Lecco, lavoratrice molestata dal capo: l'azienda condannata a risarcirla
Grande soddisfazione per la sentenza del Tribunale di Lecco che accoglie il ricorso di una lavoratrice assistita dagli operatori dell’ufficio vertenze CISL, accertando i comportamenti patiti e riconoscendo un risarcimento di 10.000 euro.
La vicenda ha inizio nel settembre 2020. Protagonista, suo malgrado, una lavoratrice del settore metalmeccanico che per un anno ha subito, come citato nella sentenza del Tribunale “consistenti apprezzamenti a sfondo sessuale e comportamenti fisicamente molesti, quali ripetuti palpeggiamenti sui fianchi e sulle natiche” da parte del proprio datore di lavoro. Le sue esplicite dichiarazioni di dissenso e la reiterata richiesta di un colloquio con la direzione aziendale non sono bastati a mettere fine alle molestie tanto da portarla, nel settembre 2021, a rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa ex art. 2119 c.c.
La società ha negato la sussistenza di comportamenti molesti, rifiutatasi perfino di riconoscere la dovuta indennità sostitutiva del preavviso, sostenendo che le condotte attuate dal titolare “sarebberoavvenute a titolo personale e non potrebbero generare una responsabilità, contrattuale od extracontrattuale, del datore di lavoro”.
Il Tribunale di Lecco ha invece ritenuto che i fatti fossero rilevanti sotto il profilo della lesione del vincolo fiduciario e da valutare per il loro disvalore sociale, procedendo quindi alla condanna della società al pagamento del risarcimento del danno oltre che dell'indennità sostitutiva del preavviso e delle spese processuali.
“È una sentenza importante perché condanna le molestie riconoscendo l’aggravante della posizione di superiorità gerarchica dell'uomo nei confronti della propria dipendente” ha commentato Antonio Mastroberti, Responsabile dell’ufficio vertenze CISL Monza Brianza Lecco. “Troppo spesso ci capitano casi di lavoratrici che subiscono atti o commenti a connotazione sessuale da datori di lavoro che approfittano della loro posizione di potere senza rispetto per la persona. Baci, carezze, commenti sgradevoli rappresentano una forma di violenza inaccettabile ma troppo spesso tollerata”.
La vicenda ha inizio nel settembre 2020. Protagonista, suo malgrado, una lavoratrice del settore metalmeccanico che per un anno ha subito, come citato nella sentenza del Tribunale “consistenti apprezzamenti a sfondo sessuale e comportamenti fisicamente molesti, quali ripetuti palpeggiamenti sui fianchi e sulle natiche” da parte del proprio datore di lavoro. Le sue esplicite dichiarazioni di dissenso e la reiterata richiesta di un colloquio con la direzione aziendale non sono bastati a mettere fine alle molestie tanto da portarla, nel settembre 2021, a rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa ex art. 2119 c.c.
La società ha negato la sussistenza di comportamenti molesti, rifiutatasi perfino di riconoscere la dovuta indennità sostitutiva del preavviso, sostenendo che le condotte attuate dal titolare “sarebberoavvenute a titolo personale e non potrebbero generare una responsabilità, contrattuale od extracontrattuale, del datore di lavoro”.
Il Tribunale di Lecco ha invece ritenuto che i fatti fossero rilevanti sotto il profilo della lesione del vincolo fiduciario e da valutare per il loro disvalore sociale, procedendo quindi alla condanna della società al pagamento del risarcimento del danno oltre che dell'indennità sostitutiva del preavviso e delle spese processuali.
“È una sentenza importante perché condanna le molestie riconoscendo l’aggravante della posizione di superiorità gerarchica dell'uomo nei confronti della propria dipendente” ha commentato Antonio Mastroberti, Responsabile dell’ufficio vertenze CISL Monza Brianza Lecco. “Troppo spesso ci capitano casi di lavoratrici che subiscono atti o commenti a connotazione sessuale da datori di lavoro che approfittano della loro posizione di potere senza rispetto per la persona. Baci, carezze, commenti sgradevoli rappresentano una forma di violenza inaccettabile ma troppo spesso tollerata”.