Lecco: “Vik lasciava sempre il segno”. In tanti all’incontro con Selini e Beretta sulla Palestina

C’era voglia di impegnarsi e lasciare il segno sui volti delle persone radunatesi l’altra sera presso l’auditorium del centro civico Sandro Pertini di Germanedo. Era stato proprio quel sentimento a portarli lì, in una struttura intitolata al più “partigiano” tra i Presidenti della Repubblica, per partecipare ad un prezioso atto di resistenza: informarsi.
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Lo scopo della serata, intitolata “Guernica Gaza” e organizzata da una vasta rete di associazioni attive nel lecchese, era proprio fornire ai cittadini un’informazione indipendente sulla guerra in corso tra Israele e Palestina. “Cercheremo di prestare attenzione a quella prospettiva storica che oggi sui quotidiani e nei telegiornali o manca completamente o viene piegata ad un’interpretazione distorta, faziosa e profondamente mistificatoria” ha sottolineato Duccio Facchini, moderatore della serata ma soprattutto direttore di Altraeconomia.
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Duccio Facchini

È proprio per la rivista diretta dall’attivista lecchese che la giornalista Anna Maria Selini, seduta dall’altro lato del tavolo, ha realizzato il podcast “Oslo 30”, incentrato sugli accordi che Yitzhak Rabin e Yasser Arafat firmarono nel 1993 nella capitale della Norvegia sotto l’egida statunitense. “La cosa divertente è che per quasi otto mesi i rappresentanti delle due parti si incontrarono nella segretezza più assoluta. Nemmeno gli Stati Uniti lo sapevano. Quando poi lo scoprirono, se ne presero il merito” ha spiegato la giornalista romana. “La pace che si respirò in quel momento fu solo un’illusione. Con gli accordi di Oslo prese il via un processo che sarebbe dovuto durare fino al 1999. A quel punto, però, non si arrivò mai perché nel mentre successero tante cose tra cui l’uccisione di Rabin. Il grande errore di Oslo, però, fu un altro: non si parlò dello status di Gerusalemme, dei confini, del ritorno dei rifugiati e soprattutto dei coloni”. Oltre ai rappresentanti delle realtà organizzatrici, tra cui ANPI, Les Cultures, circolo Arci Spazio Condiviso, Qui Lecco Libera, Renzo e Luccio, in platea erano presenti tanti semplici cittadini, venuti a conoscenza della serata grazie al passaparola nella vasta rete dell’associazionismo lecchese.
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“Prima di Oslo i coloni erano 120mila, dopo divennero 480mila. Oggi sono quasi 800mila. Le colonie nascono per rompere quella continuità del territorio palestinese su cui dovrebbe basarsi una continuità politica” ha aggiunto Selini. “In generale, i palestinesi stavano meglio prima di Oslo. Si potevano muore molto più liberamente. Oggi, mentre tutto il mondo guarda a Gaza, in Cisgiordania si susseguono le aggressioni da parte dei coloni ai villaggi palestinesi, spesso con l’aiuto dei soldati israeliani”.
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Egidia Beretta e Anna Maria Selini

Già, Gaza. Quella Gaza in cui Vittorio “Vik” Arrigoni tornava continuamente nonostante le botte inferte dai soldati israeliani, gli arresti e le espulsioni. Un altro prezioso atto di resistenza grazie al quale Vittorio ha potuto raccontare il dramma dei palestinesi prima, dopo e durante l’operazione Piombo Fuso, svoltasi tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009. Pubblicati in principio sul Manifesto, i reportage dell’attivista casatese furono poi raccolti nel testo “Restiamo Umani”, edito da Manifestolibri. “Io prendo in mano questo libro ogni giorno e quando leggo i racconti di Vittorio mi prende una forte angoscia perché sembra che lui racconti ciò che sta accadendo ora. In tutti questi anni non abbiamo imparato niente. Mio figlio ambiva alla pace attraverso la giustizia” ha sottolineato un’emozionata Egidia Beretta. “Sono certa che avrebbe vissuto questi giorni con lo stesso affanno e la stessa rabbia provata allora. In particolare, io soffro per i bambini. Tutti i bambini, sia quelli israeliani rapiti sia quelli palestinesi morti”. 
Da quando suo figlio è stato ucciso, nell’aprile del 2011, Egidia Beretta gira l’Italia per mantenere vivo il messaggio di Vittorio Arrigoni: quel “Restiamo Umani” che lui stesso, in un’intervista con Anna Maria Selini del 2009 proiettata durante la serata, definì “un invito a ricordarsi della natura dell’uomo, del fatto che apparteniamo tutti all’unica grande famiglia umana”. 
“Vittorio non ha mai sostenuto la soluzione dei due stati. Mio figlio era un’utopista, sognava un unico stato in cui tutti i cittadini avessero gli stessi diritti e gli stessi doveri e rispettassero quelli degli altri a prescindere dalla religione. Un sogno a cui non dobbiamo rinunciare anche se ora, dopo quello che è successo dal 7 ottobre, israeliani e palestinesi si guarderanno sempre più con odio” ha aggiunto Egidia Beretta. 
Il massacro del 7 ottobre, in cui i miliziani di Hamas hanno trucidato 1200 israeliani, ha rappresentato uno shock molto forte per lo stato ebraico. “I due popoli custodiscono nella loro memoria storica due tragedie drammatiche. Da un lato, l’Olocausto, un trauma nel cui ricordo crescono tutti i giovani israeliani. La reazione post – 7 ottobre nasce dal profondo desiderio di Israele di impedire che si ripeta quanto accaduto in quel periodo” ha spiegato Anna Maria Selini. “Dall’altro lato, c’è la nakba. Nel 1948, quando nacque lo stato di Israele, 800mila palestinesi furono costretti ad abbandonare le loro case. Per questo oggi tanti abitanti della Striscia non volevano lasciare le loro abitazioni nonostante i bombardamenti”. 
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Non appena Duccio Facchini ha aperto lo spazio per le domande del pubblico, si è sviluppato un intenso ed appassionato dibattito in cui sono stati toccati vari temi. “Nel 2017 l’ONU disse che entro il 2020 Gaza non sarebbe stata più abitabile. Nella Striscia, completamente cinta dall’assedio israeliano dal 2007 vivevano 2,3milioni di persone. Immaginate quale può essere la situazione oggi con 15mila palestinesi morti, di cui 6mila bambini, e il 50% degli edifici raso al suolo” ha evidenziato Anna Maria Selini. “Io credo che finché la questione sarà trattata come un problema militare e non politico non si potrà trovare una soluzione. Anche io non credo molto nella soluzione dei due stati. Quello che manca oggi è un ente terzo che possa svolgere davvero il ruolo di mediatore. Stati Uniti ed Europa considerano Israele un avamposto strategico fondamentale e questo fa si che Tel Aviv possa fare quello che vuole”. 
Sul finire dell’incontro, quando ormai erano passate le 23, è intervenuta nuovamente Egidia Beretta. “Nel 2012 abbiamo costituito una fondazione che cerca di intervenire in diversi luoghi del mondo dove i diritti umani non sono rispettati. Purtroppo, oggi è difficile fare progetti su Gaza perché il futuro è un’incognita” ha spiegato la madre di Vittorio Arrigoni. “Per ora, abbiamo deciso di sostenere economicamente l’attività di due associazioni che operano in quell’area soprattutto con i bambini. Speriamo in futuro di riuscire ad avviare progetti ancora più concreti, nello stile di Vittorio. Lui lasciava sempre una traccia concreta in tutti i luoghi in cui passava”.
A.Bes.
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