In viaggio a tempo indeterminato/309: la vita reale tra intelligenza artificiale e barriere
Intelligenza artificiale (IA), ormai ne parla chiunque. Da un lato affascina, dall'altro spaventa.
Con IA "ci si riferisce allo sviluppo di sistemi informatici in grado di svolgere compiti che richiedono tipicamente l'intelligenza umana. Dal riconoscimento vocale alla risoluzione di problemi, l'IA abbraccia un ampio spettro di applicazioni, ciascuna contribuendo al suo impatto sempre crescente su diverse industrie."
Ecco, questa definizione molto specifica ed esaustiva è l'IA stessa a darla. Ho semplicemente digitato "scrivi un testo sull'intelligenza artificiale" in un sito che sfrutta l'IA per dialogare per iscritto con l'uomo.
Interessante ma al tempo stesso inquietante e io, onestamente, devo ancora capire quale sentimento prevalga in me. “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità" diceva Spider-Man. Assolutamente vero, ma come gliela spieghi a una macchina la questione delle "responsabilità"?
Elon Musk, famoso imprenditore e fondatore di aziende come Tesla e SpaceX, parlando dell'intelligenza artificiale ha più volte messo in guardia dalle minacce che rappresenta per l’umanità, affermando che "potrebbe essere più pericolosa delle armi nucleari".
Ohh ma che bellezza, un'altra notizia positiva!
Ma io dico, non avevamo già abbastanza problemi da risolvere nel mondo, prima di inventarcene altri? Non so, cose tipo "la fame nel mondo" o "il surriscaldamento globale" o "le guerre e i genocidi". Sono decenni che le candidate di Miss Italia ne parlano, forse era il caso di ascoltarle.
E invece no, il progresso ci ha portato a inventare qualcosa che in futuro potrebbe essere la nostra condanna oppure il più grande aiuto possibile all'umanità. Ai posteri l'ardua sentenza, che poi mi sa che i posteri saremo noi vista la velocità a cui vanno queste cose.Lo so, ti starai chiedendo che c'entra l'IA con il viaggio, che poi è quello di cui parlo di solito in questi articoli.
Di primo acchito ti direi nulla. Poi però, pensandoci bene, mi rendo conto che qualche legame c'è. Seguimi ora in questo volo pindarico per arrivare al punto.
Aprendo i social, ultimamente, vedo prevalentemente due tipi di contenuti: quelli in stile "Gerry Scotti che canta Bob Marley" oppure quelli che riguardano la terribile situazione nella Striscia di Gaza. Insomma, per un motivo o per l'altro, perdo fiducia nell'umanità. Poi però, quando spengo il telefono e mi guardo intorno, mi sento catapultata in un luogo completamente diverso.
Come se tutto quello visto sullo schermo fosse frutto della fervida e perfida immaginazione di qualche autore di film horror.
E in quest'altro mondo, quello reale, sto decisamente meglio.
Osservo la vita attorno a noi mentre viaggiamo lenti a bordo di Gioconda, la moto che abbiamo acquistato da qualche settimana. I bufali sdraiati nei campi. Le risaie. Il signore che trasporta sul suo motorino più materassi di quelli che Mastrota promuove in una televendita. I bambini che giocano a palla a lato strada. La signora con indosso il cappello a cono che vende frutta e verdura e ci sorride mentre passiamo.
Sembra che la vita qui sia ancora regolata dallo scorrere del fiume, dall'alternarsi della stagione umida e di quella secca, dal lavoro manuale più che da quello concettuale.
Quando scendiamo della moto ed entriamo senza filtri nella quotidianità locale, il divario tra realtà e schermo del telefono sembra allargarsi ancora di più. Osserviamo le signore intente a posizionare i mattoni dentro un forno. Sentiamo il calore asfissiante e vediamo la fatica, quella vera.
Camminiamo tra i fogli di riso stesi ad asciugare su delle stuoie ricurve in un giardino. "Hanno bisogno del calore del sole prima di essere pronti. Con la brutta stagione non ne produciamo molti perché non si asciugherebbero". Ci dice una signora in vietnamita. Parla davanti allo schermo del telefono e l'applicazione traduce quell'insieme di parole che a me sembrano suoni melodiosi senza alcun significato.
Non si scompone quando le facciamo segno di premere il tasto del microfono prima di parlare. E non si tira indietro a fare lunghi e intricati discorsi.
