SCAFFALE LECCHESE/188: gita lungo l'itinerario turistico proposto dal Touring nel 1914

Il 1914 certo fu anno funesto, scatenandosi la prima guerra mondiale. Però, procrastinando il proprio ingresso nel conflitto e pur con le piazze infiammate, l’Italia si concesse ancora qualche mese di spensieratezza, qualche scampolo della cosiddetta “belle epoque”, qualche ulteriore illusione sul progresso dell’umanità. Al punto che si poteva anche pensare al viaggiare. Frutto di quel clima di inizio secolo, infatti, furono anche le prime guide turistiche del Touring club italiano – associazione che in quel 1914 compiva i vent’anni dalla fondazione -, le cosiddette guide rosse, dal colore della copertina: sarebbero diventate più che un punto di riferimento o una pietra di paragone. Quasi un vangelo. Un autentico inventario dei monumenti italiani. Riuscendo appieno in quegli intenti che tratteggiava l’allora presidente del Touring, Luigi Vittorio Bertarelli, presentando l’opera: «Il piano generale di questa Guida comprende una serie di volumi da distribuirsi anno per anno gratuitamente ai soci del Touring: il loro insieme darà la descrizione turistica di tutta Italia». Italia e “terre italiane”, perché l’ultimo volume, che uscirà nel 1929, sarà dedicato a “Possedimenti e colonie” e cioè le Isole Egee, la Tripolitania e la Cirenaica, l’Eritrea, la Somalia. Aggiungiamoci, inoltre, il fatto che proprio la prima guerra mondiale modificherà anche qualche confine e nel 1920 uscirà la guida rossa delle “Tre Venezie”.
La collezione– continuava Bertarelli - «costituirà il massimo atto di propaganda turistica del Sodalizio. (…) Questa Guida diventerà di primo acchito suggeritrice e compagna di viaggio di un gran numero di turisti italiani: è dunque nell’interesse morale e materiale di tutti che essa possa raggiungere in breve tempo il massimo grado di esattezza e, ove occorra, venir anche in qualche parte modificata. (…) Gli scopi precipui che si vogliono raggiungere con la Guida sono due: affrancare gli italiani dall’uso di quelle Guide straniere che si sono generalmente imposte tra noi pel loro merito reale di redazione e di carte, e mettere la Guida nostra in un così gran numero di mani da influire sensibilmente sulla piccola coltura e sul movimento turistico generale».
Certo, nel corso del secolo, talune caratteristiche sono cambiate: gli aspetti pratici sarebbero stati affidati ad altre pubblicazioni così come quelle frivolezze che il mutar del costume richiedeva ai nuovi Baedeker.
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La primissima guida rossa era dedicata a Piemonte e Lombardia sconfinando anche in quel Canton Ticino italiano per lingua e cultura nonostante frontiere e dogane, mentre la descrizione di Milano e Torino era contenuta in un volumetto annesso che comprendeva anche uno “sguardo d’insieme” sull’intero territorio. Della prima edizione della guida vennero stampate 150mila copie. Nuove edizioni si ebbero già nel 1915 e nel 1916, segno che nonostante il clima di guerra c’era anche tempo di pensare alla bellezza.
All’epoca, il territorio di Lecco era uno dei tre “circondari” della vasta provincia di Como (gli altri erano Varese e appunto Como). Statisticamente, dunque, “numeri” lecchesi erano inglobati nei comaschi. Spuntando qua e là qualche riferimento. Per esempio: «L’industria siderurgica avrebbe raggiunto un certo sviluppo specialmente in provincia di Como, il solo territorio di Lecco possedeva 120 magli che trattavano 11.000 tonnellate di ferro, in gran parte destinato ad armamento di strade ferrate» mentre per la metallurgia si accenna a “importanti officine” a Castello sopra Lecco e viene segnalato «infine il formidabile impianto di Paderno d’Adda per la produzione di energia elettrica che, se fu seguito e superato, ebbe il merito di essere il primo in Europa di tanta audacia». Si tratta della centrale “Angelo Bertini” realizzata nel 1895 dalla Edison.
Alla visita è dedicata una decina di pagine con una particolare attenzione per il lago e la Valsassina, mentre la Brianza è citata quasi incidentalmente nel tracciare la strada per raggiungere il Passo dello Spluga da Milano. E allora, lungo la ferrovia, viene indicata la sosta alla stazione di Cernusco-Merate per effettuare quella “popolare passeggiata” che in un’ora conduce alla chiesa di Montevecchia, nei pressi della quale c’è pure un ristorante: la specialità locale naturalmente sono gli ormai mitici (e scomparsi) formaggini. Lungo la strada carrozzabile, invece, le tappe indicate sono Osnago e Cernusco, «paesi agricoli con grandi ville della ricca borghesia milanese».
Accompagnandoci sul lago, invece, tappa d’obbligo già allora era Varenna dove si trovano «splendidi giardini» e nella cui vicinanze ci sono le cave «del bel marmo nero e di verde lumachella». La località è punto di partenza per escursioni di modesto impegno come Vezio (ma il consiglio è di salirvi in mattinata) e di grande fatica come la Grigna Settentrionale, «importante montagna dolomitica, forse la più bella del Lario, disseminata di capanne e segnavie: per salirvi è comunque necessario affidarsi a una guida e si richiedono otto o nove ore di cammino e pertanto è «un’escursione da fare in due giorni». Più rilassante è la passeggiata a Bellano lungo la carrozzabile con «numerose gallerie nelle rocce a picco e punti di vista impareggiabili».
