Lecco: favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, avvocato a processo. Doppia assoluzione
Per lei la Procura aveva addirittura insistito – reiterando la richiesta – per la custodia cautelare in carcere. A distanza di anni dall'inchiesta, nell'arco di qualche mese, ha ottenuto invece due sentenze di assoluzione, con quella pronunciata nei giorni scorsi dal giudice monocratico Martina Beggio addirittura chiesta anche del PM d'udienza. Si è chiusa così la vicenda giudiziaria incentrata sull'avvocato Annalisa Rottola, trascinata a giudizio nell'ambito di una più vasta attività investigativa, coordinata dall'allora sostituto procuratore Paolo Del Grosso, volta – nell'intento degli inquirenti – a scardinare un supposto “sistema” messo in piedi per facilitare l'ottenimento, da parte di stranieri, del riconoscimento del diritto d'asilo. Nel dettaglio, nel processo lecchese – costola di un faldone spezzettato su più Tribunali, per competenza territoriale – la toga milanese era chiamata a rispondere di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (art. 12, comma 5, d. lgs. 286/98), dopo che già il 9 maggio, la medesima era già stata assolta dall'accusa di aver fabbricato ("formato") false dichiarazioni di ospitalità a corredo delle richieste d'asilo da lei presentate nell'interesse di sei cittadini stranieri, tra il dicembre 2016 e il 2017.
Nella sua prima sentenza, il giudice Beggio, aveva di fatto evidenziato come i documenti asseritamente “non genuini” forniti dell'imputata non rientrino tra quelli essenziali per l'ottenimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, difettando dunque quel nesso di consequenzialità necessaria tra la presentazione della domanda falsa dichiarazione e il “sì” all'asilo, richiesto dalla fattispecie contestata.
“Se per i reati concernenti le ospitalità fasulle – spiega l'avvocato Stefano Gallandt del Foro di Milano che ha assistito la collega - la difesa ne aveva dimostrato la superfluità ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, anche l'accusa di aver favorito un clandestino, suggerendogli di dichiarare falsamente, a supporto della propria richiesta di asilo, di essere omosessuale e per questo perseguitato nel proprio paese di origine, è stata ritenuta non sufficientemente dimostrata, in virtù delle eccezioni sollevate in ordine all'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese a suo tempo dal medesimo contro il proprio legale, e ciò in considerazione di un palese errore degli inquirenti, che ebbero a sentirlo nella qualità di semplice persona informata dei fatti, quando, invece, avrebbero dovuto interrogarlo come co-indagato con le opportune garanzie difensive”.
Come già detto, in udienza, la scorsa settimana, anche il viceprocuratore onorario chiamato a sostenere l'accusa, ha chiesto l'assoluzione – per la vecchia insufficienza di prove – della donna. E assoluzione poi effettivamente è stata.