Il vietnamita è una lingua per noi molto complessa. Le parole sono brevi, spesso composte da tre o quattro lettere, ma hanno un'infinità di accenti, alcuni dei quali non pensavo nemmeno esistessero. Pronunciare male un accento o sbagliare l'intonazione rende incomprensibile la parola. Imparare una lingua così per noi è davvero una sfida e in tutti questi giorni siamo riusciti a malapena a farci capire quando diciamo "grazie".
Il traduttore del telefono, invece, riesce mirabilmente a intuire cosa stia pronunciando la signora che prepara i fogli di riso.
La traduzione spesso non è perfetta, ma il significato generale del discorso è piuttosto chiaro.
Stiamo comunicando, in due lingue completamente diverse, ma ci capiamo.
E questa cosa, fino a pochi anni fa, era assolutamente impensabile.
È proprio mentre vedevo le parole prendere forma sullo schermo del telefono che ho realizzato una cosa importante.
La vita, qui sulle rive del fiume Mekong, sembra lontana anni luce dal concetto di "intelligenza artificiale" ma in realtà così distante non lo è.
La prova è il fatto che, sia noi che la signora, sappiamo che parlando davanti allo schermo di un telefono potremo comunicare.
Nessuno di noi sa come sia possibile o quale assurda tecnologia ci sia dietro, ma lo facciamo e ci sembra "normale".
Questo aiuta moltissimo entrambi perché ci permette di abbattere un muro e poter comunicare ognuno nella sua complessa lingua.
E allora voglio pensare che l'obiettivo ultimo della tecnologia, di questa spaventosa e affascinante "intelligenza artificiale", sarà proprio quello di aiutarci ad abbattere le barriere, di aiutarci a vivere tutti meglio.
Lo so, le premesse che ho fatto all'inizio erano decisamente più pessimistiche. Ma mi sono resa conto che ci sono cose che non potranno mai essere sostituite da nessuna super mega intelligenza artificiale. Perché è vero che abbiamo usato una tecnologia per tradurre, ma è anche vero che la parte migliore di quell'esperienza è stato il sorriso di quella signora mentre insieme addentavamo un pezzetto di carta di riso piccante. E finché continueremo a notare queste piccole sfumature, a emozionarci per dei gesti e non per degli oggetti, allora potremo stare tranquilli e goderci il meglio che la tecnologia ha da offrirci.
Dobbiamo solo rimanere umani e oggi più che mai, sembra questa la sfida più difficile.
Difficile ma non impossibile, direbbe Pollyanna!
Con IA "ci si riferisce allo sviluppo di sistemi informatici in grado di svolgere compiti che richiedono tipicamente l'intelligenza umana. Dal riconoscimento vocale alla risoluzione di problemi, l'IA abbraccia un ampio spettro di applicazioni, ciascuna contribuendo al suo impatto sempre crescente su diverse industrie."
Ecco, questa definizione molto specifica ed esaustiva è l'IA stessa a darla. Ho semplicemente digitato "scrivi un testo sull'intelligenza artificiale" in un sito che sfrutta l'IA per dialogare per iscritto con l'uomo.
Interessante ma al tempo stesso inquietante e io, onestamente, devo ancora capire quale sentimento prevalga in me. “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità" diceva Spider-Man. Assolutamente vero, ma come gliela spieghi a una macchina la questione delle "responsabilità"?
Elon Musk, famoso imprenditore e fondatore di aziende come Tesla e SpaceX, parlando dell'intelligenza artificiale ha più volte messo in guardia dalle minacce che rappresenta per l’umanità, affermando che "potrebbe essere più pericolosa delle armi nucleari".
Ohh ma che bellezza, un'altra notizia positiva!
Ma io dico, non avevamo già abbastanza problemi da risolvere nel mondo, prima di inventarcene altri? Non so, cose tipo "la fame nel mondo" o "il surriscaldamento globale" o "le guerre e i genocidi". Sono decenni che le candidate di Miss Italia ne parlano, forse era il caso di ascoltarle.
E invece no, il progresso ci ha portato a inventare qualcosa che in futuro potrebbe essere la nostra condanna oppure il più grande aiuto possibile all'umanità. Ai posteri l'ardua sentenza, che poi mi sa che i posteri saremo noi vista la velocità a cui vanno queste cose.Lo so, ti starai chiedendo che c'entra l'IA con il viaggio, che poi è quello di cui parlo di solito in questi articoli.
Di primo acchito ti direi nulla. Poi però, pensandoci bene, mi rendo conto che qualche legame c'è. Seguimi ora in questo volo pindarico per arrivare al punto.
