Bonacina spera nel 'rilancio' di Sant'Egidio. Con un progetto candidato al bando 'Sos patrimonio'

Il profeta Giona, riaffiorato sotto gli intonaci della chiesetta di Sant’Egidio,  fa sognare il quartiere lecchese di Bonacina. Il sogno è quello che l’antico tempio si possa rivelare un vero e proprio scrigno d’arte. Tale da far trovare benefattori e mecenati che finanzino il recupero di un luogo al quale il rione è particolarmente legato. Tanto più che ora c’è un vero e proprio progetto di intervento, già presentato alla Curia e alla Soprintendenza.
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In piedi Domizia De Rocchi

Il progetto che è stato presentato nel salone del “Labirinto” su iniziativa dell’associazione “Insieme per Sant’Egidio” e della comunità parrocchiale Madonna di Lourdes, con l’intervento dei professionisti che l’hanno predisposto: l’architetto Luisa Carolina Valsecchi con le collaboratrici Sara Visconti e Matilde Costa, l’ingegnere Christian Amigoni per la parte strutturale, Giacomo Luzzana e il figlio Raffaele per quanto riguarda i restauri.
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Si tratta di un progetto con il quale si potrà ora andare alla ricerca di finanziamenti. Perché proprio la mancanza di un progetto – una “cornice d’oro” come l’ha definito Domizia De Rocchi, presidente di “Insieme” – ha impedito di ottenere un piccolo contributo dal Fai nell’ambito della campagna dei “luoghi del cuore”. Nonostante l’iniziativa avesse raccolto molti consensi e anche un punteggio non trascurabile.
Si ricorderà, infatti, che quest’anno il Fai lecchese ha proposto proprio la chiesa di Sant’Egidio e il nucleo rurale di Cavagna quale luogo del cuore. E chissà che non ci si riprovi il prossimo anno.
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Sul fronte economico, il progetto intanto è già stato presentato alla Fondazione Cariplo per partecipare al bando “Sos patrimonio” per una spesa complessiva di 50mila euro: nel caso di ammissione, l’80% dei quali sarebbe coperto dalla Fondazione e il restante 20% dalla comunità locale nelle sue varie espressioni.
Tale cifra servirebbe per coprire i primissimi interventi previsti dal disegno complessivo che prevede di poter essere realizzato per lotti differenziati. Alcuni già definiti e altri che potrebbero prendere forma se dovessero emergere nuove necessità.
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Luisa Carolina Valsecchi
Il degrado della vecchia chiesa – che pure in tempi non remoti è stata oggetto di piccoli interventi compreso il rifacimento della copertura – si manifesta sotto diverse forme: l’umidità naturalmente sia da quella che risale normalmente dal terreno e sia quella piovana ma soprattutto quella dovuta all'acqua dalla collina scorre lungo i campi verso le mura della chiesa in caso di abbondanti precipitazioni e per l’esistenza di numerose sorgenti nella zona; vi sono poi lesioni nell’abside e in particolare nell’arcone dell’altare che è l’aspetto più delicato e preoccupante, rappezzi cementizi della pavimentazione, le cattive condizioni dei contrafforti installati in passato per evitare il crollo proprio della stessa abside. E’ quindi necessaria – come ha spiegato l’ingegner Amigoni - una serie di interventi per consolidare la struttura: un tirante per l’arcone dell’altare; una sorta di fasciatura delle mura con due possibilità, una invisibile le ma più invasiva e quindi impegnativa, l’altra rappresentata dalla realizzazione di una corona esterna; il rafforzamento dei contrafforti e un sistema di convogliamento delle acque provenienti dalla collina realizzando una sorta di vasca che attraverso un tubo convogli poi l’acqua nel torrente.
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Al tavolo Sara Visconti, Christian Amigoni e Matilde Costa

Per il momento non si parla di consolidamento delle fondazioni, ritenuto eccessivamente invasivo e lasciato quindi come ultima ratio nel caso davvero dovesse necessitare.
A questi interventi dovrà anche aggiungersi un monitoraggio costante.
Alle opere strutturali seguiranno poi le azioni per il restauro. Quando emerso finora, oltre al Giona risalente probabilmente alla fine del Trecento, vi sono alcune finte colonnine forse settecentesche e i resti di un affresco raffigurante i Re Magi che non potrà comunque essere recuperato interamente essendo la parte sottostante andata irrimediabilmente perduta. In aggiunta vi sono anche lacerti esterni sulla facciata che si immagina possano anche essere i resti di un’antica raffigurazione di Sant’Egidio. Secondo il piano di lavoro previsto dal progetto dell’architetto Valsecchi, la fase di restauro inizialmente riguarderà la sola abside. Si procederà dunque a lavorare sulla parete cercando cosa celino i vari strati di pitture intonaco accumulati nei secoli. Si suppone tra l’altro che vi possa essere una sovrapposizione di decorazioni appartenenti a epoche successive. E ciò si potrà sapere solo procedendo con il cantiere.
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Giacomo Luzzana e Raffaele Luzzana

«Il problema – ha chiosato Giacomo Luzzana – si porrà appunto quando troveremo una decorazione su un’altra decorazione. A quel punto si dovrà scegliere quale salvare».
«Si dovranno valutare i diversi interventi: il loro valore artistico e il grado di conservabilità – ha spiegato Raffaele Luzzana - Si dovrà lasciare quanto più possibile affinché possa essere letto dagli studiosi, nel contempo si dovrà anche garantire una certa armonia complessiva. Evitare che una decorazione sovrasti l’altra ed evitare anche che siano le lacune ad accentrare lo sguardo».
Del resto – come ha suggerito Amigoni – si dovrà tener conto non solo della bellezza in sé ma anche della bellezza spirituale che è quanto si richiede a una chiesa.
E intanto, appunto, si sogna. E’ stato infatti chiesto se non sia il caso di avviare altri assaggi lungo le pareti della chiesa per verificare l’esistenza di eventuali altri affreschi, svelando così un tesoro nascosto. Giacomo Luzzana ha precisato come ogni intervento debba essere autorizzato e avvenire sotto stretto controllo della Soprintendenza, così come successo per l’abside dove è stato ritrovato il volto del profeta Giona. Tanto la Soprintendenza ha autorizzato a togliere e tanto è stato tolto.
Per il momento, dunque, non sono in programma sondaggi sulle altre pareti. Ma ormai, Sant’Egidio è un cantiere aperto.
D.C.
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