Lecco perduta/404: 80 anni fa la tragedia del tram cittadino
Puntata speciale della "Lecco perduta", la consueta rubrica del lunedì anticipata in via eccezionale a domenica per il ricordo di un anniversario significativo.
Era sabato 11 dicembre 1943: il tram cittadino delle 8.05 della linea urbana Malavedo-Maggianico concluse tragicamente la sua corsa in discesa intorno alle 8.20 presso la curva in località Cavalesine del quartiere San Giovanni, sfondando il muretto laterale e precipitando nei sottostanti vasti prati. La relazione dell’allora comandante dei vigili urbani di Lecco, Pietro Bonacina, indica come cause della sciagura il numero eccessivo di passeggeri, ben superiore alla portata consentita (era sabato, giorno di mercato) e l’improvvisa mancata erogazione dell’energia elettrica sulla linea aerea di trazione lungo corso Monte Santo, appena dopo la fermata alla curva di Varigione. Il vagone tramviario prese una velocità impressionante sotto la spinta del peso di portata dei passeggeri presenti e, nonostante il disperato tentativo di frenata del conducente, uscì dai binari all’ingresso in curva presso Cavalesine, provocando 14 vittime, 9 feriti gravi e 22 feriti lievi. Il quartiere più colpito è stato quello di Laorca, con 7 morti.
La vecchia strada Lecco-Ballabio, nella vallata del Gerenzone, presenta la lapide che è memoria della sciagura tramviaria: è stata inaugurata l’11 dicembre 2008, quando era sindaco della città Antonella Faggi, su iniziativa del Consiglio di Zona 3 presieduto da Alfredo Rusconi con vice Vittorio Buratti. Si realizzava, così, un voto espresso dal Consiglio Comunale di Lecco, su proposta del presidente Emanuele Mauri, oggi alla guida del consorzio Diga Adda Olginate. Un documento di pieno sostegno dell’iniziativa della lapide venne reso noto da Appello per Lecco con Corrado Valsecchi. Qualcuno ricordò che nel libro del noto sindacalista Pio Galli “Da una parte sola: autobiografia di un metalmeccanico”, uscito nel 1997, l’autore, tornato a Lecco dopo la straordinaria esperienza ai vertici nazionali del sindacato metalmeccanici CGIL, sottolineava: “Neppure una lapide è stata posta a ricordare quei morti che si aggiungevano alle vittime della guerra”; tutta povera gente stipata sul tram nel pieno rigore invernale per esigenze primarie della vita di ogni giorno verso il mercato di Lecco.
La cerimonia inaugurale si svolse nel cortile della casa (allora centro di riabilitazione motoria) don Luigi Monza, già Villa Sangregorio, che si trova di fronte alla curva dove il tram deragliò. Tra i primi soccorritori vi fu l’allora parroco di San Giovanni, don Luigi Monza, fondatore della Nostra Famiglia, che la Chiesa ha proclamato beato. C’erano con lui anche alcuni residenti della zona, i dipendenti del vicino panificio Colombo di via Agliati e il diciottenne Piero Caspani, in partenza per il servizio nel Corpo Forestale. Accorse il medico condotto dott. Angelo Colombo. Tra coloro che erano in attesa del tram alla fermata e non furono miracolosamente travolti dalla vettura impazzita, si trovava il prof. Ireneo Coppetti, che sarà assessore in Comune a Lecco e preside del Liceo Classico Alessandro Manzoni.
Nella cerimonia inaugurale della lapide del 2008, dopo le notizie storiche sull’evento riferite da Aloisio Bonfanti, presero la parola l’assessore del Comune di Lecco Stefano Parolari, il presidente del Consiglio Emanuele Mauri, il "numero uno" del Consiglio di Zona 3 Alfredo Rusconi, l'esponente dell'Amministrazione provinciale Francesco Laini (residente a Laorca) e il parroco don Emilio Colombo. Erano presenti parenti delle vittime, nonché testimoni e viaggiatori che si trovavano sul tram al momento del luttuoso evento. C’erano Amleto Rocca, Maria Rosa Ripamonti, Piergiorgio Ferrarini, Ester Fumagalli Canali, Graziano Invernizzi e Giovanna Spreafico. Quest’ultima aveva allora 11 anni e dichiarò di conservare il biglietto del tram preso al capolinea di Malavedo per scendere a scuola a Lecco. Le operazioni di soccorso presso il tram deragliato risentirono delle tragiche condizioni belliche del tempo. Vi era solo un’autoambulanza della Croce Rossa che fece “miracoli” con il benemerito conducente Minchiotti. Intervennero vetture di privati, ma scarseggiava la benzina. Diversi feriti raggiunsero su carri agricoli il presidio ospedaliero, allora in via Ghislanzoni.
