Lecco, 'città accogliente', ricorda la tragedia delle Foibe
Cerimonia asciutta, in una giornata di fastidiosa pioggia, incessante, quella promossa quest'oggi dalla Prefettura, dalla Provincia e dal Comune di Lecco in occasione del Giorno del Ricordo e dunque di questo 10 febbraio in cui si rinnova la memoria del dramma delle foibe e dell'esodo, dalle loro terre, degli istriani, dei fiumani e dei dalmati nel secondo dopoguerra, nonché della più complessa vicenda del confine orientale.Alle 11 ci si è ritrovati in riva Martiri delle Foibe – alle piedi del Monumento ai Caduti, sul lungolago – per la commemorazione.
Al microfono, davanti a una sparuta platea istituzionale, si sono alternati i rappresentanti dei tre Enti promotori dell'iniziativa, con il vicepresidente vicario Mattia Micheli e il Prefetto Sergio Pomponio che hanno insistito sul concetto per l'appunto del “ricordo” e della necessità di preservare memoria di ciò è stato, di una tragedia dunque “per troppo tempo dimenticata e considerata, a torto, un episodio minore” come rimarcato dal primo, “una pagina di grande dramma nella storia del nostro Paese” come sottolineato dal secondo, focalizzandosi anche sui numeri, spesso sminuiti o enfatizzati a seconda della penna di chi ne scrive.
“I giuliano dalmati rappresentano i poveri della storia, le vittime, tutti quelli che vengono travolti da eventi più grandi di loro. Forse il non voler riconoscere le vicende dei giuliano dalmati è il non voler riconoscere pubblicamente la nostra debolezza, la nostra debolezza di uomini travolti appunto da eventi più grandi di noi, da nostra debolezza di persone sconfitte dalla storia, con la S maiuscola che poi però alla fine si rivela essere solo sopraffazione e rabbia nascosta tra le pieghe dell'animo degli uomini” ha argomentato Sua Eccellenza.
“Contro questo anti-storia i giuliano dalmati continuano a manifestare la loro unità, la loro indipendenza e anche il loro senso di libertà. Noi li ricordiamo con grande affetto”.
“La verità storica è sempre una e le storture derivano dalle ricostruzioni e talvolta dalle deviazioni che attorno ai fatti l'ideologia costruisce” ha aggiunto, poi, anche il sindaco Mauro Gattinoni, citando le parole del Presidente della Repubblica, per arrivare a introdurre un altro concetto. “Lecco – ha detto infatti dopo aver salutato Jadran Savarin, delegato dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – è stata una città accogliente, che ha offerto una casa, in alcuni casi una secondo vita a chi aveva lasciato tutto altrove. Questo forse dimostra che laddove i governi, le ideologie, dividono, i popoli uniscono. Questo forse è il messaggio più bello che questa tragica storia consegna a noi”.
E le parole dello stesso Savarin hanno poi rafforzato tale concetto. Il rappresentante lecchese dell'ANVGD ha ricordato infatti quando a tre anni, con la famiglia venne inviato per tre giorni alla risiera di San Sabba, “quindi, con un bellissimo carro merci, siamo stati trasferiti al campo profughi di Cremona. Li sono stato con mia madre, mio padre, mio fratello circa 18 mesi quindi abbiamo avuto la fortuna di essere stati accolti – grazie signor sindaco – dal comune di Lecco che ha dato un lavoro a mio padre e devo dire che questo ha permesso a me e alla mia famiglia di essere davvero italiani, visto che italiani lo siamo due volte, per nascita e per il fatto che da italiani, arrivati in Italia, davanti a un funzionario pubblico abbiamo attestato la nostra italianità. Grazie, grazie...” ha chiosato commosso.
Al microfono, davanti a una sparuta platea istituzionale, si sono alternati i rappresentanti dei tre Enti promotori dell'iniziativa, con il vicepresidente vicario Mattia Micheli e il Prefetto Sergio Pomponio che hanno insistito sul concetto per l'appunto del “ricordo” e della necessità di preservare memoria di ciò è stato, di una tragedia dunque “per troppo tempo dimenticata e considerata, a torto, un episodio minore” come rimarcato dal primo, “una pagina di grande dramma nella storia del nostro Paese” come sottolineato dal secondo, focalizzandosi anche sui numeri, spesso sminuiti o enfatizzati a seconda della penna di chi ne scrive.
“I giuliano dalmati rappresentano i poveri della storia, le vittime, tutti quelli che vengono travolti da eventi più grandi di loro. Forse il non voler riconoscere le vicende dei giuliano dalmati è il non voler riconoscere pubblicamente la nostra debolezza, la nostra debolezza di uomini travolti appunto da eventi più grandi di noi, da nostra debolezza di persone sconfitte dalla storia, con la S maiuscola che poi però alla fine si rivela essere solo sopraffazione e rabbia nascosta tra le pieghe dell'animo degli uomini” ha argomentato Sua Eccellenza.
“Contro questo anti-storia i giuliano dalmati continuano a manifestare la loro unità, la loro indipendenza e anche il loro senso di libertà. Noi li ricordiamo con grande affetto”.
“La verità storica è sempre una e le storture derivano dalle ricostruzioni e talvolta dalle deviazioni che attorno ai fatti l'ideologia costruisce” ha aggiunto, poi, anche il sindaco Mauro Gattinoni, citando le parole del Presidente della Repubblica, per arrivare a introdurre un altro concetto. “Lecco – ha detto infatti dopo aver salutato Jadran Savarin, delegato dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – è stata una città accogliente, che ha offerto una casa, in alcuni casi una secondo vita a chi aveva lasciato tutto altrove. Questo forse dimostra che laddove i governi, le ideologie, dividono, i popoli uniscono. Questo forse è il messaggio più bello che questa tragica storia consegna a noi”.
E le parole dello stesso Savarin hanno poi rafforzato tale concetto. Il rappresentante lecchese dell'ANVGD ha ricordato infatti quando a tre anni, con la famiglia venne inviato per tre giorni alla risiera di San Sabba, “quindi, con un bellissimo carro merci, siamo stati trasferiti al campo profughi di Cremona. Li sono stato con mia madre, mio padre, mio fratello circa 18 mesi quindi abbiamo avuto la fortuna di essere stati accolti – grazie signor sindaco – dal comune di Lecco che ha dato un lavoro a mio padre e devo dire che questo ha permesso a me e alla mia famiglia di essere davvero italiani, visto che italiani lo siamo due volte, per nascita e per il fatto che da italiani, arrivati in Italia, davanti a un funzionario pubblico abbiamo attestato la nostra italianità. Grazie, grazie...” ha chiosato commosso.
A.M.