In viaggio a tempo indeterminato/315: gli altarini degli antenati
Nel nostro girovagare in moto per il Vietnam abbiamo avuto spesso l'occasione di entrare nelle case delle persone del posto.
Non è difficile farlo, anzi. Molto spesso i ristoranti più economici e buoni sono allestiti nel soggiorno di una casa privata, con un mega schermo tv attaccato a una parete e un bambino seduto davanti, incantato dalle immagini.
Anche gli alloggi più economici sono quasi sempre delle "homestay" cioè delle case di famiglie vietnamite che decidono di mettere a disposizione dei viaggiatori una o più stanze.
Sono generalmente le situazioni che scegliamo noi, soprattutto per il tipo di esperienza che permettono di fare. Svegliarsi la mattina, aprire la porta della camera e venire salutati dal dolce sorriso sdentato di una padrona di casa novantenne, ti cambia decisamente la giornata.
Può anche piovere ed esserci brutto tempo, ma davanti a un "xin chao" sincero e genuino tutto assume un colore diverso.
Sì, ci sono anche dei contro in questo tipo di alloggi e un minimo ci si deve adattare. Alla fine si è pur sempre dentro casa di altre persone con abitudini e usanze a volte molto diverse.
Non dimenticherò mai la volta che volevamo chiedere un asciugamano ma lo "staff" ottantenne era impegnato in una partita di carte così accesa da non notare minimamente la nostra presenza.
O quella volta che la signora ha aperto la porta della nostra stanza, ha fatto sedere il nipotino sul letto e a gesti ci ha fatto capire di guardarlo un attimo mentre lei usciva. Inutile dire che sia noi che il bambino non abbiamo fatto in tempo a dire "ma..." che la signora era già sparita chissà dove.
Tranne questi piccoli avvenimenti, e altre usanze che possono magari essere un po' fastidiose, tipo il karaoke sempre e comunque, l'esperienza in una homestay resta un tesoro inestimabile.
Ti permette di sbirciare dentro la quotidianità di un luogo e di avvicinarti un po' di più alla sue tradizioni.
È un po' come avere un biglietto in prima fila a uno spettacolo teatrale. Ti gusti tutto, anche i piccoli dettagli, le imperfezioni, le bellezze. E in quel momento da spettatore ti trasformi quasi in attore. Partecipi attivamente e interiorizzi comportamenti e gesti.
Dormire a casa delle persone in un Paese come il Vietnam, con una cultura così lontana dalla nostra, ci ha permesso di notare alcune piccoli ma fondamentali dettagli.
Gli altarini ad esempio.
In ogni casa, grande o piccola, nuova o vecchia che sia, c'è sempre uno spazio dedicato agli antenati. Si tratta di un un piccolo altare che ospita le foto dei defunti, delle offerte di frutta e fiori e dei bastoncini d'incenso. Indipendentemente dalla religione, dal credo politico o dalla regione geografica in cui vivono, i vietnamiti hanno un fortissimo culto per gli antenati.
Le anime dei defunti continuano a proteggere le loro discendenze e per questo devono essere "accudite" e venerate.
Smettere di farlo, significa condannare l'anima a vagare senza fine.
Per i vietnamiti non esiste una separazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Quando una persona muore, la sua anima continua a seguire i suoi discendenti nella loro vita quotidiana ed è perfettamente consapevole di ciò che stanno facendo. Condivide così i loro dolori e le loro gioie, è infelice quando fanno del male, è orgogliosa quando fanno del bene.
Nei giorni festivi, negli anniversari di morte o in occasione di eventi importanti per la famiglia (come nascite, matrimoni, lauree...) vengono fatti dei falò in cui si bruciano riproduzioni in carta di oggetti terreni come macchine, moto, bevande e persino banconote rigorosamente finte.
È un modo per far arrivare agli spiriti questi comfort e far sì che continuino a proteggere la famiglia.
Gli altari ancestrali presenti nelle case ospitano quattro diverse generazioni di defunti, dai trisnonni ai genitori. Le anime che appartengono a generazioni precedenti sono invece pronte per la reincarnazione.
Nella famiglia vietnamita, l’adorazione dei genitori deceduti è generalmente portata avanti dai figli maschi, e in particolare dal figlio maggiore. Alle ragazze è permesso di frequentare l’altare degli antenati solo se non hanno fratelli.
Se qualcuno muore senza lasciare discendenti, non avrà un altare per tornare tra i vivi e la sua anima sarà condannata a vagare in eterno. La più grande maledizione per un vietnamita, quindi, è morire senza lasciare figli e questo spiega perché c'è almeno un bambino in ogni famiglia. Non credo di essere mai stata in una casa vietnamita o in un ristorante in soggiorno senza aver visto almeno un bimbo scorazzare qua e là tra i tavoli. Nel caso, però, non si abbiano eredi, la soluzione è quella di adottare un bambino o donare la propria eredità alle pagode buddiste. I monaci del tempio garantiranno in cambio l'adorazione postuma.
È un argomento sempre molto complesso e delicato quello della morte e dell''aldilà.
È difficile parlarne ma è molto interessante osservare come nei diversi Paesi del mondo le persone affrontino questo passaggio inevitabile.
E devo ammettere che la visione vietnamita non mi dispiace affatto. Certo da un lato un po' mi inquieta l'idea che se faccio qualcosa di sbagliato ci sono parecchie generazioni di miei antenati che ci rimangono male.