La disgrazia del tram avveniva dopo un veramente tragico 1943, già iniziato con la notte del 25 luglio a palazzo Venezia con i capovolgimenti politici e militari, e concluso l’8 settembre con l’invasione tedesca e la restaurazione mussoliniana della Repubblica di Salò. Nel mese di agosto erano avvenuti gli impressionanti bombardamenti anglo-americani su Milano che provocarono oltre 2.000 vittime e sfollati anche a Lecco e nel vicino territorio. A ottobre giungevano in città reparti di truppe tedesche di montagna per il rastrellamento anti partigiani sul pizzo Erna e nelle valli e vette circostanti. C’era il dolore, la tristezza per i morti su vari fronti di terra e di mare, i feriti rientrati mutilati, i prigionieri e i dispersi dei quali non si aveva notizia. La guerra divampava più che mai sanguinosa sul fronte di Cassino, dove anche reparti italiani del gruppo di combattimento Legnano si erano uniti alle truppe anglo-americane per aprire la strada verso la liberazione di Roma, che avverrà solo nel giugno 1944. La tragedia del tram deragliato, con morti e feriti anche gravi, determinò un’ulteriore condizione di ansia e di dolore in tutta l’opinione pubblica. L’alba della pace e della libertà appariva, purtroppo, ancora tanto lontana.
Nel cinquantesimo della sciagura (dicembre 1993) l’allora parroco di Laorca don Angelo Galbusera si fece promotore della celebrazione di una Messa di suffragio nella chiesa di Sant’Antonio in Malavedo, poco distante dalla località di partenza del tram della morte. Venne officiata da mons. Antonio Barone che, studente di 14 anni, era sul mezzo e uscì quasi indenne dal deragliamento, protetto e stretto tra robusti passeggeri. Mons. Barone, che oggi ha 94 anni, è il più anziano dei pochissimi superstiti. Risiede nel suo quartiere nativo di Laorca, dopo essere stato vicario episcopale nella diocesi di Milano e impegnato per lungo periodo con i sacerdoti ambrosiani Fidei Donum in centro Africa. La Messa venne accompagnati dai canti della corale dei Santi Pietro e Paolo di Laorca, con all’organo il maestro Gianstefano Dell’Oro.
L’Amministrazione Comunale di Lecco era rappresentata dal vice sindaco Angelo Fortunati e dall’assessore Fausto Cariboni. Una pattuglia di vigili urbani era schierata, con il comandante Sebastiano Masia, ai lati del civico gonfalone listato a lutto. Le vittime della tragedia saranno ricordate anche nella giornata di domani, lunedì 11 dicembre, ottant'anni dopo il tragico evento, con due celebrazioni eucaristiche promosse dalla comunità pastorale di Laorca, Rancio e San Giovanni. La prima Messa, con Lodi, sarà alle 8.30 presso la chiesetta Beata Vergine del Rosario, in località Varigione, non lontana dalla località dello spaventoso deragliamento tramviario. Un'altra funzione, con Vespri, sarà invece alle 17.00 presso la parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Laorca.
Era sabato 11 dicembre 1943: il tram cittadino delle 8.05 della linea urbana Malavedo-Maggianico concluse tragicamente la sua corsa in discesa intorno alle 8.20 presso la curva in località Cavalesine del quartiere San Giovanni, sfondando il muretto laterale e precipitando nei sottostanti vasti prati. La relazione dell’allora comandante dei vigili urbani di Lecco, Pietro Bonacina, indica come cause della sciagura il numero eccessivo di passeggeri, ben superiore alla portata consentita (era sabato, giorno di mercato) e l’improvvisa mancata erogazione dell’energia elettrica sulla linea aerea di trazione lungo corso Monte Santo, appena dopo la fermata alla curva di Varigione. Il vagone tramviario prese una velocità impressionante sotto la spinta del peso di portata dei passeggeri presenti e, nonostante il disperato tentativo di frenata del conducente, uscì dai binari all’ingresso in curva presso Cavalesine, provocando 14 vittime, 9 feriti gravi e 22 feriti lievi. Il quartiere più colpito è stato quello di Laorca, con 7 morti.
La vecchia strada Lecco-Ballabio, nella vallata del Gerenzone, presenta la lapide che è memoria della sciagura tramviaria: è stata inaugurata l’11 dicembre 2008, quando era sindaco della città Antonella Faggi, su iniziativa del Consiglio di Zona 3 presieduto da Alfredo Rusconi con vice Vittorio Buratti. Si realizzava, così, un voto espresso dal Consiglio Comunale di Lecco, su proposta del presidente Emanuele Mauri, oggi alla guida del consorzio Diga Adda Olginate. Un documento di pieno sostegno dell’iniziativa della lapide venne reso noto da Appello per Lecco con Corrado Valsecchi. Qualcuno ricordò che nel libro del noto sindacalista Pio Galli “Da una parte sola: autobiografia di un metalmeccanico”, uscito nel 1997, l’autore, tornato a Lecco dopo la straordinaria esperienza ai vertici nazionali del sindacato metalmeccanici CGIL, sottolineava: “Neppure una lapide è stata posta a ricordare quei morti che si aggiungevano alle vittime della guerra”; tutta povera gente stipata sul tram nel pieno rigore invernale per esigenze primarie della vita di ogni giorno verso il mercato di Lecco.
