Sanremo è l’oppio del popolo
Sanremo è sempre Sanremo. La manifestazione canora di Sanremo è stata trasmessa per la prima volta alla radio nel 1950 per attenuare le tensioni del dopo guerra, per rasserenare il clima della ricostruzione, della conflittualità sociale ed economica. La guerra aveva causato quattro milioni di morti e trecentoventi mila militari feriti e inabili. Un disastro. L’economia per l’ottanta per cento era ancora agricola. Le macerie dominavano la scena. Le città erano tutte da ricostruire. La polvere e le pozzanghere dominavano lo scorcio di quegli anni. Nei paesi di pianura e di montagna l’acqua e la corrente elettrica erano un sogno. Nelle scuole elementari la radio, voluta dal Duce, trasmetteva ancora dei programmi didattici di ispirazione fascista.
L’italiano era parlato ancora da una minoranza, i dialetti locali impedivano di costruire un lessico condiviso. La manifestazione canora è sta un’occasione anche per alfabetizzare la popolazione. Le canzoni e le sonorità del ventennio marcatamente bombarole e melodrammatico costituivano l’immaginario sonoro.
Una botta al cambiamento si è verificata con l’arrivo degli americani. Gli americani hanno portato lo swing, il country, il blues, il pop, il jazz, il rock and roll.
Compaiono sulla scena cantanti come Elvis Presley, Chuck Berry, Bill Haley e altri ancora, lasciando un’impronta indelebile nella storia della musica moderna. Le canzoni più famose sono Blue Suede Shoes, That’ll Be the Day, Shake, Rattle and Roll e Great Balls e altre. Si inizia a ballare il Rock and roll, il Madison Line, lo Stroll, l'Hand Jive, lo swing, il Jitterbug, il twist. Questa contaminazione genererà un cambiamento sostanziale nella musica. Infatti, i così detti urlatori romperanno definitivamente con il passato portando nuovi stili musicali.
Negli anni sessanta nasce il movimento beat che mette in discussione i valori della società borghese e propone una serie di atteggiamenti provocatori: capelli lunghi, comunità, pacifismo, anti razzismo e avvicinamento alle religioni orientali.
Gli anni settanta sono caratterizzati dalle grandi rock band e dalla nascita dei cantautori solisti di protesta. Scoppia la disco music. E’ il decennio della contestazione, degli scontri sociali e terroristici.
Gli anni ottanta sono connotati dalla musica moderna perché mischiano più generi. Il Pop raggiunge la sua massima espansione con molte band e cantanti: Micheal Jakson, Prince, Duran Duran, gli Spandau Ballet, oppure, per il Rock e il Metal, con Guns N' Roses, Metallica, Megadeth. Nel panorama musicale italiano, uno dei primi a inaugurare la nuova canzone pop (o pop-rock) è Franco Battiato, insieme ai Matia Bazar, Alan Sorrenti, i Righeira, Enrico Ruggeri e altri.
E’ il periodo della Milano da bere, della spensieratezza, della caduta del muro di Berlino.
Negli anni novanta il rock si mescola con il rap, il pop con l’elettronica. Il rap si diffonde nelle città metropolitane. E’ l’espressione di un disagio della convivenza. C’è la guerra balcanica in Europa. La vecchia Jugoslavia si dissolve. Emergono conflitti etnici che segneranno il futuro. Nel duemilauno, con l’attacco alle Torri Gemelli, l’occidente è messo in scacco.
La musica degli anni duemila in poi si rivolge verso generi innovativi e spesso multietnici, con un’attenzione particolare nei confronti del rap, un genere nato anche come espressione di contestazione politica e di disagio sociale.
E’ una musica della globalizzazione che si diffonde e si propaga attraverso internet e lo smartphone. I suoni multietnici si mischiano con quelli metropolitani, è la fusione della multi sonorità.
I suoni multiculturali si incrociano con la postmodernità: tutto si mischia e si scompone in varie forme.
