Lecco: convegno a più voci sul disagio giovanile. 'Occorre dialogo'
La necessità di un ascolto reciproco tra giovani e adulti. Di fiducia e di rispetto. Per superare le incomprensioni. Collaborando per affrontare tutti quei problemi catalogati come disagio giovanile, problemi che trascurati possono sfociare nella delinquenza vera e propria. Se ne è parlato alla Casa dell’economia di Lecco nell’ambito di un convegno sul tema “Il disagio giovanile tra strada, scuola e web” promosso dal sindacato di polizia Fsp. In platea anche studenti di alcune scuole superiori, mentre altri erano collegati in streaming.
Ha introdotto i lavori il segretario provinciale FSP Fulvio Gonella: "gli operatori di polizia - ha detto al microfono - devono intervenire sempre più spesso per problematiche inerenti reati commessi da adolescenti dalle cosiddette bande giovanili. Per darvi un dato significativo solo nel 2022 la cronaca italiana si è occupata in oltre1900 occasioni in cui il reato era commesso da bande di ragazzi. Abbiamo voluto organizzare questo convegno coinvolgendo tutte le Istituzioni perché la soglia di attenzione si deve necessariamente alzare in quanto questi reati sono ormai presenti nella nostra quotidianità".
I lavori sono stati aperti dai saluti portati dal prefetto Sergio Pomponio, dal sindaco Mauro Gattinoni e dalla vice questore vicario Anna Leuci.
Da parte sua Pomponio, si è proprio soffermato sull’ascolto, una capacità che sta venendo a mancare: «Gli adulti devono ascoltare i giovani. I giovani devono imparare ad ascoltare. Ma in questi anni è mancato proprio l’insegnamento all’ascolto».
Il sindaco si è rapportato direttamente ai giovani, evocando il trapper lecchese Baby Gang ora in carcere e del quale ha parlato anche don Burgio: una sorta di convitato di pietra, quasi un personaggio simbolo del disagio all’ombra del Matitone. Gattinoni ha messo in guardia i giovani: «Occhio a non farvi strumentalizzare da chiunque e occhio al web: voi adolescenti siete un target privilegiato per chi vuole vendervi qualcosa, ma attenzione anche a certe sfide, a quelle “prove estreme” a cui qualcuno potrebbe invitarvi. E soprattutto nessuno è nemico di nessuno. Siamo tutti disponibili ad ascoltarvi».
Dato di partenza della discussione, l’aumento dei reati compiuti da adolescenti che appunto porta alla luce il problema di una sofferenza diffusa da parte delle ultime generazioni che chiama in causa l’intera società.
Il convegno ha visto la partecipazione di Marina Ghislanzoni, docente e rappresentante dell’Ufficio scolastico provinciale; don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile “Beccaria” di Milano; Ezio Domenico Basso, procuratore capo a Lecco; Bruna Dighera, psicologa ed esponente del “Tavolo lecchese per la giustizia restorativa”; Simone Feder della Casa del giovane di Pavia; Alessia Giannino, allieva vice ispettore della Polizia di Stato. A moderare, la collega Alice Mandelli.
Ha introdotto i lavori il segretario provinciale FSP Fulvio Gonella: "gli operatori di polizia - ha detto al microfono - devono intervenire sempre più spesso per problematiche inerenti reati commessi da adolescenti dalle cosiddette bande giovanili. Per darvi un dato significativo solo nel 2022 la cronaca italiana si è occupata in oltre1900 occasioni in cui il reato era commesso da bande di ragazzi. Abbiamo voluto organizzare questo convegno coinvolgendo tutte le Istituzioni perché la soglia di attenzione si deve necessariamente alzare in quanto questi reati sono ormai presenti nella nostra quotidianità".
I lavori sono stati aperti dai saluti portati dal prefetto Sergio Pomponio, dal sindaco Mauro Gattinoni e dalla vice questore vicario Anna Leuci.
Da parte sua Pomponio, si è proprio soffermato sull’ascolto, una capacità che sta venendo a mancare: «Gli adulti devono ascoltare i giovani. I giovani devono imparare ad ascoltare. Ma in questi anni è mancato proprio l’insegnamento all’ascolto».
Il sindaco si è rapportato direttamente ai giovani, evocando il trapper lecchese Baby Gang ora in carcere e del quale ha parlato anche don Burgio: una sorta di convitato di pietra, quasi un personaggio simbolo del disagio all’ombra del Matitone. Gattinoni ha messo in guardia i giovani: «Occhio a non farvi strumentalizzare da chiunque e occhio al web: voi adolescenti siete un target privilegiato per chi vuole vendervi qualcosa, ma attenzione anche a certe sfide, a quelle “prove estreme” a cui qualcuno potrebbe invitarvi. E soprattutto nessuno è nemico di nessuno. Siamo tutti disponibili ad ascoltarvi».
Dato di partenza della discussione, l’aumento dei reati compiuti da adolescenti che appunto porta alla luce il problema di una sofferenza diffusa da parte delle ultime generazioni che chiama in causa l’intera società.
Ghislanzoni ha illustrato tutti gli interventi messi in atto sul fronte scolastico che rappresenta indubbiamente uno dei passaggi cruciali, il luogo al quale si guarda per promuovere tutti gli interventi contro il disagio. E allora, reti di scuole per educare all’utilizzo corretto di internet e di tutti gli strumenti elettronici istituendo una sorta di patente virtuale per lo smartphone. Senza dimenticare gli interventi contro gli estremismi politici e la radicalizzazione, contro la violenza sulla donna, per l’educazione alla legalità.