La cerimonia inaugurale si svolse nel cortile della casa (allora centro di riabilitazione motoria) don Luigi Monza, già Villa Sangregorio, che si trova di fronte alla curva dove il tram deragliò. Tra i primi soccorritori vi fu l’allora parroco di San Giovanni, don Luigi Monza, fondatore della Nostra Famiglia, che la Chiesa ha proclamato beato. C’erano con lui anche alcuni residenti della zona, i dipendenti del vicino panificio Colombo di via Agliati e il diciottenne Piero Caspani, in partenza per il servizio nel Corpo Forestale. Accorse il medico condotto dott. Angelo Colombo. Tra coloro che erano in attesa del tram alla fermata e non furono miracolosamente travolti dalla vettura impazzita, si trovava il prof. Ireneo Coppetti, che sarà assessore in Comune a Lecco e preside del Liceo Classico Alessandro Manzoni.
Nella cerimonia inaugurale della lapide del 2008, dopo le notizie storiche sull’evento riferite da Aloisio Bonfanti, presero la parola l’assessore del Comune di Lecco Stefano Parolari, il presidente del Consiglio Emanuele Mauri, il "numero uno" del Consiglio di Zona 3 Alfredo Rusconi, l'esponente dell'Amministrazione provinciale Francesco Laini (residente a Laorca) e il parroco don Emilio Colombo. Erano presenti parenti delle vittime, nonché testimoni e viaggiatori che si trovavano sul tram al momento del luttuoso evento. C’erano Amleto Rocca, Maria Rosa Ripamonti, Piergiorgio Ferrarini, Ester Fumagalli Canali, Graziano Invernizzi e Giovanna Spreafico. Quest’ultima aveva allora 11 anni e dichiarò di conservare il biglietto del tram preso al capolinea di Malavedo per scendere a scuola a Lecco. Le operazioni di soccorso presso il tram deragliato risentirono delle tragiche condizioni belliche del tempo. Vi era solo un’autoambulanza della Croce Rossa che fece “miracoli” con il benemerito conducente Minchiotti. Intervennero vetture di privati, ma scarseggiava la benzina. Diversi feriti raggiunsero su carri agricoli il presidio ospedaliero, allora in via Ghislanzoni.
La disgrazia del tram avveniva dopo un veramente tragico 1943, già iniziato con la notte del 25 luglio a palazzo Venezia con i capovolgimenti politici e militari, e concluso l’8 settembre con l’invasione tedesca e la restaurazione mussoliniana della Repubblica di Salò. Nel mese di agosto erano avvenuti gli impressionanti bombardamenti anglo-americani su Milano che provocarono oltre 2.000 vittime e sfollati anche a Lecco e nel vicino territorio. A ottobre giungevano in città reparti di truppe tedesche di montagna per il rastrellamento anti partigiani sul pizzo Erna e nelle valli e vette circostanti. C’era il dolore, la tristezza per i morti su vari fronti di terra e di mare, i feriti rientrati mutilati, i prigionieri e i dispersi dei quali non si aveva notizia. La guerra divampava più che mai sanguinosa sul fronte di Cassino, dove anche reparti italiani del gruppo di combattimento Legnano si erano uniti alle truppe anglo-americane per aprire la strada verso la liberazione di Roma, che avverrà solo nel giugno 1944. La tragedia del tram deragliato, con morti e feriti anche gravi, determinò un’ulteriore condizione di ansia e di dolore in tutta l’opinione pubblica. L’alba della pace e della libertà appariva, purtroppo, ancora tanto lontana.
Nel cinquantesimo della sciagura (dicembre 1993) l’allora parroco di Laorca don Angelo Galbusera si fece promotore della celebrazione di una Messa di suffragio nella chiesa di Sant’Antonio in Malavedo, poco distante dalla località di partenza del tram della morte. Venne officiata da mons. Antonio Barone che, studente di 14 anni, era sul mezzo e uscì quasi indenne dal deragliamento, protetto e stretto tra robusti passeggeri. Mons. Barone, che oggi ha 94 anni, è il più anziano dei pochissimi superstiti. Risiede nel suo quartiere nativo di Laorca, dopo essere stato vicario episcopale nella diocesi di Milano e impegnato per lungo periodo con i sacerdoti ambrosiani Fidei Donum in centro Africa. La Messa venne accompagnati dai canti della corale dei Santi Pietro e Paolo di Laorca, con all’organo il maestro Gianstefano Dell’Oro.
L’Amministrazione Comunale di Lecco era rappresentata dal vice sindaco Angelo Fortunati e dall’assessore Fausto Cariboni. Una pattuglia di vigili urbani era schierata, con il comandante Sebastiano Masia, ai lati del civico gonfalone listato a lutto. Le vittime della tragedia saranno ricordate anche nella giornata di domani, lunedì 11 dicembre, ottant'anni dopo il tragico evento, con due celebrazioni eucaristiche promosse dalla comunità pastorale di Laorca, Rancio e San Giovanni. La prima Messa, con Lodi, sarà alle 8.30 presso la chiesetta Beata Vergine del Rosario, in località Varigione, non lontana dalla località dello spaventoso deragliamento tramviario. Un'altra funzione, con Vespri, sarà invece alle 17.00 presso la parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo in Laorca.