Quello che si è messo in scena all’Ariston è uno spaccato di un grande calderone che cerca di contenere sonorità passate con quelle di un presente non definibile. E’ un immaginario sonoro caotico che genera un format ibrido che soddisfa generazioni passate e spezzoni delle nuove generazioni: può essere un’iniezione paralizzante o eccitante. Il format, è indipendente dalle canzoni e dalle opere musicali, richiama una metafora deformata fuori moda: Sanremo è l’oppio del popolo.
L’italiano era parlato ancora da una minoranza, i dialetti locali impedivano di costruire un lessico condiviso. La manifestazione canora è sta un’occasione anche per alfabetizzare la popolazione. Le canzoni e le sonorità del ventennio marcatamente bombarole e melodrammatico costituivano l’immaginario sonoro.
Una botta al cambiamento si è verificata con l’arrivo degli americani. Gli americani hanno portato lo swing, il country, il blues, il pop, il jazz, il rock and roll.
Compaiono sulla scena cantanti come Elvis Presley, Chuck Berry, Bill Haley e altri ancora, lasciando un’impronta indelebile nella storia della musica moderna. Le canzoni più famose sono Blue Suede Shoes, That’ll Be the Day, Shake, Rattle and Roll e Great Balls e altre. Si inizia a ballare il Rock and roll, il Madison Line, lo Stroll, l'Hand Jive, lo swing, il Jitterbug, il twist. Questa contaminazione genererà un cambiamento sostanziale nella musica. Infatti, i così detti urlatori romperanno definitivamente con il passato portando nuovi stili musicali.
Negli anni sessanta nasce il movimento beat che mette in discussione i valori della società borghese e propone una serie di atteggiamenti provocatori: capelli lunghi, comunità, pacifismo, anti razzismo e avvicinamento alle religioni orientali.
Gli anni settanta sono caratterizzati dalle grandi rock band e dalla nascita dei cantautori solisti di protesta. Scoppia la disco music. E’ il decennio della contestazione, degli scontri sociali e terroristici.
Gli anni ottanta sono connotati dalla musica moderna perché mischiano più generi. Il Pop raggiunge la sua massima espansione con molte band e cantanti: Micheal Jakson, Prince, Duran Duran, gli Spandau Ballet, oppure, per il Rock e il Metal, con Guns N' Roses, Metallica, Megadeth. Nel panorama musicale italiano, uno dei primi a inaugurare la nuova canzone pop (o pop-rock) è Franco Battiato, insieme ai Matia Bazar, Alan Sorrenti, i Righeira, Enrico Ruggeri e altri.
E’ il periodo della Milano da bere, della spensieratezza, della caduta del muro di Berlino.
Negli anni novanta il rock si mescola con il rap, il pop con l’elettronica. Il rap si diffonde nelle città metropolitane. E’ l’espressione di un disagio della convivenza. C’è la guerra balcanica in Europa. La vecchia Jugoslavia si dissolve. Emergono conflitti etnici che segneranno il futuro. Nel duemilauno, con l’attacco alle Torri Gemelli, l’occidente è messo in scacco.
La musica degli anni duemila in poi si rivolge verso generi innovativi e spesso multietnici, con un’attenzione particolare nei confronti del rap, un genere nato anche come espressione di contestazione politica e di disagio sociale.
E’ una musica della globalizzazione che si diffonde e si propaga attraverso internet e lo smartphone. I suoni multietnici si mischiano con quelli metropolitani, è la fusione della multi sonorità.
I suoni multiculturali si incrociano con la postmodernità: tutto si mischia e si scompone in varie forme.
Quello che si è messo in scena all’Ariston è uno spaccato di un grande calderone che cerca di contenere sonorità passate con quelle di un presente non definibile. E’ un immaginario sonoro caotico che genera un format ibrido che soddisfa generazioni passate e spezzoni delle nuove generazioni: può essere un’iniezione paralizzante o eccitante. Il format, è indipendente dalle canzoni e dalle opere musicali, richiama una metafora deformata fuori moda: Sanremo è l’oppio del popolo.
Dr. Enrico Magni, Psicologo, giornalista