D'altra parte, però, il concetto che non finisca tutto qui, in questa vita, ma che si rimanga legati per sempre a chi si ama, mi piace parecchio.
Non è difficile farlo, anzi. Molto spesso i ristoranti più economici e buoni sono allestiti nel soggiorno di una casa privata, con un mega schermo tv attaccato a una parete e un bambino seduto davanti, incantato dalle immagini.
Anche gli alloggi più economici sono quasi sempre delle "homestay" cioè delle case di famiglie vietnamite che decidono di mettere a disposizione dei viaggiatori una o più stanze.
Sono generalmente le situazioni che scegliamo noi, soprattutto per il tipo di esperienza che permettono di fare. Svegliarsi la mattina, aprire la porta della camera e venire salutati dal dolce sorriso sdentato di una padrona di casa novantenne, ti cambia decisamente la giornata.
Può anche piovere ed esserci brutto tempo, ma davanti a un "xin chao" sincero e genuino tutto assume un colore diverso.
Sì, ci sono anche dei contro in questo tipo di alloggi e un minimo ci si deve adattare. Alla fine si è pur sempre dentro casa di altre persone con abitudini e usanze a volte molto diverse.
Non dimenticherò mai la volta che volevamo chiedere un asciugamano ma lo "staff" ottantenne era impegnato in una partita di carte così accesa da non notare minimamente la nostra presenza.
O quella volta che la signora ha aperto la porta della nostra stanza, ha fatto sedere il nipotino sul letto e a gesti ci ha fatto capire di guardarlo un attimo mentre lei usciva. Inutile dire che sia noi che il bambino non abbiamo fatto in tempo a dire "ma..." che la signora era già sparita chissà dove.
Tranne questi piccoli avvenimenti, e altre usanze che possono magari essere un po' fastidiose, tipo il karaoke sempre e comunque, l'esperienza in una homestay resta un tesoro inestimabile.
Ti permette di sbirciare dentro la quotidianità di un luogo e di avvicinarti un po' di più alla sue tradizioni.
È un po' come avere un biglietto in prima fila a uno spettacolo teatrale. Ti gusti tutto, anche i piccoli dettagli, le imperfezioni, le bellezze. E in quel momento da spettatore ti trasformi quasi in attore. Partecipi attivamente e interiorizzi comportamenti e gesti.
Dormire a casa delle persone in un Paese come il Vietnam, con una cultura così lontana dalla nostra, ci ha permesso di notare alcune piccoli ma fondamentali dettagli.
Gli altarini ad esempio.
In ogni casa, grande o piccola, nuova o vecchia che sia, c'è sempre uno spazio dedicato agli antenati. Si tratta di un un piccolo altare che ospita le foto dei defunti, delle offerte di frutta e fiori e dei bastoncini d'incenso. Indipendentemente dalla religione, dal credo politico o dalla regione geografica in cui vivono, i vietnamiti hanno un fortissimo culto per gli antenati.
Le anime dei defunti continuano a proteggere le loro discendenze e per questo devono essere "accudite" e venerate.
Smettere di farlo, significa condannare l'anima a vagare senza fine.
Per i vietnamiti non esiste una separazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Quando una persona muore, la sua anima continua a seguire i suoi discendenti nella loro vita quotidiana ed è perfettamente consapevole di ciò che stanno facendo. Condivide così i loro dolori e le loro gioie, è infelice quando fanno del male, è orgogliosa quando fanno del bene.
Nei giorni festivi, negli anniversari di morte o in occasione di eventi importanti per la famiglia (come nascite, matrimoni, lauree...) vengono fatti dei falò in cui si bruciano riproduzioni in carta di oggetti terreni come macchine, moto, bevande e persino banconote rigorosamente finte.
È un modo per far arrivare agli spiriti questi comfort e far sì che continuino a proteggere la famiglia.
Gli altari ancestrali presenti nelle case ospitano quattro diverse generazioni di defunti, dai trisnonni ai genitori. Le anime che appartengono a generazioni precedenti sono invece pronte per la reincarnazione.
Nella famiglia vietnamita, l’adorazione dei genitori deceduti è generalmente portata avanti dai figli maschi, e in particolare dal figlio maggiore. Alle ragazze è permesso di frequentare l’altare degli antenati solo se non hanno fratelli.
Se qualcuno muore senza lasciare discendenti, non avrà un altare per tornare tra i vivi e la sua anima sarà condannata a vagare in eterno. La più grande maledizione per un vietnamita, quindi, è morire senza lasciare figli e questo spiega perché c'è almeno un bambino in ogni famiglia. Non credo di essere mai stata in una casa vietnamita o in un ristorante in soggiorno senza aver visto almeno un bimbo scorazzare qua e là tra i tavoli. Nel caso, però, non si abbiano eredi, la soluzione è quella di adottare un bambino o donare la propria eredità alle pagode buddiste. I monaci del tempio garantiranno in cambio l'adorazione postuma.
È un argomento sempre molto complesso e delicato quello della morte e dell''aldilà.
È difficile parlarne ma è molto interessante osservare come nei diversi Paesi del mondo le persone affrontino questo passaggio inevitabile.
E devo ammettere che la visione vietnamita non mi dispiace affatto. Certo da un lato un po' mi inquieta l'idea che se faccio qualcosa di sbagliato ci sono parecchie generazioni di miei antenati che ci rimangono male.
D'altra parte, però, il concetto che non finisca tutto qui, in questa vita, ma che si rimanga legati per sempre a chi si ama, mi piace parecchio.
Angela (e Paolo)