”) e piano piano lui l'avrebbe allontanata dai genitori, già contrari alla relazione: “non le faceva nemmeno rispondere al telefono” ha raccontato la madre, che dal ragazzo avrebbe anche iniziato a ricevere messaggi minacciosi come “ti faccio trovare tua figlia in un sacco della spazzatura”.
La storia fra i due giovani si sarebbe protratta fino a dicembre del 2018, anno in cui si sarebbero susseguiti, a distanza di pochi mesi, due episodi particolarmente significativi.
Il primo, del maggio di quell'anno, quando lui si sarebbe recato a casa di lei con una scusa, per poi sottrarle con la forza il bancomat e il cellulare: “Mi ha detto che si era rifugiata in macchina, vedendo l'atteggiamento aggressivo di lui, che in tutta risposta ha riaperto la portiera, strattonandola e facendola cadere a terra” ha continuato la mamma nella sua testimonianza. In lacrime, la giovane, avrebbe chiamato la madre in soccorso e insieme poco più tardi avrebbero ritrovato gli oggetti buttati a bordo strada, per poi scoprire che il ragazzo aveva prelevato parecchi soldi dal conto corrente di lei. Per questi fatti ora gli vengono ascritti i reati di rapina e utilizzo indebito di strumenti di pagamento.
Il 3 ottobre 2018, invece, si sarebbero consumate le lesioni e il danneggiamento nei confronti proprio della madre, che quella sera era andata a recuperare la figlia fuori dal luogo di lavoro, ad Oggiono. Stando alla ricostruzione della teste il giovane, che stava già aspettando la fidanzata fuori dal locale dove lavorava, stava per “portarsi via” ancora una volta la figlia. Si sarebbe così avviata una discussione fra la donna e l'odierno imputato, che, prima di girare i tacchi e voltarle le spalle avrebbe tirato un paio di calci allo specchietto retrovisore alla sua auto, frantumandolo. “Se ne stavano andando insieme, allora io l'ho preso per il cappuccio della felpa, per trattenerlo. Al che lui mi ha strattonato e mi ha spinto contro il muro esterno del ristorante”. È della sera stessa il certificato medico del pronto soccorso che testimonia le lesioni riportate dalla donna alla spalla.
In entrambi i casi si torna in aula per l'esame degli imputati (rispettivamente il 19 marzo e il 20 febbraio), e a seguire, con tutta probabilità, le sentenze.
La prima delle due vicende è stata ripercorsa attraverso i racconti delle colleghe di lavoro di lei, che fino a tre anni fa lavorava come commessa in un centro commerciale in provincia di Sondrio: “una mattina sono arrivata al lavoro e l'ho trovata tutta in disordine, lei che era sempre così curata” ha ricordato una delle testimoni oggi convocate a Palazzo di Giustizia .“Aveva lividi ovunque: in volto, sull'addome e il costato”. Solo una settimana dopo la donna avrebbe avuto il coraggio di recarsi in pronto soccorso per farsi refertare le lesioni procuratele, secondo quanto riportato in querela, dall'allora compagno. “Da quel momento aveva molta paura ad uscire dal lavoro da sola, tant'è che chiedeva alle guardie del centro commerciale di accompagnarla in parcheggio fino alla macchina” ha proseguito la teste, per poi aggiungere che non molto tempo dopo, quando lei si era già licenziata e aveva cambiato indirizzo proprio per paura di essere intercettata dall'ex fidanzato, quest'ultimo si sarebbe recato in negozio per avere sue notizie.
Un'altra amica ha invece raccontato del periodo immediatamente precedente all'aggressione: “si faceva passare palesemente per lei nella chat su whatsapp che avevamo fra colleghe, dove scriveva messaggi offensivi nei suoi confronti: “ero vestita troppo provocante” o “avevo i tacchi troppo alti”... una volta ha anche dato della “cicciona di merda” a me”. Ed è sempre con le amiche che verso la fine della relazione (nell'agosto 2021) la donna si sarebbe confidata, inviando loro le fotografie dei propri vestiti sbrindellati (tagliati da lui dopo l'ennesima lite) e dell'auto danneggiata.
Sono state invece ripercorse attraverso le parole di una mamma visibilmente angosciata, seppur i ben sei anni passati, le vicissitudini di una giovane donna residente nel lecchese, che con l'odierno imputato avrebbe iniziato a frequentarsi nel 2014, quando (ancora minorenne) per vedersi con lui avrebbe iniziato a marinare la scuola. “Era gelosissimo di lei” ha iniziato a raccontare la madre, che insieme alla figlia si è costituita parte civile. La donna ha proseguito nel dipingere il rapporto tossico in cui si era ritrovata la figlia, completamente succube del fidanzato: “tutti i soldi che noi davamo a lei finivano in tasca sua, anche in paese era debitore di tutti. Negli anni abbiamo cercato in tutti i modi io e mio marito di aiutarlo economicamente, di trovargli dei lavori ma senza successo”. Lei lo seguiva in tutti i suoi traslochi da una parte all'altra della provincia (“per un periodo hanno anche dormito in macchina”) e piano piano lui l'avrebbe allontanata dai genitori, già contrari alla relazione: “non le faceva nemmeno rispondere al telefono” ha raccontato la madre, che dal ragazzo avrebbe anche iniziato a ricevere messaggi minacciosi come “ti faccio trovare tua figlia in un sacco della spazzatura”.
La storia fra i due giovani si sarebbe protratta fino a dicembre del 2018, anno in cui si sarebbero susseguiti, a distanza di pochi mesi, due episodi particolarmente significativi.
Il primo, del maggio di quell'anno, quando lui si sarebbe recato a casa di lei con una scusa, per poi sottrarle con la forza il bancomat e il cellulare: “Mi ha detto che si era rifugiata in macchina, vedendo l'atteggiamento aggressivo di lui, che in tutta risposta ha riaperto la portiera, strattonandola e facendola cadere a terra” ha continuato la mamma nella sua testimonianza. In lacrime, la giovane, avrebbe chiamato la madre in soccorso e insieme poco più tardi avrebbero ritrovato gli oggetti buttati a bordo strada, per poi scoprire che il ragazzo aveva prelevato parecchi soldi dal conto corrente di lei. Per questi fatti ora gli vengono ascritti i reati di rapina e utilizzo indebito di strumenti di pagamento.
Il 3 ottobre 2018, invece, si sarebbero consumate le lesioni e il danneggiamento nei confronti proprio della madre, che quella sera era andata a recuperare la figlia fuori dal luogo di lavoro, ad Oggiono. Stando alla ricostruzione della teste il giovane, che stava già aspettando la fidanzata fuori dal locale dove lavorava, stava per “portarsi via” ancora una volta la figlia. Si sarebbe così avviata una discussione fra la donna e l'odierno imputato, che, prima di girare i tacchi e voltarle le spalle avrebbe tirato un paio di calci allo specchietto retrovisore alla sua auto, frantumandolo. “Se ne stavano andando insieme, allora io l'ho preso per il cappuccio della felpa, per trattenerlo. Al che lui mi ha strattonato e mi ha spinto contro il muro esterno del ristorante”. È della sera stessa il certificato medico del pronto soccorso che testimonia le lesioni riportate dalla donna alla spalla.
In entrambi i casi si torna in aula per l'esame degli imputati (rispettivamente il 19 marzo e il 20 febbraio), e a seguire, con tutta probabilità, le sentenze.
F.F.