Il mondo è un’illusione e la vita un sogno. Caro Borges a quale mondo ti riferisci?
E’ da giorni che nella testa mi rimbalza una citazione, una metafora, letta e riletta nel romanzo “L’ora di greco” della coreana Han Kang, di Jorge Luis Borges: Il mondo è un’illusione e la vita un sogno.
La metafora mi ha fatto compagnia mentre camminavo lungo sentieri di montagna coperti da decimetri di fogliame giallo, da ricci di castagni vecchi, non più aghiformi e tra qualche pozza di ghiaccio ingannevole e traditrice.
Nel calpestare il fogliame, stando attento a non finire in ortopedia, mi domando, caro Borges, ma cosa intendi dire, quando dici che il mondo è un’illusione?
A quale mondo ti riferisci, a un mondo astratto, all’infinito o finito universo? Non lo so.
Colgo con più facilità il significato della seconda parte della metafora: la vita un sogno. Il sogno ci appartiene, ci appare nell’arco delle ventiquattrore durante il giorno con della rêverie. Sono delle fantasticherie che si manifestano nella nostra mente come delle fotografie o animazioni e ci proteggono dalla noia, dalla routinarietà, dal parlare roboante e insignificante di una persona.
Fantasticare è un atto liberatorio, certe volte è sinonimo di alienazione, di fuga temporanea dalla realtà contingente, ci può stare, cambia di significato e di senso quando si sostituisce alla realtà. Il sogno compare quando si dorme, è il bastone magico e animistico della vita notturna, trasforma, scompone, rielabora, maschera e rivela ciò che siamo. Il sogno è lo specchio che capovolge, rifrange immagini, voci, suoni e fa emergere situazione mostruose, spaventose, libidiche, sensuali, infantili. La vita un sogno può anche essere un dramma, una disperazione, un cataclisma.
Caro Borges, dici che il mondo è un’illusione, allora non esistiamo, oppure siamo solo l’espressione di un’illusione di qualcosa?
Caro Borges, dopo il calpestio del fogliame, i botti illuminanti nella valle, che rompono il silenzio del bosco e la quiete tra maschere del babbo con la barba, villaggi in miniatura e la vecchia zitella, ricompare la realtà materiale carica di incertezza.
Il sogno e l’illusione si impattano con la triste e drammatica condizione di una guerra aldilà del Mediterraneo che continua a massacrare persone in carne e ossa, la stessa cosa succede in Europa, in Africa, in tanti altri luoghi, inoltre non vanno dimenticati i naufraghi nel Mediterraneo.
Caro Borges, è forse un’illusione desiderare un mondo, un pianeta terra, abitato dalla pace tra le genti?
Caro Borges, è un sogno, sognare dei campi di girasole al posto di carrarmati?
Caro Borges, tutta questa angoscia distruttiva che sta emergendo dalle viscere di questo mondo è il sintomo di una incapacità progettuale nell’individuare un passaggio verso una condizione sconosciuta, allora ci si accartoccia dentro questo mondo ormai paralizzato e bloccato su sé stesso.
Caro Borges, come mi piacerebbe ascoltarti e leggere con te nella biblioteca di San Gallo in Svizzera e immaginare quei mondi stellari, invece sono costretto a sentire una conferenza stampa, di un capo di governo, fatta di banalità, vuota, rancorosa, egoica, narcisitica, paranoica e da giornalisti incapaci di porre domande sul mondo, sulle cose del mondo, viceversa si soffermano sul chiacchiericcio, sulle quisquilie, mentre le cose da sapere sono molte.
Caro Borges, ti ringrazio per avermi sollecitato a camminare con Venere, dea della bellezza, nel labirinto del nuovo anno. La vita sogno è un lume indispensabile per attraversare l’impensabile e l’indicibile.
La metafora mi ha fatto compagnia mentre camminavo lungo sentieri di montagna coperti da decimetri di fogliame giallo, da ricci di castagni vecchi, non più aghiformi e tra qualche pozza di ghiaccio ingannevole e traditrice.
Nel calpestare il fogliame, stando attento a non finire in ortopedia, mi domando, caro Borges, ma cosa intendi dire, quando dici che il mondo è un’illusione?
A quale mondo ti riferisci, a un mondo astratto, all’infinito o finito universo? Non lo so.
Colgo con più facilità il significato della seconda parte della metafora: la vita un sogno. Il sogno ci appartiene, ci appare nell’arco delle ventiquattrore durante il giorno con della rêverie. Sono delle fantasticherie che si manifestano nella nostra mente come delle fotografie o animazioni e ci proteggono dalla noia, dalla routinarietà, dal parlare roboante e insignificante di una persona.
Fantasticare è un atto liberatorio, certe volte è sinonimo di alienazione, di fuga temporanea dalla realtà contingente, ci può stare, cambia di significato e di senso quando si sostituisce alla realtà. Il sogno compare quando si dorme, è il bastone magico e animistico della vita notturna, trasforma, scompone, rielabora, maschera e rivela ciò che siamo. Il sogno è lo specchio che capovolge, rifrange immagini, voci, suoni e fa emergere situazione mostruose, spaventose, libidiche, sensuali, infantili. La vita un sogno può anche essere un dramma, una disperazione, un cataclisma.
Caro Borges, dici che il mondo è un’illusione, allora non esistiamo, oppure siamo solo l’espressione di un’illusione di qualcosa?
Caro Borges, dopo il calpestio del fogliame, i botti illuminanti nella valle, che rompono il silenzio del bosco e la quiete tra maschere del babbo con la barba, villaggi in miniatura e la vecchia zitella, ricompare la realtà materiale carica di incertezza.
Il sogno e l’illusione si impattano con la triste e drammatica condizione di una guerra aldilà del Mediterraneo che continua a massacrare persone in carne e ossa, la stessa cosa succede in Europa, in Africa, in tanti altri luoghi, inoltre non vanno dimenticati i naufraghi nel Mediterraneo.
Caro Borges, è forse un’illusione desiderare un mondo, un pianeta terra, abitato dalla pace tra le genti?
Caro Borges, è un sogno, sognare dei campi di girasole al posto di carrarmati?
Caro Borges, tutta questa angoscia distruttiva che sta emergendo dalle viscere di questo mondo è il sintomo di una incapacità progettuale nell’individuare un passaggio verso una condizione sconosciuta, allora ci si accartoccia dentro questo mondo ormai paralizzato e bloccato su sé stesso.
Caro Borges, come mi piacerebbe ascoltarti e leggere con te nella biblioteca di San Gallo in Svizzera e immaginare quei mondi stellari, invece sono costretto a sentire una conferenza stampa, di un capo di governo, fatta di banalità, vuota, rancorosa, egoica, narcisitica, paranoica e da giornalisti incapaci di porre domande sul mondo, sulle cose del mondo, viceversa si soffermano sul chiacchiericcio, sulle quisquilie, mentre le cose da sapere sono molte.
Caro Borges, ti ringrazio per avermi sollecitato a camminare con Venere, dea della bellezza, nel labirinto del nuovo anno. La vita sogno è un lume indispensabile per attraversare l’impensabile e l’indicibile.
Dr. Enrico Magni, Psicologo, giornalista