Metastasi: Palermo non potrà tornare a insegnare, la Cassazione conferma il licenziamento
Gli inquirenti l'avevano battezzata "Metastasi" e - a quasi dieci anni dall'esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare dell'aprile 2014 - paradossalmente ancora oggi, proprio come un tumore non aggredito per tempo, l'inchiesta continua a "gemmare" nelle Aule dei Tribunali, pur dopo la morte (per covid) del suo attore principale, quel Mario Trovato, fratello del boss ergastolano Franco Coco Trovato, ritenuto essere il dominus della Locale di Lecco - tale ormai con il passaggio in giudicato delle sentenze relative a tutti i filoni processuali - eradicata dalla DDA.
Gli ermellini - della sezione lavoro, Cassazione civile - hanno ribadito il no già espresso in Appello. Del resto, è scritto nelle motivazioni della sentenza, "la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto aver il primo giudice correttamente motivato il giudizio espresso in ordine alla gravità della violazione degli obblighi imposti al personale docente sul rilievo che la condanna per associazione di tipo mafioso con pena accessoria dell'interdizione legale dai pubblici uffici comportava un rilevante pregiudizio del rapporto fiduciario scuola-famiglia e pesante discredito dell'amministrazione scolastica così da integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento ed il venir meno dell'affidamento del datore sull'esatto adempimento delle prestazioni future, tenuto anche conto della reiterazione degli illeciti".
Parte del terzetto che, a suo tempo, scelse di essere processato con rito abbreviato - mentre gli altri 7 originali imputati affrontarono il dibattimento - Ernesto Palermo, ritenuto dagli inquirenti uno dei “sodali”, venne condannato in prima battuta a 4 anni e 6 mesi, con il GUP di Milano che non aveva riconosciuto l'associazione di tipo mafioso, irrogando dunque al professore - come pure a Alessandro Nania e Claudio Bongarzone - pene ben più lievi di quelle prospettate dalla pubblica accusa, sostenuta in Aula dal sostituto procuratore Bruna Albertini. Quest'ultima era dunque arrivata poi a ricorrere per Cassazione ottenendo l'annullamento della prima pronuncia e il rinvio degli atti alla Corte d'Appello meneghina, per la rivalutazione del 416 bis. 10 anni e 4 mesi - con inderdizione dai pubblici uffici - la pena poi comminata all'ex consigliere comunale, divenuta definitiva nel 2019.
Nei giorni scorsi il galbiatese Ernesto Palermo, 55 anni, ha perso l'ultima causa intentata per venire reintegrato a scuola. Già consigliere comunale a Lecco durante il primo mandato dell'amministrazione Brivio - e considerato dunque elemento di collegamento tra l''ndrangheta e la politica locale - chiedeva di tornare in aula, a Morbegno, presso l'Istituto dove - prima di venir sospeso proprio per le risultanze di Metastasi e poi licenziato per giusta causa - lavorava come tecnico di laboratorio nel settore meccanico.
Gli ermellini - della sezione lavoro, Cassazione civile - hanno ribadito il no già espresso in Appello. Del resto, è scritto nelle motivazioni della sentenza, "la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto aver il primo giudice correttamente motivato il giudizio espresso in ordine alla gravità della violazione degli obblighi imposti al personale docente sul rilievo che la condanna per associazione di tipo mafioso con pena accessoria dell'interdizione legale dai pubblici uffici comportava un rilevante pregiudizio del rapporto fiduciario scuola-famiglia e pesante discredito dell'amministrazione scolastica così da integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento ed il venir meno dell'affidamento del datore sull'esatto adempimento delle prestazioni future, tenuto anche conto della reiterazione degli illeciti".
Parte del terzetto che, a suo tempo, scelse di essere processato con rito abbreviato - mentre gli altri 7 originali imputati affrontarono il dibattimento - Ernesto Palermo, ritenuto dagli inquirenti uno dei “sodali”, venne condannato in prima battuta a 4 anni e 6 mesi, con il GUP di Milano che non aveva riconosciuto l'associazione di tipo mafioso, irrogando dunque al professore - come pure a Alessandro Nania e Claudio Bongarzone - pene ben più lievi di quelle prospettate dalla pubblica accusa, sostenuta in Aula dal sostituto procuratore Bruna Albertini. Quest'ultima era dunque arrivata poi a ricorrere per Cassazione ottenendo l'annullamento della prima pronuncia e il rinvio degli atti alla Corte d'Appello meneghina, per la rivalutazione del 416 bis. 10 anni e 4 mesi - con inderdizione dai pubblici uffici - la pena poi comminata all'ex consigliere comunale, divenuta definitiva nel 2019.