Cento anni fa la firma del decreto, nasceva la 'grande Lecco' unita
Sono state le proteste, più che le feste, ad accompagnare cento anni or sono lo storico decreto firmato a Roma il 27 dicembre 1923, che unificava il capoluogo di Lecco ed i comuni limitrofi in un solo municipio.
Il progetto iniziale era ben più ampio. Restava invece “esterno” il grosso Comune di Maggianico (si unirà nel 1927/1928); i confini della nuova “Grande Lecco” non andavano poi oltre il lago ed il corso dell’Adda, restando escluse le frazioni galbiatesi di ponte Azzone Visconti e l’altra, invece, collinare, di san Michele al monte Barro. Non si capiva, poi, come potesse restare fuori il territorio di Malgrate dove, in località Gaggio, era già in fase di avanzata realizzazione il grande cimitero cittadino che intendeva unificare e cancellare tutte le sparse sepolture delle varie municipalità.
C’è da aggiungere che, già in fase di preparazione dell’unificazione amministrativa nella “Grande Lecco”, erano contrari i Comuni di Castello, San Giovanni, Rancio e Laorca. La commissione speciale, presieduta dall’assessore Vittorio Muttoni, aveva ben operato per indicare la realtà della nuova città e presentato apposita, ampia documentazione presso i ministeri competenti.Il provvedimento di unificazione 27 dicembre 1923, firmato da re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia e dal presidente del Consiglio dei Ministri Benito Mussolini, veniva portato a conoscenza della cittadinanza con apposito manifesto firmato dal sindaco Giovanni Gilardi e, per l’appunto, dal presidente della commissione Vittorio Muttoni: “il voto più caro degli avi nostri e dei grandi che resero illustre nel paese e nel mondo questa nostra plaga piena di incanti, di tante e sì feconde energie, si è finalmente compiuto”.
Lecco raggiungeva allora il numero di 14.861 abitanti, dal centro cittadino a Pescarenico e, sul fronte opposto, verso il San Martino sino al colle di Santo Stefano ed alla località Caviate. Il provvedimento di unificazione portava l’unità demografica a 35.000 abitanti. Il Comune più popoloso era Castello (5.211), seguito da Acquate (2.495), Rancio (2.427), San Giovanni (2.177), Laorca (1.806), Germanedo (1.133). La zona di Maggianico che passava a Lecco, Belledo e vicinanze, contava 470 abitanti.
C’era, invece, un lavoro imponente da realizzare, non solo per la struttura burocratica degli uffici e del personale municipale, ma di soluzioni unitarie per problemi prioritari come acquedotto, strade, cimiteri, istruzione, illuminazione, toponomastica, servizi sanitari, lavori pubblici e pubblico macello.
L’apposita commissione si trovò di fronte ad un lavoro imponente, in particolare per unificare la nuova toponomastica cittadina che vedeva tante piazze e strade dedicate a Garibaldi, Cavour, Manzoni, a regnanti di casa Savoia, a personaggi maggiori e minori del grande romanzo I Promessi Sposi come del Risorgimento nazionale.
L’immenso, nuovo cimitero al Gaggio di Malgrate, completato a tempo record rimarrà incredibilmente inutilizzato in quanto l’apertura dello stesso venne sospesa e rinviata dopo una richiesta ufficiale fatta pervenire al Comune dal prevosto di Lecco mons. Giovanni Borsieri con i parroci della città: evidenziavano la difficoltà di tanti cittadini di poter raggiungere quella “sperduta” località. Si chiedeva di rinviare l’apertura del cimitero alla prevista realizzazione del Ponte Nuovo sull’Adda in località Lazzaretto che avrebbe facilitato i collegamenti.
Il Ponte Nuovo, come noto, verrà inaugurato per complicazioni varie dovute anche al secondo conflitto mondiale 1940/1945, solo nell’autunno 1955. Il cimitero del Gaggio era dimenticato dopo varie temporanee utilizzazioni anche in tempo bellico.
Tiziana Rota, nella più che interessante pubblicazione del 2009 “Malgrate da vivere, da conoscere, da vedere …”, dedica alcune pagine all’incredibile vicenda del monumentale del Gaggio realizzato completamente, mai utilizzato e poi demolito..
Per quanto riguarda l’unificazione amministrativa ed operativa dei vari Comuni assorbiti da Lecco, la data relativa è quella del 1° marzo 1924. In tale giorno, per fare l’esempio più evidente della nuova realtà municipale, tutti i nati nei vecchi Comuni della “cintura lecchese” risultano nati a Lecco.
La sede municipale era nel palazzo Ghislanzoni dell’attuale via Roma 51.
Il 13 agosto 1928 il re d’Italia Vittorio Emanuele III giungeva a Lecco con un treno speciale proveniente da Milano. Era venerdì ma per la città fu giornata divenuta festiva. Inaugurò il nuovo Comune nel palazzo di piazza Diaz che era stato costruito a metà dell’Ottocento come sede ospedaliera. Venne accolto dal podestà Angelo Tubi e da altre autorità. Alcuni veterani alpini ricordavano che il re lasciò Lecco sempre in treno. L’ultimo saluto venne affidato agli onori in armi di una compagnia del battaglione Morbegno del V Alpini, il reparto con la nappina bianca, che aveva un distaccamento operativo come centro reclutamento reclute nella caserma Sirtori, di via Leonardo da Vinci, oggi sede distaccata della Questura.
