Mandello: la rivalità tra Guzzi e Gilera riaccende i motori dei ricordi
Mentre per oggi è attesa la visita privata del presidente della Repubblica Ceca, Petr Pavel, alla Moto Guzzi di Mandello, il teatro De André ieri ha ospitato una serata di ricordi tra Gilera e “Aquila”, due marchi gloriosi del motociclismo italiano, a lungo rivali sulle piste e sui mercati.
In quanto alla visita di Pavel, è stato lo stesso presidente ceco – in questi giorni in Italia in forma ufficiale – a chiedere di visitare lo stabilimento mandellese Guzzi e di provare la “Stelvio” nella nuova versione che è l’ultima nata nella casa dell’aquila.
Ieri sera, invece, si è sfogliato l’album dei ricordi nell’incontro “Guzzi e Gilera: una sana rivalità” promosso dal Comune e condotto dal giornalista Oscar Malugani.
Sul palco rappresentanti delle due case motociclistiche che il destino ha poi visto essere acquisite entrambe dalla “Piaggio” con sbocchi differenti. E se ne è parlato nel corso della serata. E così ai ricordi e agli aneddoti si sono aggiunti anche delusioni e amarezze da parte di “Gilera” che ha visto la chiusura della storica fabbrica di Arcore e il trasferimento della produzione e anche del museo a Pontedera, sede appunto di Piaggio. Dove peraltro, il marchio “Gilera” è riservato al reparto scooter.
Da Arcore si guarda dunque a Mandello con un po’ di invidia ma anche ammirazione per essere riusciti a mantenere marchio e fabbrica, per la quale anzi è previsto un ampliamento. E, secondo il sindaco mandellese Riccardo Fasoli, sono proprio le serate come quella di ieri a convincere l’azienda a investire nel nostro territorio: queste iniziative – ha detto il primo cittadino - sono gocce nel mare, ma la mobilitazione e l’attaccamento dei mandellesi ha convinto la proprietà a investire. E forse quando Piaggio acquisì il marchio “Guzzi” non si aspettava uno sviluppo di questo genere.
E del resto, le cifre della “febbre” Guzzi sono più che evidenti se si pensa che il museo è stato visitato nel corso dell’anno da 15mila persone e che nella sola giornata della Fabbrica Aperta in occasione del tradizionale raduno gli ingressi sono stati 35mila (compresi naturalmente coloro che magari sono entrati più volte).
A proposito dell’ampliamento, inoltre, il sindaco ha detto che i lavori potrebbero partire già nel mese di gennaio. Manca ancora qualche dettaglio burocratico, ma i passi principali sono stati fatti: la variante al pgt, le autorizzazioni paesistiche e della Sovrintendenza. E l’azienda avrebbe anche già selezionato alcune imprese a cui affidare gli interventi.
Da parte loro, gli arcoresi puntano a riprendersi almeno il museo «che a Pontedera è fuori luogo: è come portare il museo Ferrari a Torino. E quindi «stiamo battagliando. Ci potrebbe anche essere la nuova sede: un vecchio hangar dismesso».
Sul palco, oltre al sindaco Fasoli, c’erano esponenti storici delle due case motociclistiche. Per la Gilera Massimo Lucchini, Luca Dell’Oca, Alfonso Savoldelli e il pilota comasco Angelo Tenconi; per la Guzzi Pino Todero, Bruno Scola, Luciano Gazzola.
In apertura di serata, hanno portato il loro saluto anche il rappresentante regionale della Federazione motociclistica italiana Paolo Morandi e il presidente del Motoclub Oggiono Ettore Turati: il sodalizio brianzolo quest’anno celebra infatti il secolo di vita raccontato in un libro che è stato donato agli ospiti.
E una breve ribalta anche per Sandro Viganò, 87 anni, ex dipendente Guzzi, una sorta di genio che ancora s’inventa strani assemblaggi con i motori, producendone prima a quattro cilindri, poi a otto e poi a dodici per arrivare ai 16 cilindri ottenuti unendo sedici motori dei ciclomotori “Ciao”.
Spazio anche per ricordare Alberto Arnaudo e Luigi Frigerio, il primo della Guzzi e il secondo della Gilera, recentemente scomparsi.
Poi, via alle memorie, partendo appunto dalle figure di Giuseppe Gilera e Carlo Guzzi, tanto diverse eppure dalle traiettorie per certi versi simili: il secondo anche pilota, il primo che invece non si presentava in pista. Guzzi considerava le corse troppo dispendiose, pur essendo importanti dal punto di vista pubblicitario e infatti Gilera ci puntò molto.
