Tre anni di 'Ritorno alla terra', con 7 realtà e 600 persone coinvolte
A conti fatti, non è solo un progetto rivolto alle persone con fragilità. Di più: è un messaggio, un invito a tornare alla terra, a ritrovare il giusto rapporto con la natura che significa anche ristabilire le relazioni umane, risalire a una saggezza antica. Come le capre che il pastore lascia ancora libere sui monti quando scende a valle con le vacche.
Saranno poi esse stesse, le capre, a ridiscendere il monte alle avvisaglie della prima neve. Una sapienza che fu anche dei nostri avi e che oggi è andata perduta e andrebbe appunto ritrovata, «perché la soluzione ai problemi ce l’abbiamo sotto i nostri occhi».
La sintesi è quella che Matteo Rossi della cooperativa “Liberi sogni” ha consegnato agli intervenuti all’incontro tenutosi al centro di formazione professionale di via Montessori ad Acquate per fare il punto del progetto “Transizioni. Ritorno alla terra” avviato nel 2021.
Sostenuto finanziariamente dalla Fondazione Cariplo, coinvolge sette tra cooperative sociali ed enti: “Liberi sogni” e “La Vecchia Quercia” di Calolziocorte, la brianzola “Solleva”, il Gal (Gruppo di azione locale) dei Quattro Parchi di Lecco e Brianza, la scuola alberghiera di Casargo e il centro di formazione professionale Consolida di Lecco nonché l’Associazione agricoltori della Valle San Martino.
In questi tre anni il progetto si è articolato in una serie di iniziative che hanno interessato nove Comuni, hanno portato al recupero di otto ettari di terreni incolti rigenerati e rimessi a coltura con la riscoperta di antiche specie come il mais scagliolo, il recupero di un ettaro di castagneto, la messa a dimora di 400 piante officinali di sei specie differenti, ma anche alla realizzazione del primo laboratorio agroscientifico della provincia con un potenziale non indifferente: può aspirare a diventare punto di riferimento per agricoltori e hobbisti del territorio ora costretti a rivolgersi altrove (la sede più vicina è la Fondazione Minoprio a Vertemate in provincia di Como).
Al laboratorio sono collegate anche alcune proposte didattiche da portare nelle scuole dell’infanzia e primarie, a cominciare dal “progetto coccinelle”, l’insetto che si nutre di altri insetti nocivi per le piante e che quindi è un anticrittogamico naturale straordinario.
Complessivamente sono state coinvolte 600 persone di età e provenienza diverse, e 120 soggetti “fragili”, sono state organizzate quaranta iniziative culturali ma anche formative: corsi sulla frutticoltura e l’orticoltura, sull’agroecologia e l’apicoltura.
Fiore all’occhiello del progetto è la Cascina Rapello di Airuno, ritornata a vivere da rudere che era: circondata da nove ettari di terreno, dei quali tre seminativi e gli altri ricoperti da boschi di castagni, vi sono stati realizzati un piccolo orto – come ha spiegato il referente del progetto di recupero Raffaele Ortisi – che è già servito per rifornire i cosiddetti gas (i gruppi di acquisto solidale), un frutteto con 67 piante (meli, susini, ciliegi), vi sono state seminate piante officinali e vi sono stati installati primi alveari, «ma oltre ai numeri vi sono i valori, quelli della partecipazione e del vivere bene, perché Cascina Rapello non è solo agricoltura ma anche salute e sostenibilità».
Il progetto “Transizioni” alimenta inoltre un circolo virtuoso che coinvolge altre cooperative e associazioni, stimola nuovi impulsi e alternative possibili. Che avrebbero bisogno dell’attenzione di un ceto politico ormai smarrito: «Molti oggi – ha per esempio detto Giacomo Camozzini del Gruppo di azione locale – parlano di “made in Italy”, ma occorre sostenere le filiere corti non i grandi marchi che poi sono in mano alle multinazionali e di “made in Italy” hanno quindi poco».