Don Burgio, proprio partendo dall’esperienza di Baby Gang e del rapporto che con lui ha instaurato in carcere oltre alle vicende di altri ragazzi ospitati dalla sua comunità Kairos, ha invitato a non giudicare: «Si può sbagliare gravemente, ma alla vostra età si è davanti a una vita intera a fin di bene. Uscire dal disagio giovanile significa avere fiducia nei ragazzi. Io vivo nell’incondizionata fiducia, ma devo sospendere il giudizio. Non basta il nostro ruolo per guadagnare la vostra fiducia e il vostro rispetto. Il rispetto dobbiamo guadagnarcelo anche noi. Combattere il disagio significa dare ai ragazzi la facoltà di esprimersi, ascoltare anche quello che è inascoltabile. Non è che giustifico i reati, ma bisogna mettersi in ascolto. I rapper mi hanno fatto vedere una Milano sconosciuta, certi quartieri degradati. In Italia esistono ancora molte disuguaglianze e aumentano sempre di più. Non bisogna imputare solo Baby Gang, è anche responsabilità nostra se è cresciuto dov’è cresciuto, in quei quartieri periferici e dimenticati. Quando 18 anni fa sono entrato in carcere ho cominciato a pormi domande. Le canzoni dei trapper sono davvero il problema? La dittatura del profitto è nata prima di loro. Per giovani come loro, il trauma del carcere è il minore rispetto a quelli che hanno già vissuto in passato. E allora occorre dare fiducia anche a chi non lo merita. Come a un giovanissimo rapinatore che ho conosciuto ancora minorenne: sembrava irriducibile e ora fa l’educatore. E’ la fiducia che ricrea le persone non le sanzioni che pure servono. Non c’è divisione tra divisa e non divisa: serve una collaborazione, un’alleanza per essere tutti più liberi, serve un’autorità che educa e non un esercizio dispotico del potere».
Il procuratore Basso ha raccontato un episodio di cui si era occupato nel periodo trascorso come magistrato in Sardegna: l’omicidio di un ragazzo per un debito di 500 euro e una ragazzina contesa. Un caso che ha visto coinvolto altri cinque giovani, sostanzialmente coetanei della vittima, un caso risolto grazie al pentimento sincero di uno di loro: «Certo, c’erano una vittima e cinque colpevoli, ma non c’erano vittima e carnefici. Ecco, quando si parla di ascolto, bisogna parlare di ascolto bidirezionale: noi istituzioni dobbiamo ascoltare la società, ascoltare le vittime del disagio. E allora, ragazzi, fatevi ascoltare. Se vedete delle cose che non vanno ditelo. A cominciare dalle violenze in famiglia passando per il bullismo: se interveniamo per tempo non dico che si risolve il problema ma qualcosa si può fare. Certo, qualcuno è irrecuperabile, ma tanto si può fare. Serve collaborazione, altrimenti non ne veniamo fuori. Mi raccomando, ragazzi, non abbiate paura».
Dighera ha spiegato invece come funziona il tavolo della giustizia “restorativa”, parola questa preferita alla più comune “riparativa” perché «le persone non si riparano, non sono macchine, soprattutto in presenza di gravi ferite di fronte a certi reati. Però, ci sono danni irreparabili ma non persone irrecuperabili. Ci sono tre tipi di giustizia: quella retributiva che risponde al male con il male e si occupa di punire, quella rieducativa che è prevista dalla nostra Costituzione e appunto quella “restorativa” che promuove l’incontro tra le vittime e l’autore dei reati perché l’incontro è la prima condizione dell’ascolto. Non occhio per occhio, ma occhi negli occhi».
Simone Feder ha poi presentato il risultato di una indagine condotta – tramite la somministrazione di questionari - tra i giovani, restituendo un selfie, una fotografia che evidenzia la diffusione dal consumo di alcol: uno su due si è trovato a perdere i sensi, sempre più ragazze si ubriacano. E poi le droghe che non sia sa nemmeno più cosa siano tanto sono tagliate con sostanze sconosciute e poco costose. Inoltre, il rapporto con io proprio corpo: alimentazione scorretta e atti di autolesionismo. E poi ancora l’azzardo: «con i giovani di oggi si preparano i giocatori di domani. Oggi possono spendere piccole somme. Ma domani… Perché il problema non sono nemmeno i videogiochi ma tutto quello che sta loro attorno. E’ la società che è tossica. Facciamo fatica a trovare le risposte perché non facciamo le domande giuste. Attenzione, ragazzi, siete in gruppo ma non siete un gruppo. Se il 56% si rivolge allo psicologo qualcosa non funziona ed è il fallimento della famiglia. Serve una comunità educante».
Infine, Alessia Giannino ha spiegato come la Questura interviene nei casi di disagio giovanile: «La polizia non è un vostro nemico». Sono due le modalità di intervento: un colloquio a scuola o una convocazione con i genitori. Solitamente si preferisce la prima, meno traumatica. «Dovete fidarvi di noi – l’appello - E ricordarvi che molte cose partono per scherzo e poi scappano di mano». Concludendo con il racconto di una vicenda che ha coinvolto una giovanissima ostracizzata dalle compagne e che si è lanciata dal balcone. Un caso estremo, una storia dove qualcosa non ha funzionato. Dove è mancata la capacità dei ragazzi non di fare gruppo ma di essere gruppo.
D.C.