Di Gilera si è detto «che era un uomo di fine Ottocento, capace di vedere il futuro e realizzarlo. Dopo essere cresciuto in una famiglia povere ed avere cominciato a lavorare a 12 anni alla “Bianchi”, per poi passare ad altre aziende, arrivò ad aprire una propria officina producendo la prima moto e poi la seconda…».
Di Carlo Guzzi che «non era il proprietario dell’azienda, ma un dipendente, un dipendente di lusso. Aveva la passione per la buona meccanica, per una cosa che qui non si può dire e per i soldi. E i primi soldi sono anche quelli risparmiati»
Si è parlato di gare, di record, di piloti e di pionieri, di gomme che scoppiavano in pista coi pezzi di copertone scambiati per passerotti («Ma i passerotti non vanno a 200 all’ora»), di defatiganti gare come la Milano-Taranto: otto ore ogni giorno in sella in condizioni precarie. I trucchi, gli imprevisti, le cadute, i rischi.
E poi «la pista sopraelevata in cemento armato di Como che era la più bella d’Europa e l’hanno buttata giù per far giocare quattro al pallone», i soggiorni esinesi di Gilera per motivi di salute (dopo il periodo di sanatorio in Valtellina). E, ancora, le gelosie, i progetti contesi, le rivalità: «Noi collaudatori ci scornavamo. Ci trovavamo in superstrada ed era una battaglia. Poi, alla fine andavamo tutti assieme a bere il caffè a Costa Masnaga».
E naturalmente i tanti modelli usciti dalle due case: le motociclette più ardite e quelle più tranquille. Fino ai motocarri: ci provò la Gilera prima della Guzzi, ma fu un’esperienza di breve durata. Se ne produssero solo 5mila esemplari. Mentre il motocarro Guzzi (centomila esemplari? Chissà) accompagnò il boom economico, fu il simbolo della ricostruzione italiana nel secondo dopoguerra.
Infine, anche un pensiero alle motocicliste, un tempo figure quasi mitiche e guardate con sospetto: come l’inglese Edith Damun che si mise in luce negli anni Trenta o l’italiana Vittorina Sambri che nel 1913 fu accusata dai rivali maschi di barare, di essere ella stessa un maschio vestito da donna. Tanto era ritenuta balzana l’idea che una donna potesse guidare una moto e gareggiare.
In quanto alla visita di Pavel, è stato lo stesso presidente ceco – in questi giorni in Italia in forma ufficiale – a chiedere di visitare lo stabilimento mandellese Guzzi e di provare la “Stelvio” nella nuova versione che è l’ultima nata nella casa dell’aquila.
Ieri sera, invece, si è sfogliato l’album dei ricordi nell’incontro “Guzzi e Gilera: una sana rivalità” promosso dal Comune e condotto dal giornalista Oscar Malugani.
Sul palco rappresentanti delle due case motociclistiche che il destino ha poi visto essere acquisite entrambe dalla “Piaggio” con sbocchi differenti. E se ne è parlato nel corso della serata. E così ai ricordi e agli aneddoti si sono aggiunti anche delusioni e amarezze da parte di “Gilera” che ha visto la chiusura della storica fabbrica di Arcore e il trasferimento della produzione e anche del museo a Pontedera, sede appunto di Piaggio. Dove peraltro, il marchio “Gilera” è riservato al reparto scooter.
Da Arcore si guarda dunque a Mandello con un po’ di invidia ma anche ammirazione per essere riusciti a mantenere marchio e fabbrica, per la quale anzi è previsto un ampliamento. E, secondo il sindaco mandellese Riccardo Fasoli, sono proprio le serate come quella di ieri a convincere l’azienda a investire nel nostro territorio: queste iniziative – ha detto il primo cittadino - sono gocce nel mare, ma la mobilitazione e l’attaccamento dei mandellesi ha convinto la proprietà a investire. E forse quando Piaggio acquisì il marchio “Guzzi” non si aspettava uno sviluppo di questo genere.
E del resto, le cifre della “febbre” Guzzi sono più che evidenti se si pensa che il museo è stato visitato nel corso dell’anno da 15mila persone e che nella sola giornata della Fabbrica Aperta in occasione del tradizionale raduno gli ingressi sono stati 35mila (compresi naturalmente coloro che magari sono entrati più volte).