Aprendo i social, ultimamente, vedo prevalentemente due tipi di contenuti: quelli in stile "Gerry Scotti che canta Bob Marley" oppure quelli che riguardano la terribile situazione nella Striscia di Gaza. Insomma, per un motivo o per l'altro, perdo fiducia nell'umanità. Poi però, quando spengo il telefono e mi guardo intorno, mi sento catapultata in un luogo completamente diverso.
Come se tutto quello visto sullo schermo fosse frutto della fervida e perfida immaginazione di qualche autore di film horror.
E in quest'altro mondo, quello reale, sto decisamente meglio.
Osservo la vita attorno a noi mentre viaggiamo lenti a bordo di Gioconda, la moto che abbiamo acquistato da qualche settimana. I bufali sdraiati nei campi. Le risaie. Il signore che trasporta sul suo motorino più materassi di quelli che Mastrota promuove in una televendita. I bambini che giocano a palla a lato strada. La signora con indosso il cappello a cono che vende frutta e verdura e ci sorride mentre passiamo.
Sembra che la vita qui sia ancora regolata dallo scorrere del fiume, dall'alternarsi della stagione umida e di quella secca, dal lavoro manuale più che da quello concettuale.
Quando scendiamo della moto ed entriamo senza filtri nella quotidianità locale, il divario tra realtà e schermo del telefono sembra allargarsi ancora di più. Osserviamo le signore intente a posizionare i mattoni dentro un forno. Sentiamo il calore asfissiante e vediamo la fatica, quella vera.
Camminiamo tra i fogli di riso stesi ad asciugare su delle stuoie ricurve in un giardino. "Hanno bisogno del calore del sole prima di essere pronti. Con la brutta stagione non ne produciamo molti perché non si asciugherebbero". Ci dice una signora in vietnamita. Parla davanti allo schermo del telefono e l'applicazione traduce quell'insieme di parole che a me sembrano suoni melodiosi senza alcun significato.
Non si scompone quando le facciamo segno di premere il tasto del microfono prima di parlare. E non si tira indietro a fare lunghi e intricati discorsi.
Il vietnamita è una lingua per noi molto complessa. Le parole sono brevi, spesso composte da tre o quattro lettere, ma hanno un'infinità di accenti, alcuni dei quali non pensavo nemmeno esistessero. Pronunciare male un accento o sbagliare l'intonazione rende incomprensibile la parola. Imparare una lingua così per noi è davvero una sfida e in tutti questi giorni siamo riusciti a malapena a farci capire quando diciamo "grazie".
Il traduttore del telefono, invece, riesce mirabilmente a intuire cosa stia pronunciando la signora che prepara i fogli di riso.
La traduzione spesso non è perfetta, ma il significato generale del discorso è piuttosto chiaro.
Stiamo comunicando, in due lingue completamente diverse, ma ci capiamo.
E questa cosa, fino a pochi anni fa, era assolutamente impensabile.
È proprio mentre vedevo le parole prendere forma sullo schermo del telefono che ho realizzato una cosa importante.
La vita, qui sulle rive del fiume Mekong, sembra lontana anni luce dal concetto di "intelligenza artificiale" ma in realtà così distante non lo è.
La prova è il fatto che, sia noi che la signora, sappiamo che parlando davanti allo schermo di un telefono potremo comunicare.
Nessuno di noi sa come sia possibile o quale assurda tecnologia ci sia dietro, ma lo facciamo e ci sembra "normale".
Questo aiuta moltissimo entrambi perché ci permette di abbattere un muro e poter comunicare ognuno nella sua complessa lingua.
E allora voglio pensare che l'obiettivo ultimo della tecnologia, di questa spaventosa e affascinante "intelligenza artificiale", sarà proprio quello di aiutarci ad abbattere le barriere, di aiutarci a vivere tutti meglio.
Lo so, le premesse che ho fatto all'inizio erano decisamente più pessimistiche. Ma mi sono resa conto che ci sono cose che non potranno mai essere sostituite da nessuna super mega intelligenza artificiale. Perché è vero che abbiamo usato una tecnologia per tradurre, ma è anche vero che la parte migliore di quell'esperienza è stato il sorriso di quella signora mentre insieme addentavamo un pezzetto di carta di riso piccante. E finché continueremo a notare queste piccole sfumature, a emozionarci per dei gesti e non per degli oggetti, allora potremo stare tranquilli e goderci il meglio che la tecnologia ha da offrirci.
Dobbiamo solo rimanere umani e oggi più che mai, sembra questa la sfida più difficile.
Difficile ma non impossibile, direbbe Pollyanna!
Angela (e Paolo)