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A Bellano, patria di Tommaso Grossi, da visitare vi è naturalmente l’Orrido, ma uno sguardo va dato anche alla chiesa parrocchiale, mentre pittoresca è l’apertura della Valle Muggiasca «cui sovrastano le creste del Pizzo di Parlasco». 
Proseguendo verso Nord si toccano Dervio dove si segnalano qualche industria, i ruderi del castello, la chiesa dei santi Quirico e Giovita che è «una delle più antiche della regione» e con possibilità di escursioni a Corenno, ai Roccoli Lorla, sul Legnoncino e il Legnone. E quindi il laghetto di Piona «deserto e melanconico».
Se per raggiungere Colico si viaggia in treno, la guida consiglia «di mettersi a sinistra per godere del paesaggio comunque disturbato da 21 galleria di complessivamente 13.550 metri peraltro senza polvere né fumo»
Scendendo verso Sud, la funicolare che porta all’Hotel Regoledo allora in grande spolvero, la cascata del Fiumelatte, Mandello con la chiesa di San Zenone e importanti opifici nonché le tante possibili escursioni per le Grigne. 
«Il lago, o meglio, il ramo di Lecco – si legge - meno abitato e assai meno frequentato degli altri due, soprattutto sulla riva Ovest, ha paesaggi grandiosi specialmente dovuti alla natura dolomitica delle Grigne e del Monte Moregallo».  E se da un lato ci sono «le splendide rocce dolomitiche che calano a grandi guglie e precipizi sopra Abbadia», dall’altra parte del lago ci sono quelle fornaci oggi ormai scomparse ma che a lungo hanno incantato molti viaggiatori, mentre «verso Lecco appare la dentellata cresta del Resegone». Ed è «molto pittoresco l’aperto anfiteatro all’estremità inferiore del lago ove svetta il Monte Barro». In quanto a Lecco «ha un contorno magnifico di montagne; è nel punto ove il lago si chiude e comincia l’Adda, accavalcata dal Ponte Grande (con bella vista a monte e a valle – Aveva 8 archi adesso ne ha 11, l’allargamento recente gli ha fatto perdere gran parte del suo carattere)». Però non è luogo di soggiorno turistico: pur animatissima è infatti città «di commercio e di passaggio». Da vedere, naturalmente il monumento ad Alessandro Manzoni. Escursioni per Galbiate, San Michele, i Resinelli. Menzione anche per Malgrate «con la sua collinetta ove si ergono villini».
Meta turistica è soprattutto la Valsassina, «verdissima e quieta, giustamente cara all’escursionismo turistico lombardo per grande comodità di accesso e per singolare varietà di bellezze».
La si raggiunge da Lecco con la vecchia carrozzabile che da Castello prosegue per San Giovanni alla Castagna, ed «è consigliabile ai pedoni per osservare l’intensa e caratteristica vita industriale che ferve in tutta la Valle del Gerenzone coi numerosissimi opifici di filo di ferro e chioderia, specialità del territorio di Lecco, alternati con setifici, con forza in parte da ruote idrauliche», passando per Malavedo con un «colpo d’occhio pittoresco sulla valle che si presenta sui due lati del torrente colle sue casupole affumicate fuse nella visuale d’un’unica lunga officina». Le celebri grotte di Laorca sono invece definite uno «speco di poco interesse».
Pittoresca invece la vista a Ballabio: «La carrozzabile, attraverso un pianoro prativo s’interna in una gola selvaggia con scenografiche torri dolomitiche». Si segnalano le casere «per la maturazione di stracchini di Gorgonzola, portati dalla bassa Lombardia prima dell’esportazione, per particolari condizioni d’aria e temperatura molto favorevoli. Si avvertono dall’odore acuto e sgradevole; è un traffico importante», le miniere di barite nella zona di Introbio e ci viene spiegato che la baritina è «minerale bianco pesantissimo usato per dar peso alla carta che si trasporta a Calolzio per macero».
Raggiunto il paese di Taceno, l’itinerario principale ci ricollega con Bellano, ma è naturalmente possibile un’escursione in Alta Valsassina, soffermandosi all’antica chiesetta di Santa Margherita, all’insellatura di Piazzo e Premana dove domina l’industria «della coltelleria nelle vecchie casette».
Già in quella prima edizione comparivano gli asterischi tipici delle guide Touring: due sono assegnati al paesaggio tra Abbadia e Lecco con lo strapiombare della montagna, uno per il canyon di Ballabio e uno per Piazzo di Casargo.
Sul fronte delle informazioni pratiche, il viaggiatore viene informato che «le strade delle regioni descritte sono in genere discrete o buone» e fornisce una serie di suggerimenti ai ciclisti che «in molte località possono servirsi della ferrovia per portarsi in alto, adoperando la bicicletta per la discesa», ma che soprattutto dovranno «tener presente che quasi dappertutto dalle Alpi soffia verso la pianura vento nella mattinata, mentre nel pomeriggio soffia dal piano verso le Alpi», evitando dunque di pedalare controvento. A proposito della “rete d’assistenza”, «in Lombardia si hanno 150 meccanici, 300 fornitori di benzina e 60 garages». Per quanto riguarda l’alloggio, a Lecco ci sono quali buoni alberghi il Croce di Malta, l’Italia e il Mazzoleni, mentre il Corona  è «molto frequentato da clientela di campagna»; a Varenna il Royal Victoria e l’Olivedo; a Bellano il Porta e Tommaso Grossi, il Cavallo Bianco e la Trattoria della Peppa. E via elencando.
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Dario Cercek
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