A proposito dell’ampliamento, inoltre, il sindaco ha detto che i lavori potrebbero partire già nel mese di gennaio. Manca ancora qualche dettaglio burocratico, ma i passi principali sono stati fatti: la variante al pgt, le autorizzazioni paesistiche e della Sovrintendenza. E l’azienda avrebbe anche già selezionato alcune imprese a cui affidare gli interventi.
Da parte loro, gli arcoresi puntano a riprendersi almeno il museo «che a Pontedera è fuori luogo: è come portare il museo Ferrari a Torino. E quindi «stiamo battagliando. Ci potrebbe anche essere la nuova sede: un vecchio hangar dismesso».
Sul palco, oltre al sindaco Fasoli, c’erano esponenti storici delle due case motociclistiche. Per la Gilera Massimo Lucchini, Luca Dell’Oca, Alfonso Savoldelli e il pilota comasco Angelo Tenconi; per la Guzzi Pino Todero, Bruno Scola, Luciano Gazzola.
In apertura di serata, hanno portato il loro saluto anche il rappresentante regionale della Federazione motociclistica italiana Paolo Morandi e il presidente del Motoclub Oggiono Ettore Turati: il sodalizio brianzolo quest’anno celebra infatti il secolo di vita raccontato in un libro che è stato donato agli ospiti.
E una breve ribalta anche per Sandro Viganò, 87 anni, ex dipendente Guzzi, una sorta di genio che ancora s’inventa strani assemblaggi con i motori, producendone prima a quattro cilindri, poi a otto e poi a dodici per arrivare ai 16 cilindri ottenuti unendo sedici motori dei ciclomotori “Ciao”.
Spazio anche per ricordare Alberto Arnaudo e Luigi Frigerio, il primo della Guzzi e il secondo della Gilera, recentemente scomparsi.
Poi, via alle memorie, partendo appunto dalle figure di Giuseppe Gilera e Carlo Guzzi, tanto diverse eppure dalle traiettorie per certi versi simili: il secondo anche pilota, il primo che invece non si presentava in pista. Guzzi considerava le corse troppo dispendiose, pur essendo importanti dal punto di vista pubblicitario e infatti Gilera ci puntò molto.
Di Gilera si è detto «che era un uomo di fine Ottocento, capace di vedere il futuro e realizzarlo. Dopo essere cresciuto in una famiglia povere ed avere cominciato a lavorare a 12 anni alla “Bianchi”, per poi passare ad altre aziende, arrivò ad aprire una propria officina producendo la prima moto e poi la seconda…».
Di Carlo Guzzi che «non era il proprietario dell’azienda, ma un dipendente, un dipendente di lusso. Aveva la passione per la buona meccanica, per una cosa che qui non si può dire e per i soldi. E i primi soldi sono anche quelli risparmiati»
Si è parlato di gare, di record, di piloti e di pionieri, di gomme che scoppiavano in pista coi pezzi di copertone scambiati per passerotti («Ma i passerotti non vanno a 200 all’ora»), di defatiganti gare come la Milano-Taranto: otto ore ogni giorno in sella in condizioni precarie. I trucchi, gli imprevisti, le cadute, i rischi.
E poi «la pista sopraelevata in cemento armato di Como che era la più bella d’Europa e l’hanno buttata giù per far giocare quattro al pallone», i soggiorni esinesi di Gilera per motivi di salute (dopo il periodo di sanatorio in Valtellina). E, ancora, le gelosie, i progetti contesi, le rivalità: «Noi collaudatori ci scornavamo. Ci trovavamo in superstrada ed era una battaglia. Poi, alla fine andavamo tutti assieme a bere il caffè a Costa Masnaga».
E naturalmente i tanti modelli usciti dalle due case: le motociclette più ardite e quelle più tranquille. Fino ai motocarri: ci provò la Gilera prima della Guzzi, ma fu un’esperienza di breve durata. Se ne produssero solo 5mila esemplari. Mentre il motocarro Guzzi (centomila esemplari? Chissà) accompagnò il boom economico, fu il simbolo della ricostruzione italiana nel secondo dopoguerra.
Infine, anche un pensiero alle motocicliste, un tempo figure quasi mitiche e guardate con sospetto: come l’inglese Edith Damun che si mise in luce negli anni Trenta o l’italiana Vittorina Sambri che nel 1913 fu accusata dai rivali maschi di barare, di essere ella stessa un maschio vestito da donna. Tanto era ritenuta balzana l’idea che una donna potesse guidare una moto e gareggiare.
D.C.