PAROLE CHE PARLANO/154
A iosa
La locuzione avverbiale a iosa, piuttosto nota e utilizzata, è un’espressione conosciuta col significato di in grande abbondanza. Tuttavia, quella che appare oscura è la sua origine, per cui, piuttosto che imbarcarsi in spiegazioni dubbie, molti vocabolari preferiscono sorvolare e comunicare un etimo incerto. Poiché incerto non vuol dire sconosciuto, quanto piuttosto con varie possibili interpretazioni, proviamo a scegliere tra queste quella più comune e in qualche modo interessante.
Ieri come oggi (si pensi al gioco del Monopoli), i bambini si divertivano a imitare i grandi che utilizzano le monete per gli acquisti, per il commercio e anche per il gioco d’azzardo. Ovviamente, non potevano farlo con denaro vero, ma utilizzando monete finte, costituite da dischetti di legno o di piombo (metallo facilmente fondibile e di basso costo). Questi oggetti venivano chiamati chiose e avevano chiaramente un valore pressoché nullo. Gli adulti, che devono sempre mettere il becco anche nelle cose dei bambini e impossessarsi del loro lessico, affermavano che poteva essere pagato addirittura con le chiose tutto ciò che era molto abbondante, disponibile e quindi di scarso valore.
Nel dialetto toscano, questo modo di dire perse facilmente il ch, e chiosa divenne iosa. Ecco finalmente il nostro a iosa, sinonimo di abbondantemente.
In alcuni periodi storici venne effettuato un rigido controllo sui giochi d'azzardo, vietati dalla legge. Fu così che le finte monete dei bambini tornarono utili anche agli adulti che con le chiose aggiravano i divieti. Da questo espediente nacquero i gettoni, detti anche fiche in francese, poi utilizzati legalmente sui tavoli da gioco dei casinò nella seconda metà del XIX secolo.
Rubrica a cura di Dino Ticli