'Adesso Basta', proclamate 8 ore di sciopero. A Lecco il corteo di CGIL e UIL
CGIL e UIL quest'oggi sono tornate in piazza “per difendere il presente di lavoratori e pensionati, già colpito da instabilità contrattuale e alti tassi d’inflazione, e il futuro dei giovani, che hanno diritto ad avere un percorso lavorativo tutelato e la prospettiva di un trattamento previdenziale dignitoso”.
Anche a Lecco si sono incrociate le braccia per otto ore e, in mattinata, la CGIL ha organizzato un corteo partito attorno alle 9.30 dalla Meridiana per snodarsi poi per il centro fino ad arrivare – atteso da una delegazione della UIL – in piazza Diaz, ai piedi del Municipio, per il comizio finale, nel corso del quale diversi delegati hanno fatto sentire la voce di lavoratori e lavoratrici, ma anche di disoccupati e pensionati.
In testa al corposo serpentone la segreteria e i pensionati dello SPI. In coda la FIOM: “l'orgoglio metalmeccanico” - e a Lecco non poteva essere altrimenti – si è fatto notare, tra mortaretti, fumogeni, tamburi e fischietti.
Incredibile il colpo d'occhio, risalendo via Cavour verso il Comune: il salotto buono cittadino si è tinto di rosso, invaso da centinaia di bandiere.
“Siamo di fronte a un esecutivo confuso e litigioso al proprio interno, che fa circolare varie bozze di Legge di Bilancio poi puntualmente riviste e modificate nelle indiscrezioni successive” si legge nella nota diffusa dal sindacato per spiegare le motivazioni dello sciopero. “In tutte queste versioni viene per lo meno riconfermata la misura del taglio del cuneo fiscale chiesto a gran voce dal sindacato, a riprova che le iniziative e gli scioperi condotti finora hanno avuto il merito di porre all’ordine del giorno questa misura utile a consolidare il potere d’acquisto dei lavoratori. Si tratta però di una proroga per un solo ulteriore anno, segno che nel Governo non c’è volontà di stabilizzare le poche misure che vanno incontro ai bisogni reali delle persone, e soprattutto è un provvedimento che rischia di essere inutile visto che la decontribuzione non copre neanche lontanamente la perdita di potere d’acquisto senza precedenti, causata dall’inflazione galoppante”.
In tema previdenziale, poi, sostengono ancora dalla CGIL “nonostante la retorica sul superamento della Legge Fornero, si profila una riduzione degli importi pensionistici dei dipendenti pubblici: con la revisione delle aliquote previdenziali per le pensioni liquidate dal 2024, infatti, si calcola che i futuri pensionati potrebbero subire una perdita annua fino al 20% della retribuzione. Tutto ciò rivela una politica di smantellamento delle certezze, perché le pensioni non sono e non saranno mai una concessione ma un diritto acquisito del lavoratore. Discorso simile vale per l’innalzamento del requisito anagrafico di accesso all’Ape Social, portato da 63 anni a 63 anni e 5 mesi, un aumento che penalizza la platea di disoccupati, invalidi e caregiver che sono i principali destinatari della misura. Infine, su Opzione Donna si stanno registrando dichiarazioni e smentite che provocano solo confusione, ma al momento l’unica certezza è che, se rimarrà, lo farà nelle versione “ristretta”, quella che non consente l’accesso a tutte le lavoratrici (pur in presenza dei requisiti) ma solo ad alcune”.
Ma non solo. La CGIL parla infatti di “una manovra ingiusta anche per i disoccupati. I dati sulla povertà nel nostro Paese diffusi recentemente dall’Istat sono drammatici e confermano quanto le scelte del Governo continuino a essere sbagliate. Di fronte a 5,7 milioni di persone, il 10% della popolazione, e 2,2 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta si è scelto di cancellare l’unico strumento universale di contrasto alla povertà, il reddito di cittadinanza, introducendo al suo posto nuove misure che dividono la platea delle persone in difficoltà tra chi può accedere a un sostegno economico e chi, essendo considerato “occupabile”, ne è escluso, a prescindere dalle reali condizioni di bisogno. Insomma, la sostanza della manovra è chiara: qualche provvedimento bandiera e tanti titoli, ma poca sostanza. La strada intrapresa è quella dell’estrema attenzione a partite Iva, imprese e autonomi, mentre non c’è sostanzialmente nulla per il lavoro dipendente e per tutto ciò che è pubblico. Nessuna lotta all’evasione e un fisco sempre più sbilanciato verso chi già ha. In attesa del testo definitivo della Legge di Bilancio, quanto ventilato finora è più che sufficiente per sostenere che le intenzioni del Governo indicano una direzione opposta a quanto richiesto dalle lavoratrici e dai lavoratori e dalla piattaforma varata da CGIL, CISL e UIL, sostenuta anche con le manifestazioni unitarie dello scorso maggio”.