Lecco: “Non dimenticare le nostre sorelle”. Una serata intensa sull’Iran con Soltani
Donna, vita, libertà. Sono risuonate forti queste parole l’altra sera tra le vie di un lungolago avvolto nel buio già intorno nel tardo pomeriggio. Dal Cardamomo Persian Palace di Piazza XX Settembre si è levata una richiesta chiara: non dimenticare quanto sta accadendo in Iran.
“È importante ricordare le sorelle iraniane. Dobbiamo continuare a parlare della violenza di stato perpetrata dal regime maschilista degli ayatollah. Un regime che, tra l’altro, ora sta appoggiando Hamas nella sua guerra contro Israele” ha ricordato non a caso Maria Grazia Zanetti, membro del direttivo di Telefono Donna Lecco. Lo storico sodalizio, da sempre impegnato nel supporto alle donne vittime di violenza, ha collaborato con ANPI Lecco e il Cardamomo nell’organizzazione della serata.
“Nelle proteste innescate dalla morte della giovane Masha Ammini più di 30mila persone sono state arrestate e sottoposte a torture. Non dobbiamo dimenticare le donne iraniane. Dobbiamo continuare a parlare di quanto sta accadendo in Iran” ha ricordato Hooman Soltani, chef del ristorante. Per dare forza a queste parole, Soltani ha introdotto le voci di alcune donne a lui vicine, a partire da sua madre, scomparsa lo scorso anno.
Trattenendo a stento l’emozione, lo chef, nato e cresciuto proprio a Teheran, ha letto l’ultimo testo scritto dalla donna, autrice e poetessa. Parole drammatiche ed intense che dipingono una storia divisa in alcune grandi momenti. Gli anni della monarchia, in cui la madre di Hooman, da sempre impegnata per i diritti delle donne, aveva frequentato l’università come tante altre studentesse. L’arrivo di Khomeini e le “11mila persone giustiziate in una settimana”, inizio di un'infaticabile lotta contro razzismo, ingiustizia e soprusi. Una lunga sequenza di dolori da cui era sempre più difficile rialzarsi. Il primo a sparire fu il marito, portato via con forza da casa propria e tornato dopo otto anni di prigionia. In seguito, un giorno, fu il fratello di Hooman a non fare ritorno a casa.
Mentre cercava di sopravvivere ad un mondo che voleva spezzarla, la madre del ristoratore lecchese coltivava una passione profonda e salvifica, quella per la scrittura. “Ha scritto per suo nipote Diaco. Ha scritto per raccontare al mondo cosa è successo alle donne iraniane in questi 44 anni. Ha scritto nella speranza che un giorno per loro arrivi la libertà” ha ricordato lo chef Soltani tra le lacrime. Dopo ogni testimonianza, è intervenuto il suono delicato dell’arpa di Virginia Grab, membro dell’ensemble Tinere Harpa.
“Durante la guerra tra Iran e Iraq mia madre e mio padre prestavano soccorso ai feriti. Mio padre era un medico, il lavoro per lui era una missione. È stato ucciso dal regime di Khomeini nel 1996 quando io avevo 19 anni. Ancora oggi non sappiamo perché ciò sia accaduto” ha esordito Maryam Pezeshki, collegata in videoconferenza. Giunta in Italia la prima volta nel 2005, l’attivista e artista iraniana ha all’attivo diverse mostre personali in tutta Italia. “L’arte mi ha aiutato tanto. E’ un mezzo artistico fondamentale per raccontare quanto sta accadendo. Uno dei problemi più grandi in un regime dittatoriale come l’Iran, non a caso, è la censura” ha aggiunto Pezeshki. Due anni fa, l’artista ha perso anche la sorella 42enne, impegnata nello sviluppo di importanti progetti legati all’energia in Iran. “L’ho cercata per cinque giorni. Quando ci hanno ridato il corpo, ho potuto riconoscerla solo grazie allo smalto rosso ai piedi. Era una donna che voleva essere libera. Negli ultimi anni abbiamo perso tante persone come lei. Io sono tra le tante sorelle che ancora oggi attende giustizia” ha concluso l’iraniana.
Il conferimento del premio Nobel 2023 all’attivista Narges Mohammadi, tuttavia, rappresenta una fonte di speranza. “La presidente del comitato per il Nobel ha spiegato chiaramente che questo è un premio a tutte le donne iraniane che protestano. Donna, vita, libertà” è una dichiarazione di opposizione ad un regime costituito su un atteggiamento anti – donna” ha ricordato Sepideh, moglie dello chef Sooltani. “Del resto, come sostenuto da Mohammadi nell’ultima lettera fatta trapelare dal carcere, “noi donne crediamo che la paura, il terrore e le tempeste non potranno mai scuotere e far tremare le montagne. Oggi in Iran sta succedendo qualcosa di bello e fortissimo”.