Il progetto iniziale era ben più ampio. Restava invece “esterno” il grosso Comune di Maggianico (si unirà nel 1927/1928); i confini della nuova “Grande Lecco” non andavano poi oltre il lago ed il corso dell’Adda, restando escluse le frazioni galbiatesi di ponte Azzone Visconti e l’altra, invece, collinare, di san Michele al monte Barro. Non si capiva, poi, come potesse restare fuori il territorio di Malgrate dove, in località Gaggio, era già in fase di avanzata realizzazione il grande cimitero cittadino che intendeva unificare e cancellare tutte le sparse sepolture delle varie municipalità.
C’è da aggiungere che, già in fase di preparazione dell’unificazione amministrativa nella “Grande Lecco”, erano contrari i Comuni di Castello, San Giovanni, Rancio e Laorca. La commissione speciale, presieduta dall’assessore Vittorio Muttoni, aveva ben operato per indicare la realtà della nuova città e presentato apposita, ampia documentazione presso i ministeri competenti.Il provvedimento di unificazione 27 dicembre 1923, firmato da re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia e dal presidente del Consiglio dei Ministri Benito Mussolini, veniva portato a conoscenza della cittadinanza con apposito manifesto firmato dal sindaco Giovanni Gilardi e, per l’appunto, dal presidente della commissione Vittorio Muttoni: “il voto più caro degli avi nostri e dei grandi che resero illustre nel paese e nel mondo questa nostra plaga piena di incanti, di tante e sì feconde energie, si è finalmente compiuto”.
Lecco raggiungeva allora il numero di 14.861 abitanti, dal centro cittadino a Pescarenico e, sul fronte opposto, verso il San Martino sino al colle di Santo Stefano ed alla località Caviate. Il provvedimento di unificazione portava l’unità demografica a 35.000 abitanti. Il Comune più popoloso era Castello (5.211), seguito da Acquate (2.495), Rancio (2.427), San Giovanni (2.177), Laorca (1.806), Germanedo (1.133). La zona di Maggianico che passava a Lecco, Belledo e vicinanze, contava 470 abitanti.
Erano evidenti anche i risultati positivi di una regolarizzazione municipale che registrava parecchie interferenze tra Comuni confinanti. La stazione ferroviaria di Lecco, per esempio, era collocata per buona parte nel territorio comunale di Castello. Curiosa era la distribuzione dei cimiteri: Castello aveva il camposanto ad Acquate, mentre accoglieva nei suoi confini quelli di San Giovanni e Lecco centro, destinato quest’ultimo anche per le sepolture di Pescate. Impianti sportivi come il campo di calcio ai Cantarelli ed il poligono di tiro al Bersaglio, in località Santo Stefano, entrambi a disposizione di società lecchesi, si trovavano in Comune di Castello. Tanti complessi industriali, come l’Acciaieria e Ferriera del Caleotto, e le industrie Badoni e Faini, erano divise tra Lecco e Castello.
C’era, invece, un lavoro imponente da realizzare, non solo per la struttura burocratica degli uffici e del personale municipale, ma di soluzioni unitarie per problemi prioritari come acquedotto, strade, cimiteri, istruzione, illuminazione, toponomastica, servizi sanitari, lavori pubblici e pubblico macello.
L’apposita commissione si trovò di fronte ad un lavoro imponente, in particolare per unificare la nuova toponomastica cittadina che vedeva tante piazze e strade dedicate a Garibaldi, Cavour, Manzoni, a regnanti di casa Savoia, a personaggi maggiori e minori del grande romanzo I Promessi Sposi come del Risorgimento nazionale.
L’immenso, nuovo cimitero al Gaggio di Malgrate, completato a tempo record rimarrà incredibilmente inutilizzato in quanto l’apertura dello stesso venne sospesa e rinviata dopo una richiesta ufficiale fatta pervenire al Comune dal prevosto di Lecco mons. Giovanni Borsieri con i parroci della città: evidenziavano la difficoltà di tanti cittadini di poter raggiungere quella “sperduta” località. Si chiedeva di rinviare l’apertura del cimitero alla prevista realizzazione del Ponte Nuovo sull’Adda in località Lazzaretto che avrebbe facilitato i collegamenti.
Il Ponte Nuovo, come noto, verrà inaugurato per complicazioni varie dovute anche al secondo conflitto mondiale 1940/1945, solo nell’autunno 1955. Il cimitero del Gaggio era dimenticato dopo varie temporanee utilizzazioni anche in tempo bellico.
Tiziana Rota, nella più che interessante pubblicazione del 2009 “Malgrate da vivere, da conoscere, da vedere …”, dedica alcune pagine all’incredibile vicenda del monumentale del Gaggio realizzato completamente, mai utilizzato e poi demolito..
Per quanto riguarda l’unificazione amministrativa ed operativa dei vari Comuni assorbiti da Lecco, la data relativa è quella del 1° marzo 1924. In tale giorno, per fare l’esempio più evidente della nuova realtà municipale, tutti i nati nei vecchi Comuni della “cintura lecchese” risultano nati a Lecco.
La sede municipale era nel palazzo Ghislanzoni dell’attuale via Roma 51.
Il 13 agosto 1928 il re d’Italia Vittorio Emanuele III giungeva a Lecco con un treno speciale proveniente da Milano. Era venerdì ma per la città fu giornata divenuta festiva. Inaugurò il nuovo Comune nel palazzo di piazza Diaz che era stato costruito a metà dell’Ottocento come sede ospedaliera. Venne accolto dal podestà Angelo Tubi e da altre autorità. Alcuni veterani alpini ricordavano che il re lasciò Lecco sempre in treno. L’ultimo saluto venne affidato agli onori in armi di una compagnia del battaglione Morbegno del V Alpini, il reparto con la nappina bianca, che aveva un distaccamento operativo come centro reclutamento reclute nella caserma Sirtori, di via Leonardo da Vinci, oggi sede distaccata della Questura.
A.B.