Sono stati molti gli interventi nel corso dell’incontro: Paolo Dell’Oro della Fondazione comunitaria del Lecchese, l’assessore comunale lecchese Emanuele Manzoni, esponenti delle cooperative e dei centri di formazione (tra gli altri Filippo Bugiada, Luigi Gasperini, Marco Cimino), Ioris Gilardi a rappresentare gli agricoltori della Valle San Martino, ma anche i ragazzi impegnati direttamente e che hanno raccontato le proprie esperienze.
Saranno poi esse stesse, le capre, a ridiscendere il monte alle avvisaglie della prima neve. Una sapienza che fu anche dei nostri avi e che oggi è andata perduta e andrebbe appunto ritrovata, «perché la soluzione ai problemi ce l’abbiamo sotto i nostri occhi».
La sintesi è quella che Matteo Rossi della cooperativa “Liberi sogni” ha consegnato agli intervenuti all’incontro tenutosi al centro di formazione professionale di via Montessori ad Acquate per fare il punto del progetto “Transizioni. Ritorno alla terra” avviato nel 2021.
Sostenuto finanziariamente dalla Fondazione Cariplo, coinvolge sette tra cooperative sociali ed enti: “Liberi sogni” e “La Vecchia Quercia” di Calolziocorte, la brianzola “Solleva”, il Gal (Gruppo di azione locale) dei Quattro Parchi di Lecco e Brianza, la scuola alberghiera di Casargo e il centro di formazione professionale Consolida di Lecco nonché l’Associazione agricoltori della Valle San Martino.
In questi tre anni il progetto si è articolato in una serie di iniziative che hanno interessato nove Comuni, hanno portato al recupero di otto ettari di terreni incolti rigenerati e rimessi a coltura con la riscoperta di antiche specie come il mais scagliolo, il recupero di un ettaro di castagneto, la messa a dimora di 400 piante officinali di sei specie differenti, ma anche alla realizzazione del primo laboratorio agroscientifico della provincia con un potenziale non indifferente: può aspirare a diventare punto di riferimento per agricoltori e hobbisti del territorio ora costretti a rivolgersi altrove (la sede più vicina è la Fondazione Minoprio a Vertemate in provincia di Como).
Complessivamente sono state coinvolte 600 persone di età e provenienza diverse, e 120 soggetti “fragili”, sono state organizzate quaranta iniziative culturali ma anche formative: corsi sulla frutticoltura e l’orticoltura, sull’agroecologia e l’apicoltura.
Fiore all’occhiello del progetto è la Cascina Rapello di Airuno, ritornata a vivere da rudere che era: circondata da nove ettari di terreno, dei quali tre seminativi e gli altri ricoperti da boschi di castagni, vi sono stati realizzati un piccolo orto – come ha spiegato il referente del progetto di recupero Raffaele Ortisi – che è già servito per rifornire i cosiddetti gas (i gruppi di acquisto solidale), un frutteto con 67 piante (meli, susini, ciliegi), vi sono state seminate piante officinali e vi sono stati installati primi alveari, «ma oltre ai numeri vi sono i valori, quelli della partecipazione e del vivere bene, perché Cascina Rapello non è solo agricoltura ma anche salute e sostenibilità».
Il progetto “Transizioni” alimenta inoltre un circolo virtuoso che coinvolge altre cooperative e associazioni, stimola nuovi impulsi e alternative possibili. Che avrebbero bisogno dell’attenzione di un ceto politico ormai smarrito: «Molti oggi – ha per esempio detto Giacomo Camozzini del Gruppo di azione locale – parlano di “made in Italy”, ma occorre sostenere le filiere corti non i grandi marchi che poi sono in mano alle multinazionali e di “made in Italy” hanno quindi poco».
Sono stati molti gli interventi nel corso dell’incontro: Paolo Dell’Oro della Fondazione comunitaria del Lecchese, l’assessore comunale lecchese Emanuele Manzoni, esponenti delle cooperative e dei centri di formazione (tra gli altri Filippo Bugiada, Luigi Gasperini, Marco Cimino), Ioris Gilardi a rappresentare gli agricoltori della Valle San Martino, ma anche i ragazzi impegnati direttamente e che hanno raccontato le proprie esperienze.
D.C.