La serata si è poi conclusa con un aperitivo a base di piatti tipici della cucina persiana.
“È importante ricordare le sorelle iraniane. Dobbiamo continuare a parlare della violenza di stato perpetrata dal regime maschilista degli ayatollah. Un regime che, tra l’altro, ora sta appoggiando Hamas nella sua guerra contro Israele” ha ricordato non a caso Maria Grazia Zanetti, membro del direttivo di Telefono Donna Lecco. Lo storico sodalizio, da sempre impegnato nel supporto alle donne vittime di violenza, ha collaborato con ANPI Lecco e il Cardamomo nell’organizzazione della serata.
“Nelle proteste innescate dalla morte della giovane Masha Ammini più di 30mila persone sono state arrestate e sottoposte a torture. Non dobbiamo dimenticare le donne iraniane. Dobbiamo continuare a parlare di quanto sta accadendo in Iran” ha ricordato Hooman Soltani, chef del ristorante. Per dare forza a queste parole, Soltani ha introdotto le voci di alcune donne a lui vicine, a partire da sua madre, scomparsa lo scorso anno.
Trattenendo a stento l’emozione, lo chef, nato e cresciuto proprio a Teheran, ha letto l’ultimo testo scritto dalla donna, autrice e poetessa. Parole drammatiche ed intense che dipingono una storia divisa in alcune grandi momenti. Gli anni della monarchia, in cui la madre di Hooman, da sempre impegnata per i diritti delle donne, aveva frequentato l’università come tante altre studentesse. L’arrivo di Khomeini e le “11mila persone giustiziate in una settimana”, inizio di un'infaticabile lotta contro razzismo, ingiustizia e soprusi. Una lunga sequenza di dolori da cui era sempre più difficile rialzarsi. Il primo a sparire fu il marito, portato via con forza da casa propria e tornato dopo otto anni di prigionia. In seguito, un giorno, fu il fratello di Hooman a non fare ritorno a casa.
Mentre cercava di sopravvivere ad un mondo che voleva spezzarla, la madre del ristoratore lecchese coltivava una passione profonda e salvifica, quella per la scrittura. “Ha scritto per suo nipote Diaco. Ha scritto per raccontare al mondo cosa è successo alle donne iraniane in questi 44 anni. Ha scritto nella speranza che un giorno per loro arrivi la libertà” ha ricordato lo chef Soltani tra le lacrime. Dopo ogni testimonianza, è intervenuto il suono delicato dell’arpa di Virginia Grab, membro dell’ensemble Tinere Harpa.
“Durante la guerra tra Iran e Iraq mia madre e mio padre prestavano soccorso ai feriti. Mio padre era un medico, il lavoro per lui era una missione. È stato ucciso dal regime di Khomeini nel 1996 quando io avevo 19 anni. Ancora oggi non sappiamo perché ciò sia accaduto” ha esordito Maryam Pezeshki, collegata in videoconferenza. Giunta in Italia la prima volta nel 2005, l’attivista e artista iraniana ha all’attivo diverse mostre personali in tutta Italia. “L’arte mi ha aiutato tanto. E’ un mezzo artistico fondamentale per raccontare quanto sta accadendo. Uno dei problemi più grandi in un regime dittatoriale come l’Iran, non a caso, è la censura” ha aggiunto Pezeshki. Due anni fa, l’artista ha perso anche la sorella 42enne, impegnata nello sviluppo di importanti progetti legati all’energia in Iran. “L’ho cercata per cinque giorni. Quando ci hanno ridato il corpo, ho potuto riconoscerla solo grazie allo smalto rosso ai piedi. Era una donna che voleva essere libera. Negli ultimi anni abbiamo perso tante persone come lei. Io sono tra le tante sorelle che ancora oggi attende giustizia” ha concluso l’iraniana.
Il conferimento del premio Nobel 2023 all’attivista Narges Mohammadi, tuttavia, rappresenta una fonte di speranza. “La presidente del comitato per il Nobel ha spiegato chiaramente che questo è un premio a tutte le donne iraniane che protestano. Donna, vita, libertà” è una dichiarazione di opposizione ad un regime costituito su un atteggiamento anti – donna” ha ricordato Sepideh, moglie dello chef Sooltani. “Del resto, come sostenuto da Mohammadi nell’ultima lettera fatta trapelare dal carcere, “noi donne crediamo che la paura, il terrore e le tempeste non potranno mai scuotere e far tremare le montagne. Oggi in Iran sta succedendo qualcosa di bello e fortissimo”.
La serata si è poi conclusa con un aperitivo a base di piatti tipici della cucina persiana.
A.Bes.