Malgrate: i Ragni salutano Beppe Ferranti, 'ci consegna un'eredità di libertà e grazia'

“Solo camminando e arrampicando ho provato un senso di soddisfazione e infinito”. Sta tutto qui, nelle parole ricordate dal cardinale Angelo Scola, il senso più profondo dell’esistenza di Giuseppe Ferranti. Alpinista, membro del CAI, soccorritore alpino, il novantaseienne malgratese è mancato proprio nei giorni del cinquantesimo anniversario dalla storica e celebre ascesa dei ragni lecchesi sulla cima del Cerro Torre.
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La sua dipartita ha commosso profondamente lo storico gruppo di alpinisti, di cui “Beppe” era uno dei soci più anziani ancora in vita. Sono stati proprio i “maglioni rossi” a portate la salma del defunto al cimitero al termine dei funerali. Un legame profondo, quello tra Giuseppe Ferranti e la montagna, riassunto splendidamente nelle parole citate dal cardinale Scola, originario proprio di Malgrate, nella lettera con cui ha voluto partecipare alla cerimonia, nonché fare le condoglianze alla famiglia del suo concittadino.
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“Tante le imprese che hanno reso Giuseppe una figura importante della montagna. Ma vogliamo ricordare Beppe anche in tutte quelle dimensioni e legami di affetto che riempiono l’esistenza umana, a partire dai 64 anni di matrimonio con Assunta, oggi impossibilitata ad essere presente. La premura con cui è sempre stato accompagnato ci dice chi è quest’uomo” ha ricordato il parroco don Andrea Lotterio subito dopo aver letto la missiva del cardinale.
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In prima fila erano presenti i figli Gianpiero, Antonella e Delia, stretti in un dolore composto e silenzioso. “Giuseppe ci consegna un’eredità di libertà e grazia, i due binari su cui poggia la salvezza. Quanta libertà egli ha vissuto nel suo andare per montagne lontano da qualsiasi riconoscimento e mettersi in mostra. Quanta libertà ha donato a chi lo ha conosciuto. Nella sua vita Giuseppe ha accolto in dono da Dio le tre virtù teologali: fede, speranza e carità” ha proseguito don Andrea. “Giuseppe si è fidato fin dalla sua giovinezza della madre di Dio. Vorrei che imparassimo anche noi da Maria ad avere uno sguardo discreto e attento verso le difficoltà degli altri. Vorrei che imparassimo anche noi ad unire le risorse della terra a quelle del cielo proprio come fa Maria”.
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Infine, la chiosa: “Il cuore di Giuseppe non si è mai perduto. I suoi passi non hanno smarrito il cammino. Egli ha praticato con costanza i valori di fede, famiglia e senso di comunità propri della tradizione cristiana. Ora, Giuseppe è salito alla montagna più alta”. Ecco che si ritorna lì da dove si era partiti: all’intimo e profondo amore dell’alpinista malgratese per le montagne. Tante, del resto, sono le imprese compiute da Giuseppe Ferranti. Tra le più significative si ricordano: lo Spigolo Giallo delle Tre Cime Lavaredo, le pareti verticali del Campanile basso di Brenta, lo Spigolo Delago nelle Torri del Vajolet, il Pizzo Badile, il Monte Bianco, il Monte Rosa, la Bianco Gratt del Bernina, la traversata dei Lyskamm. 
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“Signore delle cime”, intonato dai “maglioni rossi” presenti nella chiesa di San Leonardo, ha chiuso la cerimonia funebre, consegnando definitivamente il nome di Beppe Ferranti alla storia dell’alpinismo lecchese.
A.Bes.
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